Arrampicata

I gradi dell’arrampicata: alla francese e all’americana

Chris Sharma su La Dura Dura (Photo Chris Sharma Istagram)
Chris Sharma su La Dura Dura (Photo Chris Sharma Istagram)

Francia e Stati Uniti sono tra le mete più gettonate degli arrampicatori di tutto il mondo. Sulle Alpi, nel Verdon, nello Utah o nella Yosemite Valley, i climber non hanno che l’imbarazzo della scelta su dove andare a scalare. Ambedue i Paesi hanno sviluppato un proprio sistema di valutazione di difficoltà, entrambi utilizzando i numeri arabi. E questo è l’unico elemento che le due scale condividono.

La scala francese si esprime con i numeri arabi ed è oggi quella più usata in Europa, soprattutto per l’arrampicata in falesia o nelle vie moderne. Utilizza cifra da 3 a 9 accompagnate dalle lettere minuscole a, b, c, e dal segno + per identificare gradi “intermedi”. Sebbene sia una scala aperta, anche in questo caso, come per la scala Welzenbach, la consuetudine ha dimostrato una certa riluttanza all’estensione verso l’alto, tanto da preferire una complicata frammentazione dei gradi. Per farla breve, se utilizziamo la scala francese e diciamo che abbiamo salito una via di grado 7 siamo imprecisi, perché il grado 7 si divide in 7a, 7a+, 7b, 7b+, 7c, 7c+. Il limite della difficoltà viene “sfondato” prima in falesia che in montagna, vale a dire su monotiri di arrampicata sportiva prima che su via lunghe, nelle quali intervengono fattori ulteriori al mero movimento tecnico. Ad oggi il massimo grado di difficoltà superata in falesia è il 9b+, mentre in montagna l’8c/9a, per esempio “Orbayu” al Pico de Uriellu in Spagna oppure “Wogu” sulle pareti svizzere del Ratikon.

La via di arrampicata sportiva più difficile al mondo, 9b+ appunto, al momento sarebbe nella falesia spagnola di Oliana: “La dura dura” – un nome un programma – salita in libera poche settimane fa da Adam Ondra e poi da Chris Sharma.

La scala francese assegna il grado complessivo alla via sulla base del tiro “chiave”, ovvero il più difficile. Ugualmente assegna il grado al tiro sulla base del passaggio più difficile che si svolge al suo interno oppure può essere valutata come se la difficoltà fosse “spalmata” su tutta l’interezza del tiro.

Se prendiamo l’aereo e andiamo a scalare negli Stati Uniti lasciamo pure a casa le nostre belle scale europee, e abituiamoci a pensare in serie di 5, ovvero con lo Yosemite Decimal System. La scala americana infatti, condivide con quella di Willo Welzenbach l’idea di un limite umano nella progressione, limite poi abilmente aggirato ponendo dopo un’interpunzione un nuovo numero che ha finito per valere più del primo. Mi spiego meglio: si parte dal grado 5.1 per arrivare in progressione al 5.9 (che corrisponde quest’ultimo all’incirca un quinto grado della scala UIAA), dopo di che, alla progressione numerica si aggiungono i gradi intermedi a, b, c, d. Pertanto avremo 5.10a, 5.10b, 5.10c, 5.10d, 5.11a, e così via fino al 5.15c (cioè il 9b+ di grado francese).

Cosa vuol dire 5? 5 è la classe di appartenenza del tipo di via, in pratica l’unica a cui afferisce in pieno l’arrampicata. La scala americana infatti, considera 5 classi di progressione di cui la 1, la 2, la 3 e la 4 non richiedono necessariamente l’uso della corda. Pertanto 5 indica la tipologia di salita, appunto l’arrampicata, e il numero decimale la difficoltà della via di arrampicata.

Sebbene spesso quanto più è alto il grado di difficoltà della via tanto più è pericolosa l’arrampicata, può anche verificarsi il contrario, a dimostrazione che il concetto di difficoltà non è equivalente a quello di pericolo. Sulla base di questa distinzione nasce la scala inglese che si avvale di gradi aggettivali sommati a gradi numerici: quando i numeri non bastano si ricorre alle parole. Prossimamente vediamo quali.

 

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