Nanga Parbat parete Diamir, Daniele Nardi: da solo è tutto diverso
ISLAMABAD, Pakistan — E’ in piena fase di acclimatamento la spedizione di Daniele Nardi di stanza alle pendici della parete Diamir del Nanga Parbat. L’alpinista laziale, arrivato al campo base dell’ottomila himalayano il 28 gennaio, si sta abituando alla quota sul vicino Ganalo Peak, una cima di circa 6600 metri. Ci siamo messi in contatto con lui, gli abbiamo chiesto come procedono le cose e se ci sono differenze rispetto all’invernale dell’anno scorso al Nanga Parbat, tentativo che aveva affrontato con la francese Elisabeth Revol. “C’è un abisso – ci ha detto -. Devo ammettere che soli è dura”.
Mentre sulla parete Rupal gli alpinisti sono già nel vivo dell’azione, è ancora nelle fasi iniziali l’avventura di Daniele Nardi. L’italiano, partito molto dopo gli altri team, si trova da solo dall’altra parte della montagna: il suo obiettivo è quello di salire lo Sperone Mummery per arrivare in cima agli 8125 metri del Nanga Parbat, ad oggi ancora mai salito nella stagione invernale.
“Finora sono arrivato a 5200 metri con gli sci sul Ganalo Peak – ci ha raccontato direttamente Nardi ieri -. Poi una settimana di brutto al campo base e poi sono risalito a campo 1 che è a circa 5000 metri. Volevo andare più su, ma ho preso una freddata ai piedi ed era previsto tempo così così. Per questo sono sceso, con l’idea è di risalire domani e puntare a 6000 metri. Meteo permettendo ovviamente”.
“Il mio vero obiettivo per l’acclimatamento sono delle cime prima del Ganalo sulla cresta – ha continuato l’alpinista -. Dovrebbero essere sui 6300 metri: non so se ci riuscirò in questi 3 giorni, ma ci proverò. Sono ancora poco acclimatato considerando il freddo”.

L’acclimatamento, secondo i suoi calcoli, dovrebbe durare fino alla fine di febbraio. Poi arriverà il momento di salire sulla parete Diamir, attualmente in condizioni poco incoraggianti. “Tanta neve in basso – ci ha detto infatti -, il ghiacciaio si vede che ha aperto altri buchi. Ma per ora fermo il giudizio a queste osservazioni da lontano. Su invece sembra molto buono. Sarà fondamentale raggiungere un’ottima acclimatazione: sarà una spedizione lenta e proverò solo a condizioni mie e della montagna perfette”.
L’idea di Nardi è quella di fare la traccia qualche giorno prima di attaccare lo sperone vero e proprio, almeno nella parte bassa. L’anno scorso, lo ricordiamo, l’alpinista aveva toccato quota 6450 metri proprio sullo stesso Sperone Mummery. Nell’inverno passato però, si trovava sulla montagna con Elisabeth Revol, un’alpinista francese con cui aveva condiviso il tentativo di salita.
“Rispetto all’anno scorso è tutto diverso – ha concluso Nardi -. Il confronto su cosa portare, dove passare, quando partire, e poi il cambio nella traccia….tutte cose da fare da soli. C’è un abisso. Poi Elisabeth è molto brava e quindi sapeva dove spingere. Ma era un esperienza che desideravo. Ho tanti amici che mi sono vicini e che mi scrivono e questo mi aiuta, però è vero che il senso di solitudine si affaccia potente. E’ difficile tenerlo a bada.”
Non pensare alla solitudine, ti seguiamo tutti, con forti pensieri .
un fallimento annunciato scommeto tutto quello che ho
hai fallito in 2, fallirai da solo
G
diceva Nelson Mandela:
“Un vincitore è semplicemente un sognatore che non si è arreso”.
Caro Gino, godere del fallimento degli altri, rende meno triste la propria esistenza …..
Ma non conoscete gino… è unodei tanti che sul nanga d inverno c è già stato 3 volte….
Piuttosto che il grande fratello dell’altro versante meglio questo fallimento annunciato
se quello di gino era un in bocca al lupo “mascherato” mi scuso per aver pensato male..