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È Pontboset, in Valle d’Aosta, il comune più virtuoso d’Italia

Il borgo a 780 metri di quota nella valle di Champorcher ha vinto il premio riservato ai luoghi più attenti alle buone pratiche grazie alle iniziative in tema di mobilità sostenibile, economia circolare, gestione del territorio e nuovi stili di vita

Venendo da sud, Pont-Saint-Martin è la porta d’ingresso della Valle d’Aosta. Verso ovest, si estende la Val di Gressoney, con il massiccio del Monte Rosa. In direzione est, a Hône ai piedi del forte di Bard si imbocca una valle meno nota, che porta a Champorcher. Dopo circa sei chilometri, si giunge a Pontboset, un piccolo borgo a 780 metri di quota che nelle scorse settimane è assurto agli onori della cronaca nazionale. Si è infatti aggiudicato il premio di Comune più Virtuoso d’Italia nella 19esima edizione di questo concorso, promosso dall’Associazione Comuni Virtuosi con il patrocinio del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, di Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile, dell’Associazione Europea per la Democrazia Locale e di Give Back.
Pontboset è il primo Comune valdostano a essere premiato, ed è anche il più piccolo vincitore assoluto per numero di abitanti. Nel territorio comunale in cui si trovano Pont-Bozet, il capoluogo, e una serie di frazioni – le più alte a quota 1000 m – risiedono solo 180 abitanti.

Pochi, ma decisi a ridare linfa a questo luogo. «A Champorcher il turismo è di casa già dai tempi di casa Savoia. Il re vi veniva a caccia e successivamente lo sviluppo economico è stato portato dallo sci», spiega Claudio Chanoux, sindaco di Pontboset. «Il nostro comune, invece, è situato più in basso e non abbiamo potuto fruire dei vantaggi del turismo invernale». Eppure, questo borgo di origine medievale, con i suoi ponti e le sue case in pietra ha il suo fascino. E ha vissuto anche un momento particolarmente felice nel corso della sua storia, quando nel Seicento viene realizzata una fonderia, con l’obiettivo di sfruttare l’acqua del torrente Ayasse e il legname abbondante dei boschi. «Il minerale veniva portato dal Piemonte e da altre zone della Valle d’Aosta», racconta Chanoux. «La popolazione crebbe e la situazione di benessere durò fino a metà Ottocento, quando il sistema di lavorazione nelle fonderie mutò. Quello usato a Pontboset era più costoso e meno competitivo». La gente incomincia così a emigrare altrove, in cerca di fortuna. Il fenomeno si accentua a partire dagli anni Cinquanta del secolo scorso, quando il miraggio di un lavoro in fabbrica svuota quei borghi di montagna che non possono godere dei vantaggi del nascente turismo.

Tanti “buoni” investimenti a favore di residenti e visitatori

L’impegno che ha portato Pontboset a vincere il premio di Comune più Virtuoso d’Italia si inserisce nel quadro di una serie di interventi atti a combattere il progressivo spopolamento, offrendo nuove opportunità ai residenti. Non solo: con le sue scelte, il borgo valdostano ha dimostrato che anche un piccolo comune può fare la sua parte nella transizione ecologica, investendo in mobilità sostenibile, economia circolare, gestione attenta del territorio e nuovi stili di vita.

Claudio Chanoux è un veterano come amministratore. È stato rieletto sindaco a settembre scorso, ma ha già ricoperto questa carica dal 2000 al 2015, è stato consigliere per cinque anni, e dal 2020 vicesindaco. Negli anni del suo impegno, ha assistito a un cambiamento che fa ben sperare. «Da un ventennio a questa parte, c’è stata una riscoperta della natura e del turismo dolce. Le persone amano camminare, quindi è importante avere una buona rete di sentieri. In primavera, quando più in alto c’è ancora la neve, da noi si può fare trekking», puntualizza. «La Bassa Via della Valle d’Aosta passa da Pontboset, più in basso c’è la Francigena. Abbiamo scelto di investire molto sui sentieri, abbiamo due persone che se ne occupano e nel periodo da primavera all’autunno la pulizia viene fatta due o tre volte. Due anni fa, sempre con un appalto assegnato a un’azienda, abbiamo risistemato un sentiero a quota 2500 metri, che non era più visibile».

