Dalla Marmolada al Ponte degli Alpini e al Vajont: le sculture di Franco Fabiane
All’artista veneto che tante opere ha dedicato alle genti di montagna è dedicata un’interessante a Belluno. 170 le opere esposte
«Nelle mie frequenti passeggiate tra i boschi, non è difficile che mi trovi, istintivamente, ad accarezzare il tronco di un albero contorto o un masso eroso dalla forza dell’acqua e saranno sempre fra i miei fedeli amici». Sono le parole di Franco Fiabane, estrapolate da un suo scritto, che attestano il legame affettivo di quest’uomo con la sua terra, le sue montagne e la materia prima che la natura gli ha offerto per le sue opere. Artista poliedrico e scultore di talento, Fiabane (1937- 2015) è stato l’artista contemporaneo di maggior rilievo del Bellunese. A dieci anni dalla sua scomparsa, su iniziativa di gruppi e associazioni locali, in particolare il Circolo Cultura e Stampa Bellunese, insieme al Comune, alla Provincia e al Rotary è stata allestita una ricca mostra intitolata Franco Fiabane 1937-2015 presso il Museo Civico di Palazzo Fulcis a Belluno, che resterà aperta fino all’11 gennaio 2026. Visitarla è un ottino punto di partenza per scoprire le opere di questo scultore, che sono disseminate nel Bellunese ma anche in diverse altre località del Veneto.
La Madonna della Marmolada benedetta da Papa Giovanni Paolo II
Marmolada, stazione di Punta Rocca (3265 m). Siamo di fronte a Punta Penìa, la vetta più alta delle Dolomiti (3343 m). Oltre famosa per la sua terrazza panoramica, Punta Rocca è nota per una grotta creata dagli alpini della Brigata Cadore, in cui è stata allestita una cappella, che ospita la statua della Madonna detta “Regina delle Dolomiti”. A benedirla è papa Giovanni Paolo II, il 26 agosto 1979. Per lo scultore che l’ha realizzata, è un trampolino di lancio anche fuori dal territorio regionale, dove è già famoso. «Quest’opera consacra Franco Fiabane come scultore di riferimento delle terre dolomitiche», commenta Carlo Cavalli, curatore della mostra dedicata all’artista a Palazzo Fulcis e conservatore del Museo Civico di Belluno. «La Madonna evoca la rocciosità della montagna, esprime forza e resistenza. Lo scultore qui esprime i valori delle terre alte».
Chi è questo artista, il cui nome è abbinato alla Marmolada? Come ricorda il curatore, Fiabane è stato «una persona generosa, molto disponibile dal punto di vista umano, aperto al dialogo e ricco di idee». Franco è figlio d’arte: il padre Berto è anch’egli uno scultore, scalpellino e marmista, che realizza angeli, lapidi, statue soprattutto per i monumenti cimiteriali. Fin da bambino, Franco frequenta la bottega, osserva il padre lavorare, si cimenta con la creta. Il genitore è il suo primo maestro, con lui ha un ottimo rapporto. Cresce sereno, da ragazzo incontra Maria che diventa l’amore della sua vita. I due giovani si sposano nel 1966 e avranno due figli, Alberto e Nicola. I volti e le persone della sua famiglia entreranno nella ricerca artistica dello scultore, come modelli. «La prima opera individuata e datata di Franco Fiabane è un monumento agli Alpini presso la caserma Salsa di Belluno. È del 1960: Franco aveva solo 23 anni». Non è l’unica opera dedicata agli Alpini, di cui lui stesso ha fatto parte rimanendo molto legato a questo corpo. Fra le opere civili, esposte in diversi luoghi della provincia bellunese, spiccano due creazioni dedicate agli Alpini e firmate dallo scultore. Sono il Monumento agli Alpini per il Ponte degli Alpini di Belluno, in cui due figure si ergono alle estremità del manufatto quasi a proteggerlo, e il Monumento all’Alpino a Castion, in cui la figura dell’alpino sembra uscire dalla pietra. Entrambi sono del 1972.
