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Valtellina, salviamo il Bitto

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GEROLA ALTA, Sondrio — Una firma per salvare il Bitto, l’inconfondibile e gustoso formaggio dei pizzoccheri che da secoli si produce, secondo tradizione, nelle Orobie occidentali. E che ora rischia di scomparire, a causa degli standard moderni imposti dalla denominazione di origine protetta che paradossalmente permette di produrre, con lo stesso nome, un formaggio diverso dal Bitto "storico".

Da 500 anni il vero Bitto si produce nei cento giorni estivi dell’alpeggio nelle Valli del Bitto. In tutti gli altri formaggi italiani d’alpeggio la caseificazione del latte avviene in una baita, ma per il Bitto la procedura è diversa. In ogni pascolo viene allestito il "calecc", tipica costruzione in pietra che serve per la lavorazione itinerante del latte.

Il vero Bitto è prodotto con latte di vacca al quale è aggiunto latte di capra orobica di Valgerola, una specie oggi a rischio di estinzione. Latte, un pizzico di caglio, fuoco di legna sono gli ingredienti che si tramandano di generazione in generazione per la produzione di questo gustoso formaggio.

Ma la tradizione del Bitto sta subendo operazioni di "modernizzazione" che rischiano di snaturarla. Nel 1995 è stata infatti istituita la Dop Bitto che ha allargato la produzione del formaggio alla provincia di Sondrio, dove il Bitto non è mai stato prodotto. E non solo. Le "nuove norme" di produzione consentono di integrare l’alimentazione dei bovini con mangime e soia, e di utilizzare conservanti e fermenti liofilizzati. E ora il Bitto si può fare anche senza una goccia di latte di capra.

Contro tutto questo si è sviluppata la "resistenza umana e casearia" dei 15 casari degli alpeggi storici, che hanno riununciato a Dop e marchiatura. I casari sono riuniti nell’associazione produttori delle Valli del Bitto che sono diventate un presidio tutelato dall’associazione internazionale Slow Food.

Una situazione paradossale dunque. Il Bitto Dop "ufficiale" ha caratteristiche organolettiche diverse dal Bitto "storico". E chi produce il formaggio nel modo tradizionale e nell’area geografica originaria non si sente tutelato dalla legge. I produttori delle Valli del Bitto sono disposti a tutto perché si riconosca la specificità del metodo tradizionale di produzione, anche agendo con ricorsi in sede ministeriale ed europea.

Intanto, per richiamare l’attenzione della regione su una "guerra" che si trascina da 13 anni, è stata avviata una petizione popolare on line "pro Bitto storico". La petizione, lanciata da ruralpini.it, un sito indipendente in accordo con l’associazione produttori Valli del Bitto, al momento ha raggiumto 827 firme.

Jenny Maggioni


Foto courtesy formaggiobitto.com

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