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Quelle cose ancora da chiarire

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BERGAMO — Alla fine è arrivato. In un memoriale di undici pagine Daniele Nardi, capospedizione di "K2 freedom", consegna ai lettori la sua verità sulla spedizione che ha raggiunto nel luglio scorso la vetta del K2, ma è costata la vita al ternano Stefano Zavka. 

Le undici pagine raccontano fatti, pensieri ed emozioni dilatate dallo spazio e dal tempo. Raccontano della voglia irresistibile di scalare la seconda montagna della Terra. Raccontano della gioia della vetta ma anche di un dramma che si compie passo passo.
 
Si tratta di un testo in talune parti molto dettagliato e in altre meno, come se la memoria si facesse più labile al sopraggiungere del dolore. Il tono talvolta scivola verso l’epopea alpinistica – forse un po’ fuori luogo viste le circostanze – quasi fosse il preludio a un romanzo d’avventura.
 
Certo è che il racconto si legge tutto d’un fiato. E’ come sfogliare un diario. E come in tutti i diari, la descrizione dei fatti è assolutamente soggettiva, come peraltro sottolineato dallo stesso autore. E spesso l’analisi, più che al detto, deve rivolgersi al non detto. A quello che è celato fra le righe.
 
La sensazione è che in questa vicenda molto – forse troppo – sia stato lasciato alle interpretazioni personali, pur forzate dagli eventi. Lungi da noi esprimere giudizi sul comportamento e le decisioni degli alpinisti in quelle circostanze. Solo loro sanno quanta paura e dolore hanno provato. Solo loro sanno quanto drammatici siano stati quei momenti a 8000 metri d’altezza, per giunta inseguiti da una bufera.
 
Quanto ci preme di sottolineare, però, è che il pur avvincente racconto di Nardi non chiarisce alcunchè sulla sparizione di Stefano Zavka. Non aggiunge particolari nuovi che possano far luce sulla vicenda. E più che dare risposte solleva quesiti. A partire da quella che viene descritta come una sorta di "fuga" dal campo 4 per salvarsi la vita.  
 
Insomma, in questa vicenda ci sono ancora zone d’ombra che vorremmo veder chiarite, magari da parte dagli stessi protagonisti, in un momento successivo. Lo dobbiamo, tutti, ai familiari di Zavka. Lo dobbiamo, come giornalisti, alla verità e ai lettori.  
 
Wainer Preda

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