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La morte di Simon Gautier, la parola al Soccorso Alpino

La vicenda di Simon Gautier, l’escursionista francese che il 9 agosto ha chiesto aiuto con una drammatica telefonata al 118 dopo essere caduto in un dirupo nel Cilento, è finita nel peggiore dei modi. Simon, 27 anni, che nel volo si era rotto entrambe le gambe, non è stato in grado di fornire indicazioni sulla sua posizione.

Dopo la prima chiamata, i collegamenti si sono interrotti. Il suo cadavere è stato trovato solo il pomeriggio del 18 da un volontario del Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico, in un canalone in località Ciolandrea, sulla costa meridionale del promontorio.

Secondo le indiscrezioni dei media (ma su questo indaga la magistratura), la morte dovrebbe essere stata rapida, e dovuta a un’emorragia causata dalle fratture. Per recuperare il corpo, e caricarlo su una motovedetta, è servita la mattinata successiva.

Durante le ricerche, gran parte dello spazio nei notiziari italiani è stato occupato dal dolore dei familiari di Simon, da quello degli amici arrivati a Sapri per dare una mano ai soccorsi. Sui media francesi sono apparse critiche ai soccorritori italiani, e richieste di far intervenire le analoghe strutture d’Oltralpe.

Dopo il ritrovamento di Simon, invece, l’attenzione dei giornali e delle televisioni si è concentrata sui ritardi nel trasformare il vecchio 118 nel nuovo 112, e sull’impossibilità di localizzare un cellulare in molte zone d’Italia.

È un tema molto più comprensibile per telespettatori e lettori della libera decisione, da parte di un giovane, esperto di sentieri e allenato, di affrontare senza aiuti tecnologici (Simon non aveva un GPS) un itinerario di escursionismo di bassa quota in ambiente selvaggio.

Si è parlato poco o nulla, invece, dello sforzo straordinario compiuto, per nove lunghissimi giorni, dai volontari del Soccorso Alpino arrivati da cinque Regioni. Girolamo Galasso, che ha coordinato questo lavoro per conto del CNSAS della Campania, ci aiuta a ricostruirlo e ad apprezzarlo come merita.

Quando siete entrati in azione?

“Abbiamo iniziato a lavorare nella tarda mattinata di sabato 10, dopo essere stati allertati dalla Prefettura di Salerno”.

Quanti volontari sono scesi in campo?

“Lo sforzo è stato enorme, con 100 soccorritori mobilitati, e circa 40 sempre presenti sul terreno. Sono intervenuti volontari del CNSAS di Campania, Basilicata, Lazio, Puglia e Basilicata, e quelli di Abruzzo, Umbria e Molise sono stati messi in preallarme. In più c’erano i Vigili del Fuoco e i Carabinieri, con i loro elicotteri, e i volontari della Protezione Civile locale”.

Alcuni amici dell’escursionista francese hanno dichiarato che i soccorritori erano pochi. Cosa risponde?

“Che non è vero. Non conoscevamo il punto di partenza di Simon, la sua unica chiamata è partita al confine di tre celle. All’inizio lo abbiamo cercato in un territorio vastissimo, che arrivava fino a Maratea e a Lauria. I soccorritori si sono dovuti sparpagliare”.

Com’è possibile? Sappiamo che le telecamere della stazione di Policastro hanno visto passare Simon, e che dei testimoni lo hanno notato sulla spiaggia di Scario…

“Sì, ma queste informazioni sono arrivate solo tra il 15 e il 16. Prima, ripeto, abbiamo cercato su un territorio vastissimo”.

Come siete arrivati alla zona giusta, il Belvedere di Ciolandrea? Varie testate autorevoli hanno scritto che nella zona non ci sono sentieri conosciuti o segnati. Invece la prima descrizione di una traversata da quelle parti è uscita nel 1983 in Mezzogiorno di Pietra di Alessandro Gogna. Simon sapeva l’italiano, l’avrebbe potuta consultare…

“Sapevamo di quella descrizione, e su Internet ne abbiamo trovate altre due. Simon ha seguito il sentiero più basso, segnato in rosso, poi lo ha lasciato ed è finito in un dirupo”.

Come lo avete trovato?

“Una squadra ha seguito una traccia di sentiero, si è affacciata su un canalone, con il binocolo ha individuato lo zaino. La zona è ripidissima e interrotta da salti, raggiungere il corpo è stato lungo e difficile”.

Cosa mi può dire del ritrovamento senza infrangere il segreto istruttorio?

“Che Simon dovrebbe essere caduto da un salto di almeno 5 metri. Che la sua morte dovrebbe essere stata rapida. E che il cellulare non era vicino al corpo. Probabilmente, dopo aver chiesto aiuto, è scivolato ancora”.  

Domanda sgradevole ma necessaria, il CNSAS in Campania è all’altezza del suo compito?

“Certamente sì. La Regione ci ha riconosciuto nel 2015, alla base dell’elisoccorso all’aeroporto di Pontecagnano è sempre presente un nostro tecnico. Ogni anno compiamo 40-50 interventi con il verricello, magari per soccorrere persone che sono cadute su uno scoglio”.

C’è qualcosa da aggiungere al dibattito di questi giorni sulla possibilità di localizzare i cellulari?

“Oggi possiamo attivare la Sms Location, ma è necessario che la persona cercata dia il suo assenso, solo toccando il cellulare. In futuro potremmo avere un sistema che funziona senza questo intervento, o droni in grado di localizzare il cellulare che cerchiamo dall’alto”.

Ha qualcosa da chiedere alla politica nazionale e locale per questo tipo di questioni?

“Ne ho due. La prima è di capire che l’Italia è un Paese impervio, anche al Sud. La seconda è di smetterla con le lungaggini, e di adeguare il sistema delle richieste di soccorso agli standard dell’Unione Europea. Altrimenti non si rischiano multe, ma tragedie”.

Ricordiamo tutti Rigopiano, e le conseguenze di una risposta sbagliata a una richiesta di aiuto da parte di una funzionaria della Prefettura di Pescara. Ha qualcosa da rimproverare alla centrale del 118 Campania?

“No, hanno fatto il loro lavoro benissimo”.

Pensa che altri soccorritori, italiani, francesi o di altri Paesi, avrebbero potuto essere più rapidi ed efficaci di voi nella ricerca di Simon?

“No. Nelle condizioni che abbiamo dovuto affrontare, nessuno avrebbe potuto fare di meglio”.  

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