Ai piedi dell’Himalaya

KATHMANDU, Nepal – C’è chi è già arrivato al proprio campo base da qualche giorno, come Farina e Cazzanelli, impegnati nell’inviolata parete nord del Chamlang, o la spedizione di Horia Colibasanu e Peter Hámor, i quali hanno già installato in una prima ricognizione, interrotta per il forte vento, il C1 sulla Nord del Manaslu, che intendono salire aprendo una nuova via in stile alpino.
Altri invece, dopo aver trascorso qualche settimana in alta quota per acclimatarsi, sono partiti in questi giorni in direzione della montagna. È il caso della spedizione di Ueli Steck e David Göttler, che inizieranno proprio oggi il loro trekking per il campo base del versante sud dello Shisha Pangma, che dovrebbero raggiungere in 5/6 giorni (quando si parla della Swiss Machine il condizionale è d’obbligo).
Marco Confortola con Marco Camandona, a differenza di Steck e Göttler, hanno preferito dirigersi subito in direzione del Makalu. Ieri hanno raggiunto il campo base basso, a 4500 metri, dove resteranno per un paio di giorni ad allenarsi ed acclimatarsi per poi spostarsi al CB del Makalu sul ghiacciaio.
Da Hervè e Bernasconi, ancora nella capitale nepalese, arrivano invece fotografie di Kathmandu che aiutano a capire e far riflettere sul dramma del terremoto, che, a distanza di un anno, è ancora attuale.
“Oggi siamo andati là dove la maggior parte turisti (di conseguenza anche noi alpinisti) non va… “Là dove c’è ancora tanto da fare, là dove il governo del Nepal non è ancora intervenuto se pur aveva promesso di farlo”. E così, se vicino ai templi si vede un po’ di gente camminare qua e là, nei quartieri a ridosso dei templi di Bhaktapur, si scava ancora nelle macerie!”