Chi sono i punti di riferimento di Franco Fiabane? «L’artista si forma da autodidatta ed è legato a questo territorio, dal quale non è mai andato via. Fin da ragazzo assieme al padre visita mostre, si documenta sui libri», commenta Carlo Cavalli. «Un punto fermo per lui è Michelangelo. Conosce anche l’opera dello scultore barocco Andrea Brustolon, che ammira nelle chiese e nelle valli dolomitiche. Suo mentore è invece lo scultore Augusto Murer, con il quale c’è un rapporto di amicizia, un sodalizio che influirà sulla produzione di Fiabane».
Negli anni Settanta, l’artista incomincia a uscire dalla bottega di famiglia per partecipare a esposizioni e concorsi, all’inizio con lavori di grafica e bronzetti. Pietra, legno, bronzo e i relativi modelli in gesso e terracotta, e il duralbo (una sorta di cemento bianco): Fiabane nel corso della sua carriera si avvale di diversi materiali, con una manualità sapiente. «Per le opere in bronzo si appoggia a fonderie specializzate, come la Venturi, per realizzare sia opere di piccole dimensioni, sia creazioni rilevanti, come il Monumento nazionale ai Quarant’anni della campagna di Russia sito a Fonzaso, del 1983», aggiunge Cavalli. «Negli anni Ottanta Belluno ospita due importanti mostre dell’artista, che gli danno ulteriore visibilità. Espone anche all’estero, in particolare in Germania».
Le tematiche sociali
Oltre alla committenza privata, le sue sculture si diffondono sempre di più sul territorio commissionate da associazioni, comuni, comunità civili e religiose. E sono visibili a tutti, perché si trovano in piazze e luoghi pubblici, testimoniando non solo il suo talento artistico ma anche una spiccata sensibilità a tematiche sociali. Dal Monumento agli emigranti a Belluno (1991) al Monumento alle vittime del dovere in tempo di pace, sempre a Belluno (1993), come quello dedicato ai mutilati e invalidi sul lavoro (2003), le figure scolpite da Fiabane non lasciano mai indifferenti, il loro dolore muto giunge al cuore di chi guarda. Ma è nel famoso Monumento ai superstiti, ai soccorritori e ai bambini mai nati (2005), sito nel cimitero di Fortogna, frazione di Longarone, che Fiabane realizza il suo capolavoro: tre distinti gruppi statuari in marmo bianco di Carrara dedicati alla tragedia del Vajont. «Fiabane non accentua la drammaticità del disastro, ma propone una narrazione intimista di un dolore composto, in cui le persone cercano di prendersi cura l’uno dell’altro, di offrirsi sostegno reciproco in seno alla comunità per ricominciare, lasciando spazio alla speranza», dice Cavalli. «È l’opera da lui più sentita, in cui la partecipazione emotiva si condensa in figure di grande espressività». Purtroppo questa realizzazione, così emozionante, è poco nota. Forse perché non si trova su una pubblica piazza, ma in un cimitero. Eppure, se vi capitasse di andare sulle Dolomiti bellunesi, fermatevi a Fortogna e andate a scoprire questa meraviglia: merita assolutamente.
La mostra di Palazzo Fulcis presenta oltre 170 opere, che consentono di comprendere il percorso artistico di Fiabane e il suo rapporto con il territorio. «Si tratta del primo tentativo di un inquadramento storico e critico della sua figura», commenta Cavalli. «Oltre alle opere esposte, ci sono anche bozzetti, disegni preparatori e fotografie di quanto poi realizzato sul territorio». Non ci sono solo monumenti in ambito civile nella produzione di Fiabane. L’artista si dedica intensamente anche all’arte sacra, sentendosi vicino al mondo cattolico. Ha molte committenze da parrocchie nel Bellunese e nel Cadore, ma anche in altre province del Veneto. Realizza Vie Crucis, altari, statue a soggetto religioso, porte in bronzo per le chiese. «Abbiamo creato anche una app, che si può scaricare per esplorare le opere di Franco Fiabane con la loro ubicazione in tutta la provincia di Belluno e materiale di approfondimento», puntualizza il curatore. Un’ottima opportunità – dopo aver visitato la mostra – per scoprire questo artista innamorato della sua terra e della sua gente.




