
È una di quelle storie che vanno raccontate. Protagonisti i gestori di un rifugio, una coppia che fino a due anni fa viveva nella pianura veneta a tutt’altre faccende affaccendata. E protagonista è il rifugio stesso, che prima di essere tale, era l’atelier di un artista, un nobile veneziano vissuto a cavallo tra Ottocento e Novecento. Un atelier appeso a una montagna. Storie di vita indubbiamente originali che hanno in comune quel “nido d’aquila” come lo definiscono i gestori, posizionato su una dorsale al cospetto dell’Agner, mitica montagna dolomitica.
Stiamo parlando del rifugio Scarpa Gurekian adagiato sulla Costa d’Agaréi, nel cuore selvaggio del versante orientale delle Pale di San Martino, nel piccolo comune di Voltago Agordino. Per salire al rifugio si parte da Frassené, una sua frazione. Da lassù si domina un panorama grandioso: dalla Croda Granda al Monte Agnèr, fino alla Civetta, alla Schiara e alle Dolomiti Feltrine.
I gestori Alessandro Marinello e la sua compagna Lucia Melison, risiedono lassù, a 1735 metri di altitudine e tengono le porte aperte del rifugio quasi tutto l’anno. Certo, dal 2 novembre un mese tutto per loro se lo prendono, pronti a ripartire il 6 dicembre. La cosa fondamentale è che si arriva a piedi o con le ciaspole, camminando per un’ora e mezza lungo una strada silvo-pastorale che si inerpica da Frassenè. Negli anni in cui c’è stata l’illusione che lo sci potesse essere praticato anche a quote relativamente basse lassù arrivava una seggiovia, ma quando l’illusione è finita, e per i cambiamenti climatici il manto bianco non era più garantito, già una dozzina di anni fa, la seggiovia, divenuta tra l’altro obsoleta, è stata chiusa. E il rifugio Scarpa è tornato nel silenzio del suo meraviglioso isolamento. Perché è vero che la frequentazione estiva è apprezzabile, ma queste come dice Alessandro “sono Dolomiti sostanzialmente ancora sconosciute ai più, fuori dalle direttrici delle Alte Vie, pur essendo bellissime”.
I protagonisti
Ma veniamo ai protagonisti, che, non più giovanissimi – Alessandro è sulla cinquantina- hanno dato una svolta alla loro vita.
“Avevo un’azienda di giardini verticali e lavoravo su tutto il territorio nazionale e anche all’estero- racconta lui- poi ho ceduto le mie quote della società e ho deciso di dedicarmi a un sogno che da sempre ho cullato: quello di gestire un rifugio”.
Con le vette Alessandro ha sempre avuto dimestichezza: “Sono sempre stato appassionato di montagna, che ho vissuto a 360 gradi: istruttore di alpinismo, sci alpinismo, cascate, arrampicate. Pur vivendo in pianura a Montecchio in provincia di Vicenza, la montagna è stata sempre nel mio cuore. Lucia invece lavorava in un’agenzia immobiliare, pur essendo sempre stata coinvolta anche nel mondo del turismo”.
Quando si è presentata l’occasione i due, che stavano bene attenti alle offerte di gestioni dei rifugi che si presentavano, due anni e mezzo fa hanno individuato in quella del rifugio Scarpa, di proprietà del CAI di Agordo, la loro grande occasione.
