Montagna.TV

Abruzzo, quanto vale la vita di un orso?

A maggio due orsi marsicani sono annegati in un invaso accanto alle piste da sci di Scanno. Secondo l’associazione Salviamo l’Orso, molti altri invasi in Abruzzo sono pericolosi per gli animali e per gli umani. Ma non vengono messi in sicurezza

In Abruzzo non c’è pace per gli orsi. Cinque mesi fa, il 7 maggio, i corpi senza vita di due plantigradi sono stati scoperti nell’invaso per l’innevamento artificiale di Colle Rotondo, nella zona sciistica di Scanno, poco fuori dal Parco d’Abruzzo, Lazio e Molise, chiusa e in abbandono da anni.

I guardiaparco e i tecnici dell’area protetta, intervenuti sul posto, hanno verificato che le vittime erano due maschi di circa un anno di età. Il bacino per l’innevamento artificiale di Scanno era stato messo in sicurezza nel 2021 dall’Associazione Salviamo l’Orso, ma poi le recinzioni sono state distrutte dal peso della neve e del ghiaccio.

Il Parco, le associazioni Rewilding Apennines e Salviamo l’Orso, insieme al Comune di Scanno stavano definendo gli interventi per la messa in sicurezza dell’invaso, potenzialmente mortale anche per gli umani. Invece i lavori non sono iniziati in tempo, e il laghetto ha ucciso due esemplari della specie più rara e preziosa d’Italia.

Ma i killer a piede libero sono più d’uno. “Nonostante i nostri appelli, e la relazione tecnica presentata alle istituzioni competenti, molti invasi in montagna sono ancora privi di infrastrutture di sicurezza” denuncia Salviamo l’Orso. Il caso più grave, secondo l’associazione, è quello “del bacino di Pizzalto (Roccaraso), che continua a costituire una grave minaccia per la fauna selvatica e per gli esseri umani”.

Dopo il ritrovamento dei due cuccioli di orso annegati nell’invaso di Colle Rotondo, Salviamo l’Orso e Rewilding Apennines hanno effettuato dei sopralluoghi sugli altri bacini per l’innevamento artificiale della zona. Un lavoro che punta a spingere enti e amministrazioni pubbliche ad agire con urgenza, installando recinzioni di sicurezza di cui sono stati forniti disegni tecnici e specifiche.

Il documento è stato condiviso con i Carabinieri Forestali, la Regione Abruzzo, le aree protette, i Comuni e le società che gestiscono i comprensori sciistici dell’Alto Sangro (Roccaraso, Rivisondoli, Pescocostanzo e Pescasseroli), di Campo Felice e di Ovindoli-Magnola. Secondo Salviamo l’Orso, però, molti degli interpellati non hanno risposto.

Al Pizzalto, la presenza di un’orsa con due cuccioli di pochi mesi, certificata dal Parco d’Abruzzo, Lazio e Molise (anche se piste e impianti sono all’esterno dell’area protetta), impone la massima attenzione e di non effettuare lavori malfatti o approssimativi.

I gestori degli impianti del Pizzalto avevano annunciato l’inizio dei lavori di messa in sicurezza in un’email inviata a Luciano Sammarone, direttore del PNALM, e per conoscenza, a Stefano Orlandini, presidente di Salviamo L’Orso. Quando i tecnici dell’associazione hanno effettuato un sopralluogo nella zona, però, hanno scoperto degli interventi insufficienti.

“Nonostante le nostre indicazioni tecniche, la rete esistente non è stata sostituita ma rabberciata in modo approssimativo, è ancora piena di buchi, ed è inadatta, per dimensioni, resistenza e altezza, a fermare un orso”.
“Duole constatare che, nonostante gli incidenti già avvenuti, i gestori degli impianti di Roccaraso, recentemente rinnovati grazie a cospicui fondi pubblici, non possono o non vogliono adottare le soluzioni tecniche individuate dalla nostra associazione, dal Parco e dalla Regione” prosegue Salviamo l’Orso.

Un atteggiamento inaccettabile e ingiustificato da parte di un settore che si racconta come il fiore all’occhiello del turismo montano abruzzese, un comprensorio che fattura milioni di euro e che promuove, in Italia e all’estero, la sua immagine green e sostenibile, ma che nei fatti non sembra essere disposto a investire un centesimo per ridurre al minimo la possibilità che si ripetano incidenti come quelli che hanno già coinvolto vari esemplari di orso marsicano e altri animali”

“Senza contare che, grazie alla presenza dell’orso Juan Carrito, poi investito e ucciso da un’auto, Roccaraso e l’Alto Sangro hanno goduto di una pubblicità gratuita i cui guadagni potrebbero essere reinvestiti nella messa in sicurezza del territorio”.

Secondo Salviamo l’Orso, durante un incontro con l’associazione e il direttore del PNALM, “la ex-Comunità Montana Alto Sangro, che sembra essere ancora la titolare del bacino di Pizzalto, ci ha comunicato la sua impotenza a trovare una qualsivoglia soluzione al problema”.

Come esempio per le recinzioni da installare accanto agli invasi, Salviamo l’Orso ha fornito ai comprensori sciistici le foto delle nuove recinzioni concordate con il Parco d’Abruzzo, Lazio e Molise, e installate lungo la A25 Roma-Pescara tra Pescina e Cocullo, con piccole modifiche risultanti dalle esperienze maturate in Canada e negli USA.

“Ci sentiamo delusi e impotenti, perché tutto quello che potevamo fare da soli o in collaborazione con il PNALM è stato fatto. In tre anni abbiamo messo in sicurezza più di 20 pozzi, vasche e cavità. Oggi rimangono lavori per cui sono necessari fondi, permessi e autorizzazioni che noi non siamo in grado di fornire, e su cui permane un diffuso disinteresse” conclude l’associazione abruzzese.

“In 12 anni ben sette orsi marsicani, su una popolazione di poco più di 60 esemplari, sono annegati in invasi simili a quelli descritti nel comunicato. Non ci sono più scuse. Chiediamo che i diretti interessati agiscano prontamente o dichiarino pubblicamente che la vita di un orso vale meno del costo di una recinzione”.

Exit mobile version