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Tre luoghi della Val di Fassa dove l’overtourism ancora non c’è

Dall’incantevole borgo di Medil alla selvaggia Val di Dona, passando per la più conosciuta ma mai affollata Val Monzoni. Anche una delle più frequentate aree del Trentino conserva ancora angoli silenziosi

Le invasioni di turisti in questi primi due mesi d’estate hanno riempito sia le montagne che le prime pagine di molti giornali. C’è chi mette dei tornelli per protesta, chi aumenta le tariffe per guadagno e chi, contrariato dagli assembramenti sempre più fuori luogo – almeno in un ambiente noto per silenzi e solitudini condivise, ma sempre fra pochi intimi – decide di abbandonare i propri posti del cuore, come denunciava pochi giorni fa la rifugista Steffie Rogger, in una lettera aperta pubblicata su Montagna.tv. Eppure, forse, proprio i luoghi del cuore – quelli tanto belli da aver stregato tutti, senza distinzione, e dunque anche le orde di visitatori mordi e fuggi – possono riservare ancora molte sorprese. È il caso della Val di Fassa, in Trentino, soffocata quest’anno dal traffico e dalle polemiche primaverili sulle acque reflue dei rifugi più blasonati, ma ancora, in taluni e selezionati casi, poco frequentata e tutta da scoprire.

La frazione di Medil, a Moena, ne è un esempio lampante. Si tratta di un pugno di case poste sopra il paese di Forno, al confine fra la Val di Fassa e la Val di Fiemme, raggiungibile attraverso una stretta strada che attraversa un pendio, dove i segni della tempesta Vaia sono ancora abbastanza evidenti. Ma evidente è anche la quiete e il silenzio di un borgo dove pochi turisti, tutt’oggi, si spingono. E fa specie pensare che proprio da Medil passa una delle meno conosciute ma più remunerative vie di accesso al Latemar, gruppo dolomitico fra i più visitati della zona. Tra la piccola chiesetta di Sant’Anna e una bomba del secondo conflitto mondiale, oggi svuotata e utilizzata come campana, Medil accoglie con favore ogni nuovo visitatore, resistendo alla minaccia della propria scomparsa – e a quella, parallela, di afflussi turistici sfrenati – con la caparbietà gentile dei suoi dieci abitanti.

Spingendosi più profondamente in Val di Fassa, nelle contraddizioni di una natura selvaggia e temibile quanto selvaggi e temibili sono alcuni dei suoi frequentatori, una prima boccata d’aria fresca proviene direttamente dalla Val Monzoni. Una valle laterale, adiacente alla più nota e frequentata Val San Nicolò, che ha conservato intatto il fascino di panorami capaci di teletrasportare all’istante nel secolo scorso e salite impegnative ma rese meno faticose da distese di spazi aperti. Una terra di pascoli, prati, poche baite e un’unica malga, dalla quale è poi possibile raggiungere, con una mezz’ora in più di sforzo, il Rifugio Torquato Taramelli, l’unico in Trentino ad aver mantenuto la sua forma originaria, a cubo. Per gli escursionisti più arditi è possibile spingersi fino al bivacco Donato Zeni e assaporare gli incredibili scenari della Vallaccia, sottogruppo della Marmolada, dalle cui cime – fra cui si consigliano Cima Dodici, Cima Undici o Cima Vallaccia – è possibile ammirare sette dei nove gruppi dolomitici principali, in tutta la loro grandezza.

Infine, ma non da ultimo, la bucolica Val di Dona si configura come una squisita alternativa alla più famosa e frequentata Val Duron. Partendo dal paese di Mazzin o di Fontanazzo, una salita decisa ma meritevole porta al Rifugio Dona, unica struttura ricettiva della valle, in un angolo autentico e quieto non ancora raggiunto dalle grandi masse. Ricavato all’interno di un antico fienile, offre non solo ristoro ma anche pernottamento, consentendo agli avventori di poter trascorrere più giorni nella pace di questa valletta dolce, verde e punteggiata di piccole baite in legno. Ragione in più per avventurarvisi: proprio dalla Val di Dona è possibile raggiungere il più famoso lago di Antermoia, e l’omonimo rifugio, in circa due ore. Ma siamo sicuri che sia proprio necessario?

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