
ISLAMABAD, Pakistan — L’alpinismo come bandiera di speranza e pace contro il terrorismo. Questo il significato simbolico della scalata alla cima più alta dell’Afghanistan: il Noshaq, 7.492 metri, organizzata da quattro giovani alpinisti afghani. La montagna, fino a poco tempo fa, era circondata da territorio minato e non è mai stata salita da alpinisti locali.
La spedizione al Noshaq vuole essere simbolo di una reazione. Contribuire alla rinascita del turismo montano e dell’alpinismo sulle montagne afghane. E scuotere l’orgoglio nazionale. L’idea, nata un paio di anni fa, e si è concretizzata con mesi di duro lavoro e il supporto di Mountain Wilderness International, l’Aga Khan Foundation, le Nazioni unite e l’Usaid.
I quattro alpinisti prescelti per l’impresa hanno seguito un duro programma di allenamento e preparazione, con diversi corsi tecnici in Afghanistan e un mese di stage sulle Alpi questa primavera, a Chiamonix.
Il team è formato da Malang (35 anni, detto il poeta), Afiat Khan (28, detto il lord), Gurg Ali (28, detto il lupo) e Amruddin (25, il più giovane). Tutti sognano di contribuire concretamente alla pace, e nel frattempo di poter riconquistare la loro vita, diventando alpinisti riconosciuti a livello internazionale.
Afiat Khan, per esempio, doveva diventare guida alpina, come suo padre. Ma la guerriglia glielo ha impedito: ora vuole recuperare. Nel 2003, come alcuni dei suoi compagni, era stato portatore in una spedizione e aveva raggiunto 5.500 metri. “Salendo avevo un fucile Kalashnikov, scendendo l’ho scambiato con una piccozza".
A supportarli, nella salita, ci saranno due guide alpine francesi: Jean Annequin, capospedizione, che ha all’attivo spedizioni su Makalu II, Ratna Chuli, Shishapangma, Mustag Ata, Kamet. E Simon Destombes che ha scalato in Alaska to Patagonia.
La spedizione partirà il 1 luglio e avrà al seguito registi e operatori che nei prossimi mesi ne faranno un film. Ecco un video di presentazione dell’impresa.
Video courtesy of http://www.noshaq.com/