Oltre alla riqualificazione sentieristica, seguendo il principio “cementificazione zero” Pontboset ha puntato al recupero del patrimonio edilizio esistente. Un esempio? Nella piazzetta del municipio, un edificio del Seicento denominato Ostello “Lou Créton di lui” è stato acquisito dal Comune, che ha realizzato grazie a fondi europei 40 posti letto, che si aggiungono alla Cantina del Sole, anch’essa del Comune e ora recuperata, con quattro camere disponibili per l’ospitalità. «Presso l’Ostello abbiamo restaurato le vecchie stalle e la cantina, ricavando un grande locale arredato dal soffitto di pietra, che i residenti possono usare gratuitamente per eventi», aggiunge Chanoux. Altri interventi riguardano la riqualificazione energetica, la mobilità sostenibile e l’attivazione di servizi essenziali per le famiglie e gli anziani. Di tutta questa progettualità sicuramente beneficiano i residenti, ma anche i visitatori, che si trovano di fronte un piccolo borgo vivace e accogliente. «C’è stata una coppia di ragazzi che ha comprato casa a Pontboset. Siamo felici di veder tornare i giovani», dice il sindaco.

Sentieri rinnovati e ben tenuti 

Intanto, i sentieri risistemati stanno già funzionando: dalla primavera a novembre, Pontboset è meta di camminatori. «Un giro adatto a tutti, famiglie incluse, è la passeggiata dei sei ponti e dei tre torrenti. Pontboset è famosa per i suoi antichi ponti in pietra sull’Ayasse. Abbiamo anche un ponte tibetano in località Frontière, che esiste da molti anni, ma che abbiamo rinnovato nel 2024. Su questo ponte, passa anche il Tor de Géants, 330 km, uno dei trail più lunghi d’Europa», commenta Claudio Chanoux. Una curiosità: in questo giro si passa anche per l’Orrido di Ratus, suddiviso in una parte alta e una bassa.

Un’altra proposta di trekking suggerita dal sindaco è il percorso a gradoni – indicato per chi non soffre di vertigini – che porta a Barmelle, una frazione di Pontboset che è una piccola Machu Picchu. Si parte da Salleret a quota 900 m e si sale al villaggio di Barmelle (1563 m).  Da qui si può proseguire per Champorcher e poi fare ritorno verso Salleret. L’anello è lungo circa 10 km e il punto più alto di questo giro è 1915 metri. «Barmelle era un alpeggio. Sembra incredibile, ma una volta il sentiero a gradoni veniva percorso con le mucche», aggiunge Chanoux. «In passato la frazione era abitata per tutto l’anno, ora neppure durante l’estate».

Da Vareisa (759 m) si può partire per salire al Santuario ottocentesco di Retempio (1460 m). Il percorso, di 4,3 km, è di livello escursionistico. Vicino alla chiesa, c’erano gli edifici abbandonati di un alpeggio. «Dagli anni Duemila, si è ricominciato a usare la struttura. Il comune ha comprato gli edifici e li ha recuperati: abbiamo la stalla, un dortoir (dormitorio) con custode, la casera. L’energia è fornita da pannelli fotovoltaici», aggiunge Chanoux. La fatica di salire al santuario è ricompensata nei giorni di cielo terso da una vista sul Cervino e sul Monte Rosa, dal Castore alla Capanna Margherita. Chi volesse proseguire può andare a Col Pousseuil fino a Donnas. «Il santuario di Retempio è lo scenario di una festa tradizionale importante», aggiunge il sindaco. «Il 2 luglio si parte in processione dalla piazza della chiesa di Pontboset alle 6 del mattino, si assiste alla messa e poi si tiene un’asta benefica, i cui proventi vanno al Santuario, con i prodotti locali regalati dalla gente del posto».

Anche ai più pigri, un giro a Pontboset può regalare soddisfazione. L’abitato di case in pietra, rascard, ponti e chiese è circondato da boschi di castagno. Prima di ripartire, è doveroso assaggiare il santzet, il salame valdostano che anche qui ha una versione locale e che ogni anno è protagonista della sagra del primo weekend dopo Santo Stefano, accompagnato da polenta e formaggi.

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