Nicolò Balducci, promessa dell’arrampicata italiana
Nicolò Balducci, piemontese, vive tra le montagne ricercando nella roccia quella sensazione di piacere e divertimento che solo l’arrampicata sa dare. È molto giovane, ma è un talento naturale. In soli cinque anni si è imposto sulla scena internazionale vincendo gare su gare, ma dando prova di saperci fare anche su roccia. Risalgono infatti al 2018 due dei suoi exploit più interessanti: Lapoterapia (8c) e Gondo Crack (8c). Con soli 16 anni e una grande passione è il più giovane arrampicatore del Vibram Climbing Team.
Lasciamo però che sia lui stesso a raccontarci l’evolversi di questa sua passione per il mondo verticale.
Nicolò sei giovanissimo, hai sempre arrampicato o hai anche praticato altri sport?
“Ho iniziato con le gare di judo, ma ero troppo leggero rispetto ai miei compagni, così in breve tempo mi sono stufato e sono passato allo sci. A livello provinciale ero nei primi dieci, poi un pomeriggio ho scoperto l’arrampicata ed è stato amore a prima vista. Mi è subito piaciuto moltissimo e alla fine ho scelto di lasciare lo sci per dedicarmi unicamente alla scalata.”
Hai iniziato a scalare su roccia o plastica?
“Ho iniziato su roccia, all’inizio non sapevo della possibilità di arrampicare su plastica. Era il mio passatempo estivo, quando non sciavo, poi è diventata una vera e propria passione.”
Scali da appena cinque anni, ti saresti mai aspettato di arrivare in così poco tempo a livello internazionale?
“No. Non pensavo nemmeno di fare le gare. Come non sapevo dell’esistenza della plastica non immaginavo il mondo delle competizioni. L’ho scoperto dopo aver vinto un contest a Vogogna, il premio era un buono per sperimentare una palestra indoor a Verbania, la Chuck Norris gestita da Garcia Frigo, il mio primo allenatore. È stato lui ad avvicinarmi al mondo delle gare.”
Com’è andata la tua prima competizione?
“Era una gara di boulder ed è andata benissimo. In generale fin dall’inizio ho sempre fatto podio a livello generale poi, tre anni fa, dopo la prima tappa in Coppa Italia, sono stato chiamato in nazionale. Da quel momento mi si è aperto un mondo.”
Sei un talento naturale…
“Si, anche se non tutto è arrivato naturalmente. Ho dovuto fare molti sacrifici per raggiungere il livello attuale.”
Come riesci a combinare da adolescente la costanza e l’impegno che l’arrampicata richiedono?
“Diciamo che non sono un malto di arrampicata, voglio anche avere una vita sociale. Non mi alleno tutti i giorni. Il martedì faccio un paio di ore con il mio allenatore e gli altri giorni vado invece a scalare con mio padre. Se però un giorno sono stanco o non ho molta voglia, mi riposo.”
Lapoterapia, il tuo primo vero exploit. Ce lo racconti?
“È stato il mio primo 8c, una delle mie migliori performance perché è il tiro che ho lavorato di più, oltre a essere l’unico 8c dell’Ossola. Ci tenevo a salirlo sia perché avevo già fatto tutti gli altri tiri, sia perché si trova tra le montagne di casa. Ci sono stato dietro per 4 mesi, prima di riuscirci.”
Gondo Crack invece?
“L’ho salito dieci giorni dopo aver fatto Lapoterapia. Nei mesi trascorsi a provare Lapoterapia Gondo Crack non era ancora stata liberata, così non mi è nemmeno venuto in mente di provarla. Era un progetto durissimo e pensavo che sarebbe stato impossibile. Quando poi ci ho provato l’ho fatto in sole tre giornate.”
L’anno prossimo ci saranno le Olimpiadi, ti piacerebbe un giorno parteciparvi?
“Sarebbe bello, ma so che non ho possibilità perché a me non piace molto fare speed e non ho nemmeno la possibilità di allenarmi dato che la prima palestra utile per questa disciplina è a Milano.”