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Nuovi chiodi sulla via del Compressore: infuria la polemica

cerro torre
Cerro Torre (Photo Leo Dickinson courtesy www.alpinist.com)

EL CHALTEN, Argentina — Infuria di nuovo la polemica attorno alla via del Compressore sul Cerro Torre. Nel mirino, stavolta, c’è la spedizione austriaca di David Lama e Daniel Steuerer, che quest’inverno doveva compiere la prima salita in libera della linea aperta da Cesare Maestri nel 1970. Dopo 3 mesi di tentativi falliti, il gruppo se n’è tornato in patria lasciando sulla montagna 60 nuovi chiodi e 700 metri di corde fisse abbandonate.

Colpevole dell’abbandono sarebbe la troupe della Red bull che seguiva Lama e Steuerer per filmare l’ascensione. Secondo quanto riferito da Alpinist.com, gli operatori avrebbero piantato 60 chiodi dalla base della montagna al Colle della Pazienza per poter scendere in doppia. Sopra il Colle, avrebbero piantato poi altri chiodi, dove secondo Rolando Garibotti “persino Maestri non ne aveva piantati, perchè la montagna offre protezioni naturali”.

La polemica è scattata immediatamente. Soprattutto perchè Lama, 19enne talento dell’arrampicata sportiva, era partito criticando pesantemente lo stile usato da Maestri che aprì quella via con rabbia, piantando circa 450 chiodi, e lasciando il compressore appeso alla parte sommitale della parete. Voleva dimostrare che sapeva arrivare in cima al Cerro Torre e provocare i contestatori della sua salita del 1959.

“Maestri ha lasciato una scia di chiodi che nulla hanno a che fare con l’etica alpinistica odierna – aveva detto Lama in novembre, prima di partire per la Patagonia -. Ai suoi tempi l’importante era solo la conquista, non lo stile. Noi, invece, non vogliamo lasciare alcuna traccia”.

Poi, però, le cose devono essere sfuggite di mano a quello che si definiva un team di puristi. “Il maltempo e il pericolo di valanghe ci hanno impedito di rimuovere tutto prima di partire – si è giustificato Lama con Alpinist.com -. Comunque non credo che abbiamo fatto niente di male. L’anno prossimo torneremo per la libera, e allora non ce ne andremo prima di aver ripulito la montagna”.

La Red Bull, responsabile della troupe, ha dichiarato che comunque la spedizione “aveva tutti i permessi in regola con il Parque Nacional Los Glaciares” e alla fine della spedizione ha assunto alcune guide argentine per togliere i materiali lasciati sulla montagna.

Promesse e azioni riparatrici, comunque, non hanno quietato gli animi degli alpinisti, per niente convinti che in futuro le cose possano cambiare, e preoccupati dal fatto che sulla montagna resteranno i segni permanenti di queste “chiodature selvagge” e forse superflue. Per esempio viene ricordato Leo Dickinson, che filmò la via nel 1971, per esempio, non lasciò che qualche protezione nel punto più alto raggiunto dalla sua spedizione.

“Mi chiedo cosa sarebbe successo se quest’estate fossi stato in Austria a piantare dozzine di chiodi sulle vie di  Wolfgang Gullich e Kurt Albert – ha detto Rolando Garibotti a Desnivel.com -. Oppure se avessi fissato metri di corda per mesi sulla via del Pesce in Marmolada, o sul diedro Philipp Flamm in Civetta. Non aggiungere chiodi alle vie esistenti, specialmente a quelle storiche, è una delle meglio conosciute regole non scritte degli alpinisti”.

“Ironia della sorte – ha detto Jim Donini -.  Chiodi e corde fisse sono stati usati proprio nel tentativo di aprire una scalata ad alta difficoltà. Credo che questa sia la dimostrazione di come il mondo alpinistico sia troppo attaccato al grado. Bisogna farci una riflessione”.

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