Il pittore visionario
Quella struttura non era nata per essere un rifugio. La sua storia inizia nel 1912 quando il pittore paesaggista veneziano Enrico Scarpa (1891-1935) concretizzò il suo desiderio di insediare sul Colle di Lósch il suo atelier (era legato a quei luoghi perché la madre, Teresa Della Lucia, era di Frassené). Lo chiamò “Eremo Rèsele”, dal nome della figlia avuta dal matrimonio con la nobildonna Itala Teresa Casari. Fu la stessa figlia poi a trasformarlo in rifugio (attualmente ci sono appese alle pareti di una saletta tre opere del pittore). Nel 1961 fu la Sezione Agordina del CAI ad acquistarlo, mantenendone l’intitolazione originaria unendola nel 1985 a quella dell’ingegnere e alpinista di origine armena Ohannes Gurekian (1902-1984), promotore a Frassenè nel 1930 della prima Pro Loco d’Italia, presidente tra il 1933 e il 1946 della Sezione Agordina del CAI. Erano anni in cui Voltago ebbe una notevole fama di località turistica sia estiva che invernale al punto che, quando nel 1955 venne costruita la seggiovia, la prima di tutto l’Agordino, si guadagnò l’appellativo di “Piccola Cortina”, sull’onda delle prime Olimpiadi ampezzane del 1956. Più volte il rifugio venne ampliato e ammodernato ma, come detto, nel 2012 la seggiovia venne chiusa. E da allora il rifugio Scarpa si raggiunge solo a piedi. La strada silvo-pastorale è chiusa al transito veicolare a eccezione dei mezzi di soccorso e di quelli dei gestori utilizzati per i rifornimenti.
Residenti d’alta quota
“Questo è sì un rifugio, ma è anche la nostra casa – Alessandro continua a raccontare – abbiamo fatto la scelta radicale di risiedere qui. Vivendo quassù teniamo aperto il più possibile. Anche per dare un punto d’appoggio a chi ama andare in montagna nei mesi in cui abitualmente i rifugi sono chiusi, e permettere di apprezzare un territorio che evidentemente è sconosciuto. Le persone quando guardano dalle finestre restano a bocca aperta perché la posizione dal punto di vista panoramico è strepitosa”.
Raggiungono il rifugio gli escursionisti, i ciaspolatori, gli sci alpinisti. “Gli alpinisti sono tra il 10 e il 20% – aggiunge Alessandro- Una grande attrattiva è l’Agner, con la sua ferrata Stella Alpina, la via del Canalone e la via normale. Poi ci sono gli alpinisti che arrivano dal versante nord, passano per il rifugio e trovano sempre un pasto caldo”.
A valle Alessandro e Lucia scendono un paio di volte a settimana, soprattutto per fare la spesa. “In rifugio c’è sempre da fare. Non siamo soli. C’è sempre qualcuno che ci viene a trovare, anche quando non ci sono turisti. Vengono dal paese di Frassené, talvolta solo per salutarci, bersi un caffè, facendosi 600 metri di dislivello o per mangiare qualcosa di buono. Non ci annoiamo e non ci sentiamo fuori dal mondo. Qui c’è ancora la possibilità di parlare, di raccontarsela. La nostra è stata una delle più belle scelte di vita. Noi abbiamo due regole che ci siamo prefissati nel gestire questo rifugio. La prima è quella di rispettare il territorio. E per territorio intendo sia le montagne, la flora e la fauna, ma anche le persone che raggiungono il rifugio. La seconda regola è quella di fare quello che ci fa star bene. Il rifugio non è solo un contenitore, né un punto di arrivo. Può essere un punto di partenza dove ognuno poi fa un proprio percorso di crescita”.
Come arrivare al Rifugio Scarpa
Il rifugio sorge a 1735 metri di quota in località Malga Losch, bel comune di Voltago Agordino (BL). L’itinerario più breve per raggiungerlo parte dalla piazza principale del paese di Frassenè Agordino dove ci si incammina lungo il sentiero 771. Dopo circa 15 minuti si procede lungo la strada sterrata di servizio al rifugio. Si può seguire la strada fino a destinazione, altrimenti da località Rafadora (1470 m) si segue la traccia di sentiero che segue la vecchia pista di sci. Il dislivello è di 650 metri (2 ore circa di cammino).
In alternativa si può partire da Forcelle Aurine dove si imbocca il sentiero 733 che in circa 45 minuti conduce al punto panoramico del Col di Luna (1766 m). Si segue la dorsale fino al passo di Luna (1718 m) e da qui si procede lungo il sentiero 773, che passando sopra la zona di Malga Luna, in leggero falsopiano conduce al rifugio. In questo caso occorre mettere in conto 2.45 ore di cammino.