Marco Camandona: tutto quello che so di quei giorni sul Makalu
Il forte alpinista valdostano dice la sua sul caso Confortola. E spiega anche perché i “grandi” hanno taciuto fino a oggi
L’estate dell’alpinismo himalayano si infiamma sui social e nelle caselle mail: Agostino Da Polenza cerca di smorzare i toni con una battuta provocatoria: “Il caso Confortola? Uno scandaluccio estivo… roba al pari dei gossip su Raoul Bova o Fedez” Ma la querelle è ben più che un pettegolezzo da spiaggia.
Dal canto suo, Marco Confortola rilascia parole durissime a La Stampa, intervistato da Enrico Martinet: «Scalate inventate? Tutta invidia. Sa qual è stato il mio errore? Non morire sul K2 nel 2008. Così i fenomeni sarebbero stati contenti. Ma io ho voluto vivere e realizzare il mio sogno». A proposito, anche su quella vicenda ci sarebbero ancora due o tre cosette da chiarire…
Nel mezzo di questa collisione di vague ironia e accuse feroci, continuano a emergere voci e dichiarazioni da tanti alpinisti, Moro, Mondinelli, Messner e Camandona che con Confortola è partito un paio di volte in spedizione. Camandona racconta, in particolare, della spedizione al Makalu del 2016.
La dichiarazione integrale di Camandona
«L’unica cosa di cui siamo sicuri è la manipolazione di alcune foto: sul fatto che sia salito o meno in vetta a tutti gli ottomila, non abbiamo prove certe.
Mi spiego meglio.
Sul Makalu, ad esempio, dopo essere arrivato in cima ho iniziato la discesa e, 100 metri sotto la vetta, ho incontrato Confortola. Faccio presente che, a quelle quote, 100 metri equivalgono a un’ora o un’ora e mezza di salita. Lui stava salendo, ci siamo salutati e io ho proseguito fino al campo base. Il giorno dopo, lui è arrivato al campo base dichiarando di aver raggiunto la cima. Io non l’ho visto, quindi non posso testimoniare in prima persona se sia arrivato o meno.
Quello che posso invece affermare con certezza è che ha preso la mia foto di vetta del Makalu e l’ha manipolata. All’epoca avevo deciso di non sollevare la questione.
Inoltre, nella foto della sua cima al Dhaulagiri compaiono chiaramente elementi che sono estranei alla vetta: la roccia visibile sullo sfondo si trova in tutt’altra zona.
Per molto tempo la comunità alpinistica ha preferito non sollevare la questione, auspicando che arrivasse una presa di posizione dagli enti competenti e che lui potesse chiarire.
Ora, accusare Simone Moro e Gnaro Mondinelli di invidia è francamente incomprensibile.
Va detto che, nonostante la sua personalità prominente, Confortola in spedizione non si è mai tirato indietro dal lavorare: è sempre stato disponibile con tutti e ha contribuito al successo delle spedizioni stesse.
Credo che a nessuno di noi – parlo di Simone Moro, Gnaro Mondinelli e del sottoscritto – piaccia infangare qualcun altro. Ma quello che ha fatto Confortola è una mancanza di rispetto enorme verso chi quegli ottomila li ha saliti davvero, verso chi è morto su quelle montagne e verso chi è sempre stato onesto».