
Oggi, 30 settembre, compie 160 anni la prima salita alpinistica ufficiale alla cima più alta del Friuli-Venezia Giulia, il Monte Cogliàns (2780 m). L’accento della parola è rigorosamente sulla “a” anche se spesso lo si sente porre, persino da chi vive stabilmente ai suoi piedi, sulla “o”: ma si sbaglia.
La cima, rocciosa cupola calcarea ben visibile quando si risale il canale di Gorto, venne raggiunta grazie alla forte motivazione di Paul Grohmann con la collaborazione essenziale di due montanari, un carinziano e un carnico, che gli fecero da guida. Il Cogliàns, registrato sulle mappe imperiali di metà Ottocento con nomi errati (“Cogliàno” o addirittura “Colcjàn” ovvero “Quel cane”, per errate trascrizioni e imprecise grafie dei topografi) era già noto ai valligiani, in particolar modo ai cacciatori carnici, che lo raggiungevano dal versante meridionale per scopi venatori e non certo “sportivi”.
Nel 1865 era ancora parte del Lombardo Veneto, territorio austroungarico, ma di lì ad un anno, dopo la Terza Guerra d’Indipendenza, sarebbe diventato Friuli, parte del Regno d’Italia.
È una fresca giornata di settembre del 1865 quando il viennese Paul Grohmann arriva nelle Alpi Carniche di rientro dalle sue prime salite nelle Dolomiti: solo due settimane prima ha conquistato il Monte Cristallo, dopo un già ben nutrito numero di vette notevoli. Grohmann ha 27 anni, è molto determinato ed è già un nome tra i pionieri dell’alpinismo orientale, oltre ad avere un posto d’onore tra i fondatori dell’Alpenverein della sua città natale, istituito nel 1862.
Il playground dell’alpinismo è iniziato da pochi anni in queste Alpi del Nord Est e il gioco esplorativo prevede che vengano salite/conquistate le più alte di ogni gruppo. I territori montuosi che Grohmann attraversa e perlustra sono casa sua, in quanto parte dell’Impero austroungarico, e fino a quel momento alcune cime sono state salite solo dagli inglesi. Grohmann, anche in una ideale competizione sportivo – patriottica con questi ultimi, si muove con grande libertà, è ricco di famiglia, ha tempo, è ambizioso e allenato ed è dopo una salita sul Monte Peralba, considerato allora la cima più alta della catena carnica, che avvista la giogaia del Cogliàns – Chianevate, intuendo la maggiore altitudine del gruppo e rimanendone affascinato.
Arrivato nel piccolo villaggio di Birnbaum, ai piedi dei versanti settentrionali di quei monti, decide di organizzarsi immediatamente prima che il meteo cambi e cerca informazioni per sapere se è possibile salire quelle imponenti cime calcaree. A Birnbaum trova un contadino del posto di nome Hofer, che si offre di accompagnarlo fino a Collina, dove sa per certo che troverà uno dei “cacciatori veneziani” lì residenti disposto a accompagnarli sulla “Hohe Warte” (lett. Vedetta Alta, nome germanico del Cogliàns): “Hofer chiedeva poco – scrive Grohmann qualche anno dopo – e sarebbe stato volentieri della partita qualora io avessi voluto portarlo con me su quella alta cima che denominava Hohe Warte. Diciamo pure qui che questa era per gli italiani quella che si chiama Cogliano”.
Grohmann in realtà è interessato alla vicina Kellerwand, la Chianevate o Cjanevate, perché crede che sia la più alta, e auspica, salendo il Cogliàns, di cercare a individuare una possibile via per raggiungerla, cosa che gli riuscirà tre anni dopo, il 15 luglio 1868, ma dal versante Nord e solo fino all’anticima Ovest.
Grohmann e Hofer arrivano a piedi a Collina il 29 settembre e nella locale trattoria gustano una modesta cena: “Un vino italiano dal forte odore, una misera zuppa di riso nella quale ci saranno stati a stento cinquanta chicchi e un salame mezzo andato a male, furono la specialità che dovemmo acquistare”. Il giorno seguente il falegname e cacciatore cinquantatreenne Nicolò Sotto Corona (o Sottocorona) lo guiderà sul monte nel ragguardevole – sono pur sempre 1400 metri di dislivello! – tempo di percorrenza di tre ore e dieci minuti: “[…] La camminata – scrive sempre Grohmann – non solo è priva di pericoli ma è anche comoda: solo nell’ultimissimo pezzo, prima di raggiungere la cima del Cogliano, contraddistinta da una piramide di sassi, si rende necessaria una breve arrampicata. Ma anche in questo tratto la via, che conduce su per un breve canale, è così banale e priva di pericoli che non c’è mai bisogno di calzare i ramponi”.
Nei decenni successivi il Cogliàns diventerà meta prediletta degli alpinisti friulani e oggi, in quanto tetto del Friuli, rimane un simbolo e una montagna molto amata e frequentata, sia in estate, sia in inverno, con gli sci da alpinismo. Nel 2015 il compleanno per i centocinquant’anni venne onorato e celebrato con iniziative culturali e sportive, con la partecipazione di autori, camminatori e con gran parte degli alpinisti che vi hanno percorso vie. A ricordare la salita di Grohmann da quell’anniversario rimangono due cartelli illustrativi posti nel cuore dell’abitato di Forni Avoltri e al bivio tra i sentieri che conducono al Rifugio Marinelli e al Passo Volaia.