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La regione di Khumbu presa d’assalto dai turisti: è record. Ma è un bene?

Martedì’ 8 ottobre l’aeroporto di Lukla ha registrato 298 voli. 1539 i turisti sbarcati. All’entusiasmo degli operatori si contrappongono i dubbi sulla sostenibilità.

La regione di Khumbu, nel distretto nepalese di Solukhumbu, sta attraversando un boom turistico senza
precedenti. L’aeroporto di Lukla ha registrato 298 voli da Kathmandu e Manthali in un solo giorno, di cui 62
aeroplani e 139 elicotteri. 1539 turisti sono atterrati nella regione, intenzionati a fare trekking nelle valli di
Khumbu o a recarsi verso il Campo Base dell’Everest per le spedizioni commerciali alla vetta. La
soddisfazione degli operatori economici della zona (dalle strutture per l’accoglienza alle guide che
accompagnano gli escursioni) è legittima. Ma, questi numeri non sono eccessivi per il delicato equilibrio
della regione?

Il Sagarmatha National Park, istituito nel 1976, si estende su un’area di 1448 chilometri quadrati, e fa parte
del Patrimonio UNESCO dal 1979. Il Parco è casa per un gran numero di animali selvatici, tra cui cervi, la
blue sheep himalayana e la capra selvatica, allodole e fagiani e il tetraogallo tibetano.
Il numero di turisti in continuo aumento (siamo infatti solo all’inizio della stagione) pone questi territori
davanti al problema dell’overtourism. Questo fenomeno si sta diffondendo in tutto il mondo, ed è definito
dall’Organizzazione mondiale del turusmo come “impatto su una destinazione, o parti di essa, che influenza
eccessivamente e in modo negativo la qualità della vita percepita dei cittadini e/o la qualità delle
esperienze dei visitatori”. Ad essere più danneggiati sono proprio i parchi naturali, ambienti fragili in cui
l’eccessivo numero di visitatori può sollevare problemi di inquinamento, gestione delle risorse e dei rifiuti e
disturbo della fauna locale.

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