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Gli esperti: è in arrivo una nuova era glaciale
TASIILAQ, Groenlandia — Entro il 2100, le maggiori metropoli costiere potrebbero essere sommerse dalle acque oceaniche. Acque gelide, ingrossate dallo scioglimento dei ghiacci polari. Un raffreddamento che spianerebbe la strada a una nuova era glaciale, in arrivo prima del previsto. E’ quanto sostengono una serie di rapporti scientifici pubblicati su Science una delle più prestigiose riviste scientifiche internazionali.
Stando a quanto riportato nella rivista, gli scienziati del National Snow and Ice Data Center di Boulder, nel Colorado, hanno accertato una riduzione irreversibile della calotta glaciale che ricopre l’Artico. Per il quarto anno consecutivo il livello dei ghiacci non è tornato ai consueti livelli della stagione invernale dopo il calo fisiologico estivo.
Mai era stato verificato uno scioglimento di tali dimensioni, almeno da quando gli scienziati di Boulder hanno iniziato il monitoraggio satellitare dell’Artico nel 1978. Ma l’Università dell’Illinois è anche più pessimista: secondo i suoi ricercatori, potrebbe trattarsi della più ampia “ritirata” degli ultimi cento anni. Lo scioglimento dei ghiacci del Polo Nord potrebbe aver superato il punto di non ritorno ed essere diventato irreversibile.
Certo è che un tale fenomeno produce un grosso apporto di acqua fredda negli oceani. Come non pensare a scenari del tipo “The day after tomorrow”, con i grattacieli di New York spazzati via dall’Atlantico?
Purtroppo, stavolta, non si tratta delle solite fantasiose catastrofi a stelle e strisce. Secondo le ricerche pubblicate su Science, nella peggiore delle ipotesi l’attuale velocità di scioglimento dei ghiacci sarebbe così elevata da far innalzare il livello del mare fino a 4-6 metri entro il 2100. Gli effetti effetti catastrofici provocherebbero anche l’inondazione di molte metropoli densamente popolate. La previsione sarebbe il frutto di un confronto con quanto accaduto nell’ultimo periodo interglaciale (circa 125mila anni fa).
Claudio Smiraglia, glaciologo del Comitato Ev-K²-Cnr e docente di Geografia presso il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Milano, spiega: “L’ipotesi che l’incremento della fusione dei ghiacciai costieri, l’aumento della produzione di iceberg e il conseguente incremento della quantità di acqua fredda nell’Atlantico possano modificare l’equilibrio climatico è una teoria attendibile e già divulgata, nel mondo scientifico, da qualche tempo”.
“Il massiccio apporto di acqua di fusione nell’oceano – prosegue Smiraglia – potrebbe infatti interferire con il normale deflusso delle correnti calde e provocare una riduzione della temperatura, innescando una piccola era glaciale”.
Ma in pericolo, non c’è solo la terra. C’è anche la vita. A cominciare dalla fauna marina, che ha già iniziato ad essere intaccata da predatori prima sconosciuti alle latitudini più settentrionali (mammiferi marini – come trichechi e balene – e alcune specie di pesci – come salmoni e merluzzi neri). Il riscaldamento di queste zone ha infatti determinato un generale spostamento degli ecosistemi marini meridionali verso nord. Con grave perdita per la biodiversità dei climi più freddi.
Sara Sottocornola