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Il formaggio Tombea nuovo Presidio Slow Food. E una valle spopolata può ripartire

Prodotto in Valvestino solo da due piccole aziende, prende il nome dalla montagna delle Prealpi Bresciane che sovrasta i pascoli. Il riconoscimento di Slow Food offre un’occasione di rilancio a un intero territorio

Le leggende raccontano che è una valle di streghe, orchi e diavoli, forse per il suo aspetto selvaggio e poco abitato. La Valvestino, incastonata tra il lago d’Idro e quello di Garda in provincia di Brescia, è stata terra di confine fra il Regno d’Italia e l’Impero Austroungarico fino alla Prima Guerra Mondiale. Come un fantasma del passato, oggi riemergono dal lago di Valvestino – una diga costruita nel 1962 – i resti dell’antica dogana ogniqualvolta le acque si abbassano per siccità o per uso eccessivo. Due abitati – Ponte Cola e Ca’dell’Era e alcune cascine – sono stati sommersi. La valle, inclusa nel Parco Regionale dell’Alto Garda, è una zona perfetta per le escursioni in un ambiente naturale poco antropizzato. Ma il rovescio della medaglia è una montagna spopolata, che ha vissuto un’emorragia di migranti verso la Svizzera e l’Australia. Il comune di Valvestino, che raggruppa più paesi e frazioni, conta soltanto 162 abitanti.

Ecco perché è particolarmente importante sviluppare alcune attività economiche, che permettano alle famiglie di restare, o di trasferirsi nuovamente qui. Una buona notizia è il recente riconoscimento del formaggio locale Tombea come presidio Slow Food. «Lo era già stato nel 2001», puntualizza Biagio Primiceri, referente Slow Food dei 18 presìdi della Lombardia, di cui fa parte anche il Tombea. «Poi nel tempo erano scomparsi i produttori. Ora ne abbiamo identificati due». Unitamente agli sforzi del Comune e a una sponsorizzazione che ha offerto risorse a Slow Food per creare nuovi presìdi, si è potuto assegnare nuovamente al Tombea il riconoscimento meritato. Perché questo nome? «Viene dal Monte Tombea (1950 m) che fa parte delle Prealpi Bresciane e Gardesane», aggiunge Primiceri. «Ai piedi del monte, nei prati di Denai e di Rest, vengono portate le mucche a pascolare d’estate e qui si produce questo formaggio antico, a latte crudo». 

I produttori sono soltanto due

Non è facile la vita dell’allevatore. I due coraggiosi che hanno deciso di far rinascere il Tombea si chiamano Elia Eggiolini e Omar Venturini. Il primo, con azienda agricola in località Denai, viene da una famiglia di casari e allevatori, con origini locali. Classe 1994, Eggiolini dispone di una trentina di vacche di razza Bruna alpina, che cura insieme alla moglie Elena. Omar Venturini, invece, è un ex bancario che ha sentito il richiamo della natura e di una professione antica. Ha creato la sua azienda Il Fienile a Magasa partendo da zero e oggi ha una quarantina di mucche. «Le vacche restano libere al pascolo per tutta l’estate, nell’alpeggio a quota 1200 metri, cibandosi di erba fresca in una montagna incontaminata. D’inverno, stanno nella stalla e mangiano solo fieno raccolto qui in zona e assolutamente naturale», racconta Primiceri. «Il formaggio che si ottiene è di gusto dolce e raffinato, e risente dei profumi dei prati alpini. I pascoli dell’alta Valvestino ospitano oltre 140 specie di erbe foraggere».
Il formaggio si ottiene con il latte di due mungiture, quello scremato della sera e quello intero del mattino successivo, e si presenta in forme dai 7 ai 12 chili. Dopo 60-90 giorni, la crosta diventa gialla e la pasta è compatta. Con la stagionatura si scurisce e la pasta risulta più granulosa e aromatica. A sei mesi si può già consumare. Qual è la stagionatura ideale? «Per i formaggi di malga come il Tombea è importante arrivare almeno a 12 mesi», puntualizza Primiceri. «Alcune forme pregiate giungono fino a nove anni. Slow Food sta lavorando per redigere un disciplinare dedicato al Tombea che preveda almeno un anno di stagionatura e forme tra i 10 e i 12 chili». Con la prima scrematura del latte munto alla sera, è possibile ricavare del burro. Il timbro di garanzia reca il nome del formaggio e, al centro della forma, c’è un triangolo con due piedini. Si tratta di una stilizzazione della sagoma dei fienili tipici della Valvestino, realizzati con tetti spioventi ricoperti di paglia. Si dice che siano d’origine longobarda, anche se la storia più antica della valle rimane misteriosa.   

Cinque malghe ristrutturate a disposizione dei possibili nuovi allevatori

Il presidio Slow Food Tombea va nella stessa direzione dell’impegno profuso dal Comune di Valvestino per rivitalizzare la zona. Attraverso un finanziamento, sono state ristrutturate e messe a disposizione cinque malghe per avviare nuove attività in quota. «Gli allevatori sono i custodi della montagna: raccolgono l’erba dai pascoli, li curano e tengono lo spazio pulito e accessibile», dice Primiceri. Slow Food ha lanciato il nuovo presidio all’ultima edizione di Cheese, e ha già acquistato e venduto delle forme, cercando di garantire un prezzo giusto. L’obiettivo è quello di diffondere il Tombea anche attraverso i cuochi dell’Alleanza Slow Food in Lombardia, che utilizzano prodotti che sono presìdi, o che provengono da piccoli produttori. Il Tombea deve farsi conoscere per essere valorizzato, generando un compenso corretto anche per chi lo produce. Se questo circolo virtuoso funzionasse, chissà, in futuro il numero dei produttori potrebbe crescere.

Chi volesse affrontare una delle due strade che portano in Valvestino – da Gargnano sul Garda o dal lago d’Idro – oltre al Tombea potrebbe imbattersi in un altro prodotto locale interessante: il fagiolo della Valvestino, segnalato dal catalogo dell’Arca del Gusto di Slow Food. Giunto dalle Americhe, è un legume che ricorda il borlotto e ha una colorazione che spazia dal rosa al viola. È ormai una rarità, anche se in passato era un alimento importante per la popolazione locale. «Stiamo facendo ricerche», puntualizza Biagio Primiceri. «Per ora sappiamo che da almeno cent’anni è presente nella valle». Non è un presidio Slow Food, ma potrebbe forse diventarlo, e offrire nuovi spunti di attività per chi desidera installarsi in questa valle non facile da raggiungere, ma di grande bellezza paesaggistica.

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