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Everest, armistizio al campo base. Ma la spedizione di Moro e Steck è chiusa

(Updated) CAMPO BASE EVEREST, Nepal — E’ un vero e proprio armistizio quello che  ieri è uscito dal summit fra alpinisti, sherpa e autorità al campo base dell’Everest. Simone Moro, Ueli Steck, Jon Griffith e gli sherpa protagonisti dell’aggressione accaduta a 7000 metri nella giornata di sabato si sono scusati reciprocamente e hanno sigillato la “pace fatta” con un abbraccio e lo scambio di una kata, la sciarpa portafortuna nepalese. Ma la “ferita” è stata troppo grande, e il team alpinistico di Moro, Steck e Griffith non se l’è sentita di proseguire la spedizione con la quale avrebbero dovuto aprire una via nuova sull’Everest senza ossigeno. Steck e Griffith torneranno a casa, Moro invece rimarrà in Nepal per lavorare con l’Himalayan Rescue Team.

Le decisioni prese durante la riunione al campo base sono state comunicate nelle scorse ore. A raccontarcele a caldo, pochi minuti dopo la conclusione della riunione, è Nima Nuru Sherpa, presidente della Cho Oyu Trekking, una delle maggiori agenzie nepalesi per trekking e spedizioni in Himalaya.

“Il meeting al campo base è stato presieduto da un leader dell’esercito nepalese, Major Sunilsingh Rathor – ci racconta Nima, che ha organizzato anche la spedizione di Moro e Steck insieme a molte altre – e si è svolto con la presenza di autorità come un rappresentante del Ministero del Turismo, l’Spcc e molti alpinisti, capispedizione e sherpa. Penso che fossero circa 70 persone. Gli sherpa hanno chiesto scusa per i loro errori, e hanno deciso quanto segue: tutti, compresi gli sherpa, torneranno al lavoro per rendere possibile il successo delle spedizioni. Hanno deciso che in futuro qualsiasi incidenti capiti a campo 2 o sulla montagna, verrà discusso solo al campo base in presenza dei rappresentanti governativi”.

Chiediamo a Nima Nuru Sherpa se nel summit sono emerse le vere ragioni della lite, se dietro al diverbio non ci sia solo un’incomprensione sulla caduta di un presunto blocco di ghiaccio ma qualche astio latente fra alpinisti e Sherpa. “Non credo, non so nulla di questo – risponde Nima -. Si è trattato solo di un diverbio degenerato. Le spedizioni danno agli sherpa la responsabilità di fissare le corde da campo 2 a campo 3. Verso campo 3 gli sherpa hanno chiesto agli alpinisti di non passare dove stavano lavorando, ma loro dovevano farlo per raggiungere il punto in cui volevano guardare la parete, ed è nato il diverbio. All’inizio il gruppetto di sherpa che voleva attaccare gli alpinisti era ristretto, erano pochi, ma quando la lite si è fatta aspra al campo 2, si sono avvicinati molti molti altri sherpa”.

“E’ un grave incidente nella comunità alpinistica – commenta infine Nima -. Dovremo sicuramente inserire un qualche controllo tra i climbing sherpa e gli alpinisti sulle alte montagne, e chiarire le responsabilità e i doveri che hanno gli sherpa nei confronti degli alpinisti. Non vogliamo che accadano altri incidenti come questi in futuro. E’ un peccato che sia accaduto proprio quest’anno in cui ricorre anche il Diamond Jubilee della prima salita all’Everest. Dobbiamo imparare da questi incidenti. Tutti al campo base hanno condannato quanto successo, tutti hanno chiesto scusa e tutti si sono impegnati a fare in modo che non accada più nulla del genere in futuro”.

 

 

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