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“Grandi Montagne del Mondo”, martedì si va sui ghiacciai dell’Equatore

Martedì allo Spazio Oberdan di Milano, si tiene il secondo appuntamento del ciclo le “Grandi Montagne del Mondo”, a cura di “Meridiani Montagne” in collaborazione con il Trento Film Festival. Come sempre, una grande serata monografica di cinema e racconti, che segue quella dedicata alla Patagonia di ottobre e precede quella (19 dicembre) sul Dolpo con lo scrittore Paolo Cognetti. Questa volta, la lente si posa sulle montagne dell’Africa: Rwenzori, Kilimangiaro, Monte Kenya. Luoghi esotici per definizione, che sorgono dalle savane o dalla giungla. La triade è stata scalata per la prima volta in un arco temporale ristretto, dal 1889 al 1906, gli anni più intensi dell’esplorazione africana. È anche il periodo durante il quale le potenze coloniali si espandono in tutto il continente e rilanciano in Europa ì il mito dell’esotismo, dell’africa nera, selvaggia e impenetrabile. Poco dopo, a suggello di questa estetica incentrata su una natura magica e ferina, esce il primo dei 26 romanzi dedicati all’uomo scimmia, Tarzan, cresciuto e allattato da animali feroci. Tarzan che battendosi il petto lancia il suo grido di guerra volando da una liana all’altra: questo personaggio romanzesco e questo mondo pauroso, immensamente lontano hanno accresciuto il mito di montagne irraggiungibili, come avvolte da una barriera impenetrabile. E oggi, al tempo dei parci nazionali e tour operator, come sono diventate quelle cime?

Due film meravigliosi ci portano a visitare quei luoghi. “Rwenzori cento anni dopo” di Marco Preti, che sale le sei vette principali del massiccio del Rwenzori, per cartografarne la posizione e misurare, con un laser a scansione, ciò che ancora rimane degli ultimi ghiacciai tropicali. E il poetico “Niels et Juliette – Sur les épaules de l’Afrique” di Niels Dutrievoz in cui si racconta la storia di due ragazzi di 17 anni di Grenoble, che si imbarcano in una scommessa straordinaria: salire le vette più alte dell’Africa. Dai primi esploratori dell’“Africa nera” ai sogni postmoderni di alpinisti in cerca di solitudini, sui ghiacciai dell’equatore.

 

 

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