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Ghiacciai in ritirata: le foto di Fabiano Ventura raccontano il dramma del Pianeta Terra

Trecento accurati confronti fotografici realizzati in 12 anni dui spedizioni in tutto il mondo. Immagini che non lasciano spazio a interpretazioni

“I ghiacciai raccontano la nostra storia, ma ci stanno scomparendo sotto gli occhi”. Parola di Fabiano Ventura, fotografo paesaggista specializzato in tematiche ambientali. Presidente e fondatore dell’associazione Macromicro, da anni conduce progetti che uniscono fotografia, scienza e divulgazione. Tra i suoi lavori più rilevanti, il progetto “Sulle tracce dei ghiacciai”, che dal 2009 al 2021 l’ha coinvolto in otto spedizioni internazionali – dal Karakorum all’Alaska, dalle Ande all’Himalaya – per documentare le trasformazioni dei ghiacciai attraverso la tecnica della repeat photography.

Con oltre 300 confronti fotografici, Ventura e il suo team hanno così portato alla luce l’arretramento dei ghiacciai, sensibilizzando il pubblico sui cambiamenti climatici con immagini di forte impatto emotivo e rigore scientifico. Fotografie che sono state esposte in numerose sedi in giro per il mondo, ricevendo riconoscimenti prestigiosi, tra cui il patrocinio dell’UNESCO.

Come è nato il progetto Sulle tracce dei ghiacciai?
La scintilla è stata la percezione di quanto l’uomo sia dipendente dal clima. Viaggiando in zone remote, mi sono reso conto dell’impatto che la nostra specie ha sull’ambiente. Mi sono chiesto come potevo contribuire a sensibilizzare su questo tema.

Grazie alla repeat photography, che consiste nel ripetere una foto dallo stesso punto e nel medesimo periodo dell’anno, per poter confrontare passato e presente…
Non l’ho inventata io: geologi e glaciologi l’hanno usata da sempre, ma spesso in modo approssimativo. Io l’ho voluta rendere più precisa: ricercando i negativi originali, individuando il punto esatto da dove ogni foto era stata scattata, alzando il livello qualitativo di produzione e post produzione.

Quale lavoro di preparazione ha richiesto tutto ciò?
Ho visitato personalmente oltre 200 archivi nel mondo: dal Museo Nazionale della Montagna al Museo Borgatello in Cile, dalla Fondazione Sella alla Royal Geographical Society di Londra. Ho passato settimane a consultare e selezionare lastre, diari e libri di spedizioni. Poi sul campo abbiamo svolto un lavoro minuzioso per tarare il punto esatto di scatto, a volte (come nella spedizione in Himalaya) a oltre 6.000 metri di quota.

Quali sono i vantaggi della fotografia per comunicare i cambiamenti climatici?
Il potere comunicativo delle immagini è enorme: immediato, transmediale e transculturale. Confrontando passato e presente, la fotografia mostra in un attimo gli effetti del cambiamento climatico.

Ci sono ghiacciai che ti hanno sorpreso per l’arretramento rapido o irreversibile?
Sulle Alpi impressionano Scerscen, Lys, Forni, Marmolada, Adamello, Fellaria… Per far esempi più lontani, il Muir Glacier in Alaska ha perso 60 km di fronte glaciale, l’Upsala in Patagonia 20 km.

Come reagisce il pubblico di fronte alle tue immagini?
Abbiamo incontrato liceali in tutta Italia, mostrando documentari e racconti delle spedizioni. C’è un aspetto emotivo e avventuroso che coinvolge: le nuove generazioni apprezzano la verità del progetto, non si tratta di una campagna realizzata a tavolino. Tuttora riceviamo centinaia di messaggi di ringraziamento e sostegno da tutto il mondo e continuiamo ad utilizzare i contenuti per mostre, documentari, film, conferenze e progetti didattici.

Il Baltoro da sopra Campo Concordia, 1929-2009 @Fabiano Ventura

C’è un momento del progetto che ti ha colpito particolarmente?
Non dimenticherò mai un uomo di 94 anni incontrato durante la spedizione in Caucaso. Mi ha raccontato in lacrime di esser sempre vissuto a Adishi, in Georgia, ma a 70 anni aveva dovuto abbandonare tutto e trasferirsi in città: con il cambiamento climatico, il torrente che alimentava il suo pascolo era diventato stagionale e non aveva più acqua per le vacche.

Le prossime tappe?
La fase sul campo si è conclusa, ma prosegue la divulgazione. Mostre sono previste al Deutsches Museum di Monaco, alla FAO per l’International Mountain Day e allo Houston Museum of Natural Science. Ora stiamo lavorando anche a un nuovo progetto, “Shifting Sea”: con 16 spedizioni nel mondo, documenterà l’innalzamento dei mari (shiftingsea.com, ndr).

Dopo tanto lavoro, cosa ci lascia questo progetto in termini di consapevolezza?
Negli ultimi trent’anni è scomparso circa il 60% delle masse glaciali, e secondo le previsioni entro il 2100 tutti i ghiacciai sulle Alpi sotto i 3.500 metri scompariranno. I confronti fotografici del progetto sono considerati oggi un benchmark e aiutano a percepire la bellezza che stiamo perdendo. Oltre a responsabilizzare chi li osserva ad una maggiore consapevolezza e sensibilità nei confronti dell’ambiente.

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