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Bouldering: la forza (e il potere) del tatto

Immediata, libera, inclusiva: l’arrampicata sui blocchi è la disciplina che più di ogni altra mette in connessione il climber con la roccia. Anche per questo è sempre più praticata

Le giornate si accorciano, l’aria si fa più nitida, i boschi si svuotano dei clamori estivi: è il tempo del boulder. Il fresco aiuta a restare aggrappati agli appigli più minuti e sfuggenti. Così, dai fondovalle delle Alpi ai frammenti di roccia disseminati per l’intera Penisola, la stagione dei massi entra nel vivo.

Il bouldering è una pratica in continua espansione, soprattutto tra i giovani: immediata, libera, inclusiva.
Si sale o non si sale. Con le mani, i piedi, i muscoli, il corpo intero. Pochi riferimenti, nessuna costrizione.
È la forma più essenziale dell’arrampicata, la sua cellula basale, il mattone primigenio dell’alpinismo.
Ogni blocco è un piccolo universo di movimenti e sensazioni; è conoscenza del corpo e, insieme, conoscenza della roccia — una vera geo-conoscenza.

Il boulder è il regno del tatto. Dalla ginnastica dolce sui sassi d’inverno ai passaggi estremi che sfidano la gravità, tutti possono trovarvi spazio, purché non prevalga la smania di spingersi oltre misura, di guastare la quiete e il silenzio del fuori.
Il senso del tatto chiama in causa l’intero corpo: volume, tessitura, consistenza, temperatura. È attraverso la pelle che si disvelano graniti, gneiss, calcari, arenarie, basalti e quarziti.

Nel gesto di stringere, abbracciare, scivolare, la percezione si riduce a contatto puro. Il tatto, come il bianco tra i colori, contiene in sé gli altri sensi e li armonizza.
L’epidermide diventa una geografia viva, una mappa con cui esploriamo il mondo.
Senza sensazioni tattili saremmo condannati alla perdita dell’autonomia, alla paralisi della volontà.

Scalare sui sassi significa verificare la saldezza dei propri movimenti, la verità del proprio equilibrio, perché ogni appiglio stretto tra le dita esclude le distrazioni e ci ancora al presente. In fondo è una splendida forma di meditazione in movimento!
Le mani palpeggiano, ricostruiscono la forma della parete, leggono la realtà immediata, mentre lo sguardo ancora vaga lontano.

Alla fine, quando tutto si incastra, quando il corpo trova il ritmo giusto, la roccia smette di essere un ostacolo e diventa prolungamento del corpo.
Ogni storia di boulder, in fondo, è una storia di pelle.

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