Per Alex Honnold il free-solo non è vincere le proprie paure o superare i propri limiti, ma è tutto una questione di comfort zone. E’ partito da qui il climber statunitense che ieri sera è stato invitato a tenere a una serata organizzata da df Sport Specialist, in collaborazione con La Sportiva, a Barzanò in Brianza.
La premessa era: un’impresa come quella a El Capitan suscita tante domande e curiosità (assolutamente lecite) sulla paura, sul rischio, e ora il protagonista, vuole raccontare quello che ha fatto ponendo però l’accento sul percorso che lo ha portato a scalare, il 3 giugno 2017, una via come Freerider, su El Capitan: 1000 metri di via con difficoltà fino al 7c+.
Alex ha spiegato: “Non è vincere la propria paura o superare i propri limiti ma è tutta una questione di allenamento mentale e fisico, in modo da aumentare la propria comfort zone, muoversi in tranquillità anche su difficoltà elevate e senza corda”.
Difficoltà, quelle di Freerider, che nei punti chiave arrivano al 7c+ “anche se – dice Honnold – alcuni passaggi chiave mi sono sembrati più difficili di alcuni 8a che ho salito. Io arrampico con la corda fino all’ 8c mentre in free-solo fino all’8a. I passi più duri, di 7c, li ho trovati piuttosto impegnativi”. Della via ricorda tutti i movimenti delicati e in totale “penso di sapere a memoria almeno 6 tiri di quella via”.
Freerider era in cima alla wishlist di Honnold da diversi anni, come aveva scritto l’amico Tommy Caldweel in un articolo. “Ho iniziato a pensare a salire in free-solo Freerider 9 anni fa- racconta Alex – e ho impiegato anni per prepararmi”. La via l’ha salita in 3 ore e 56 minuti, e ha proposito della velocità dice: “La velocità non è mai il primo obiettivo. La velocità mi dà veramente soddisfazione quando è il risultato di muoversi in purezza, senza nessuna attrezzatura”.
Sul capitolo alpinismo Alex honnold se la ride abbastanza, per lui è qualcosa come un hobby: “L’alpinismo è tutto spaventoso, sei sempre lì che soffri e speri di non cadere. E’ utile fare alpinismo per poi tornare in parete con ancora più voglia di scalare”.
Per quanto riguarda invece i prossimi progetti: “Ci sono un sacco di cose che vorrei salire, magari alzando anche il grado. Il periodo in cui ho preparato Freerider ho pensato solo a quello, ora devo pensare a riprendere in mano la mia vita, rispondere alle mail e ritornare nel mondo”.
(bravissimo il traduttore Luca Calvi)
Per il resto serata noiosissima ed è un gran peccato che sia andata così. Si doveva organizzare la conferenza in un altro modo, più avvincente, forse proiettare più immagini e qualche video adrenalinico…