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Fay Manners in solitaria sulle creste inviolate del Garhwal

Dopo essere stata costretta a rinunciare a un nuovo tentativo sul Chaukhamba III, nell’Himalaya indiano, la scalatrice britannica si è dedicata alle traversate su creste e montagne della zona

Quando è sbarcata in India, Fay Manners aveva un progetto ben chiaro in testo: salire il Chaukhamba III(6947 m) , la montagna sulla quale lo scorso anno rischiò la vita rimanendo bloccata in parete per 55 ore con la compagna Michelle Dvorak prima di essere salvata in extremis da una squadra di alpinisti francesi  del Groupe Militaire de Haute Montagne of Chamonix impegnati sulla stessa montagna.
Neppure questa volta però le cose sono andate come sperate da Manners e Dvorak. Quest’ultima infatti si è ammalata durante la marcia verso il campo base effettuata in condizioni meteo tanto difficili che gli sherpa si sono rifiutati di proseguire.
Rimasta sola, e considerata l’impossibilità di tentare in solitaria l’ascensione programmata, la Manners non si è persa d‘animo e ha fatto una scelta originale, dettata dal caso: “La mia compagna Michelle è rimasta nel campo base, malata e cercava di riprendersi, mentre io scalavo da sola verso il campo base avanzato circondata da vette incontaminate.  Un giorno ho seguito le tracce di leopardo delle nevi fino a una cresta remota, improbabile che sia stato scalato prima. L’ho chiamata Asha Ridge (AD, 5A). Asha è una parola indù che significa speranza, la luce che ti fa andare avanti anche quando le cose sono difficili. La linea percorre poco più di 2 km, ondulando su una serie di piccole cime. Aveva quella perfetta sensazione alpina: creste strette e esposte con ripide gocce su entrambi i lati, bilanciate con tratti più rilassati per muoversi in modo efficiente e godersi il terreno. Alcuni passaggi richiedevano mosse precise per assicurare la miglior efficienza delle mie piccozze. Un netto contrasto con il rumore di Delhi – solo io, una cresta himalayana non scalata e la quiete delle montagne”, ha scritto la Manners.

Due giorni dopo la scalatrice britannica  ha affrontato una seconda linea: “Michelle non riusciva a riprendersi, ho continuato le mie avventure solitarie intorno al campo base avanzato. Ho deciso di scalare una cresta che offriva una vista sulla valle successiva, il ghiacciaio Satopanth dove ci eravamo avvicinati lo scorso anno. L’altro lato della cresta sembrava sciabile, peccato non aver portato gli sci! L’ho chiamata Anamika (AD, 4C),  una parola indù che rappresenta le piccole cose della vita che possono portare tanta felicità quanto quelle grandi. Descrive emozioni oltre le parole. Sentimenti che puoi capire veramente solo quando li provi.
Ecco come mi sentivo in quel momento. Sarebbe stato piccolo e insignificante rispetto alle vaste montagne dietro, ma non importava. Ciò che contava era il movimento attraverso il paesaggio e la vista che si svolgeva intorno a me
”.

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