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Messner: stop al turismo, le montagne devono restare selvagge

Quo CLIMBis_Foto di gruppo (Photo IMS)
Quo CLIMBis_Foto di gruppo (Photo IMS)

BOLZANO — Nuova uscita radical-ecologista del “re degli 8000” Reinhold Messner. Il celebre alpinista altoatesino, in occasione del forum alpinistico “Quo climbis?” tenutosi nel weekend a Castel Firmiano, ha dichiarato che il turismo fa sopravvivere economicamente le montagne, ma che “oltre una certa quota bisogna che rimangano come la natura le ha fatte”.

“Il turismo finisce dove inizia l’alpinismo – ha detto Messner -. Tutti devono avere il proprio posto. Un alpinista è tale in un mondo selvaggio, portando la responsabilità con sè nello zaino”.

Le dichiarazioni di Messner hanno fatto da spunto per la discussione tra alpinisti e giornalisti che si è tenuta ieri a Castel Firmiano, a cui hanno partecipato anche Hervè Barmasse, Heinz Mariacher, Hanspeter Eisendle, Albert Precht, Denis Urubko e Roger Schäli.

Tutti gli alpinisti sono stati unanimi sulla necessità che la corsa alla “montagna accessibile per tutti” debba trovare un limite. L’ultimo secolo è stato una corsa alla “turisticizzazione” delle aree montane e all’incremento dei pernottamenti: per fare ciò è stato necessario rendere accessibile la montagna a tutti creando infrastrutture, accoglienza e sicurezza. Ciò comporta – secondo Messner – la contaminazione e l’inquinamento dei luoghi selvaggi e la conseguente “distruzione della loro integrità”. Esempio di questa tendenza è l’Everest, vittima di un progetto turistico, che nel lungo periodo porterà gravi e irrevocabili conseguenze per la più alta montagna al mondo.

“L’uomo ha bisogno dell’impossibile per sentirsi vivo” ha detto Hervè Barmasse.

“La montagna va lasciata selvaggia – hanno detto Messner e Eisendle -. Sarà la natura a decidere chi farà parte dell’elite e la paura mostrerà a tutti i propri limiti. Solo così il futuro dell’alpinismo e delle montagne sarà garantito. E non è una questione di alpinismo giusto o sbagliato: è una questione di valori che riguarda tutti. Gli input devono venire dai protagonisti della montagna, come club alpini e alpinisti stessi, ma sopratutto dai media”.

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