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Nanga un anno dopo. Ali, Alex, Simone e Tamara

Cos’è rimasto, un anno dopo, di quell’impresa?

Alex ha subito rilanciato: aveva sponsor e media sul fuoco, tanto valeva cuocerli a puntino. E così è ripartito per l’Everest, ma di ciò stiamo scrivendo in questi giorni.

Aveva tentato di coinvolgere anche Ali, pakistano e alpinista di gran fondo, cuore e testa dura, ma pare, perché nonostante Txikon comunichi tantissimo le cose sue non le racconta, che questioni di permessi e visti gli abbiano impedito di far parte della buona cordata che si era consolidata al Nanga.

Simone è super impegnato con gli elicotteri negli USA (di Trump) e nel Nepal delle divinità delle montagne, ma è anche molto preso in tour e serate a favore dei suoi numerosissimi fans e ottimi sponsor. Nel frattempo ci dice che mantiene l’allenamento e che è prossimo a partire per una montagna… alta, che non ha mai salito. Lascia come consuetudine aperto il mistero per ingolosire popolo e media, ma lo abbiamo sgamato subito visto che lo scorso giugno a Bergamo aveva annunciato pubblicamente la salita del Kanchenjunga; alto di sicuro essendo la terza più alta montagna della terra con i suoi 8586m e mai salito da Moro.

Tamara è stata la più gettonata nei salotti del Tirolo e non solo. Anche alla Gazzetta dello Sport ha fatto bella figura con la storia della rinuncia a 70 metri dalla vetta  perché avrebbe messo a rischio la vita degli altri, che si sarebbero attardati ad aspettarla in vetta mentre la notte e il gelo incombevano. Anche lei è in ripartenza con Moro per il “Kanche” . Chissà cosa ci faranno da quelle parti per annunciare un’impresa ancor più blasonata e innovativa di quella del Nanga? La traversata di tutte le 4 cime di 8000m senza ossigeno? Vedremo.

Per rovinare la festa ecco il quinto incomodo: il Nardi, che nel frattempo s’è sposato ed ha editato un film sul Nanga che è piaciuto a molti e ha vinto qualche premio. Anche lui è invitato a molte serate a tema: “Invernale al Nanga”, come alpinista un po’ particolare e con l’idea che un giorno tornerà sulla montagna per salire lo sperone Mummery. Un’estetica ossessione, auguri!

Dunque tutti felici e contenti dopo un anno… da cosa?

Da un inverno che vide il Nanga Parbat, montagna seria e teutonica, protagonista di una bella, divertente e soprattutto incruenta (non poco per il Nanga) stagione alpinistica invernale. Si, perché non ci furono incidenti con gravi conseguenze e questo fu un gran bel risultato. L’altro risultato fu quello alpinistico: tre in vetta e la quarta, Tamara, in cima ad honorem.

La prima cosa da ricordare è che lo scorso anno le spedizioni partirono a inizio dicembre dai vari aeroporti europei per recarsi in Pakistan e salire montagne più basse per pre-acclimatarsi e arrivare in perfetta forma il 21 dicembre 2015 ai blocchi di partenza del Campo Base.

Chi sono? Simone Moro e Tamara Lunger, con obbiettivo il completamento della Messner/Eisendle (per Moro l secondo tentativo sulla via), itinerario scelto anche dalla spedizione di Elisabeth Revol (tosta, tostissima) e Tomek Mackiewicz (forte e esuberante, diciamo così).

Alex Txikon, Daniele Nardi e Ali Sadpara (alpinista pakistano, ingaggiato  dalla spedizione), hanno  il permesso per la via Khinshofer, la più centrale rispetto alla vetta e la più possibile da salire. Dopo qualche giorno anche Adam Bielecki e Jacek Czech arrivano al base e si aggregano (più o meno) ai primi tre. Al base ci sono anche la morosa-press agent di Txikon, Igone, e un giornalista polacco, Dominik Szczepanski. 

Sul versante Rupal del Nanga  c’è un gruppone di forti giovani polacchi, sotto il nome di “Justice for All”, che si divertono un mondo, fanno musica e alpinismo, ma a un certo punto tornano a casa. Lasciano il posto a Cleo Weidlich e a qualche sherpa che si è potata da Kathmandu, ma che dopo un paio di settimane o poco più se ne tornano tutti a casa.

Ma torniamo in Diamir.

Moro e Tamara, in silenzio stampa annunciato, si impegnano in  un periodo di acclimatamento per qualche settimana, mentre Elisabeth e Tomek applicano la loro tecnica dello sfondamento verso l’alto acclimatandosi e tentando il colpaccio verso la vetta. A fine gennaio Elisabeth torna a casa per fine vacanze, Tomek va su e giù per la Diamir Valley sempre più incazzato e imprecante, combattuto tra il rientro in Polonia (ma non ha i soldi) e un tentativo alla vetta.

Nel frattempo la spedizione di Txikon, Nardi e Sadpara monta il  campo 1 e il 2  e puntano al 3, che sarà il trampolino verso la vetta. Si aggregano anche Bielecki e Czech, ma il primo salendo con Nardi fa un brutto volo sotto campo due, Nardi lo trattiene. Entrambi rientrano scossi al campo Base dove Bielecki e Czech decidono di rientrare a casa.

Siamo a fine gennaio.

Il clima al campo base si arroventa nonostante l’inverno. Moro capisce che il suo nuovo tentativo sulla Messner/Eisendle  non potrà avere successo (Messner e non solo lui lo aveva previsto) e decide di cambiare via e spedizione, aggregandosi a quella di Txikon che sale la via Khinhofer. 

Txikon, Sadpara e Nardi nel frattempo  salgono a montare campo 3, quest’ultimo fa un volo sul muro sotto campo 2 e rientra da solo al campo base, gli altri vanno avanti. È la crisi della collaborazione.

Nei giorni successivi c’è tensione al Base: vorrebbero salire tutti insieme, trattano, non sappiamo bene su cosa. Gli alpinisti si tengono d’occhio e si spiano registrando conversazioni e leggendo di nascosto la posta altrui. Roba da “Il Grande Gioco” di Peter Hopkirk, la regione è questa. Poi Txikon, Nardi e Ali risalgono attrezzando  fino a campo 3, arrivano informazioni sulla possibilità di peggioramento del meteo  e ridiscendono al Base. Il tempo non cambia ma nemmeno il clima di poca collaborazione. Nardi  viene isolato, prende atto della situazione e l’8 febbraio annuncia il rientro a casa.

L’amore e l’armonia tornano nella valle di Diamir (nonostante Tomek Mackiewicz sia ancora in giro e ululi nelle serate di luna piena) e finalmente dopo un periodo di tempo incerto, la fatidica finestra di relativa calma di vento si apre al successo. È il 26 febbraio e sulla vetta Ali, Alex e Simone gioiscono felici. Fortuna che c’è Simone che scatta le foto di rito che immortalano l’ottimo risultato.

Quel che rimane di tutta questa storia, alla fine divertente e appassionante non solo dal punto di vista alpinistico, della cronaca umana  e dell’informazione, è la salita di Ali , Alex e Simone in   vetta al Nanga Parbat d’inverno.

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