Ma in Abruzzo ci sono troppe ferrate?
Grande successo per la nuova ferrata di Monte Bertona, inaugurata sabato 13 settembre ai piedi del Gran Sasso. Secondo qualcuno, le ferrate in Abruzzo si stanno moltiplicando troppo. Ma è vero?
Silvio Mondinelli, più noto come Gnaro, ha salito centinaia di vette in tutto il mondo. Tra queste i 14 “ottomila” del Karakorum e dell’Himalaya, raggiunti uno dopo l’altro, senza ossigeno supplementare, tra il 1994 e il 2007.
Sabato scorso, Gnaro ha visitato il Monte Bertona, poco più di mille metri, nel versante orientale del Gran Sasso. Non ha aggiunto alla sua collezione la vetta più alta della zona ma un elegante torrione, fino a oggi senza nome, che si affianca a un’alta parete calcarea.
Passa da quella cima, infatti, la nuova ferrata Bertona, 250 metri di sviluppo e poco più di 100 di dislivello, realizzata con i fondi del PNRR (il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, avviato dopo il Covid-19) da un’inedita “cordata” che comprende i Comuni di Montebello di Bertona, Farindola e Arsita, il Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga e la Cooperativa Cogecstre, che gestisce da decenni la Riserva naturale regionale (e Oasi WWF) del Lago di Penne.
A disegnare la nuova ferrata, e a dirigere i lavori per la sua realizzazione, completata in un mese, è stata la guida alpina Gino Perini. In questi giorni Fernando Di Fabrizio, naturalista, filmmaker e presidente di Cogecstre, non sta più nella pelle.
“L’inaugurazione è stata un successo, con circa 200 persone arrivate da tutto l’Abruzzo ma anche da lontano, da Bergamo e Verona fino a Benevento e Matera. C’erano una ventina di escursionisti di Malta” racconta con entusiasmo Di Fabrizio.
“Nel convegno del 12, prima della conferenza di Gnaro, mi ha fatto riflettere l’intervento di Daniele Perilli, presidente del Soccorso Alpino e Speleologico dell’Abruzzo. Dati alla mano, ha spiegato che gli incidenti aumentano sui sentieri, in parete e con la montagna innevata, e che gli unici che non si fanno quasi mai male sono gli appassionati di ferrate” prosegue Di Fabrizio.
Usano toni analoghi il sindaco di Montebello Gianfranco Macrini e Tommaso Navarra, Presidente del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, di cui la zona è la “porta” verso l’Adriatico. Né Navarra né Macrini hanno salito la ferrata, ma hanno ammirato dal basso, in giacca e cravatta (più la fascia tricolore del sindaco) la processione di escursionisti sulla via.
Anche i frequentatori hanno apprezzato. “La ferrata è bellissima, e se l’intento di chi l’ha realizzata era di incentivare il turismo c’è riuscito benissimo” scrive su Facebook Paolo Mariani, alpinista di Penne. Monica Furii, escursionista dell’Aquila, ha postato sui social il video “Questa ferrata è una magia”.
Ma la ferrata del Bertona non è piaciuta a tutti. Tre giorni prima dell’inaugurazione, il sito aquilano Newstown.it ha pubblicato un duro attacco firmato da Massimo Tudini e Mario Marano Viola, responsabili di Mountain Wilderness per l’Abruzzo. L’indomani, il documento è stato ripreso dal TG3 Abruzzo della RAI.
A dare peso alle parole dell’associazione è stata un’altra firma, quella di Giampiero Di Federico, guida alpina e simbolo dell’alpinismo sul Gran Sasso. Un ambientalista doc, che ha partecipato anni fa alle manifestazioni per salvare i massicci abruzzesi, e a iniziative di MW come la spedizione Free K2 e la contestazione della telecabina della Vallée Blanche sul Monte Bianco.
Dopo la diffusione dell’appello alcuni invitati all’inaugurazione della ferrata Bertona, sabato 13 settembre, hanno preferito non partecipare. Fernando Di Fabrizio si dichiara “dispiaciuto per non essere stato avvisato” da Di Federico e Mountain Wilderness, e ricorda che “la ferrata è una delle 14 iniziative che abbiamo preso insieme al Parco per sviluppare l’ecoturismo sul versante pescarese del Gran Sasso”.
Le contestazioni sono ovviamente legittime, ma alcuni punti meritano una riflessione. MW Abruzzo cita Carlo Alberto Pinelli, fondatore dell’associazione e guru dell’ambientalismo di montagna, secondo il quale le ferrate tolgono a chi le frequenta “la libertà di decidere il proprio itinerario”, e “non ci liberano dai condizionamenti urbani”.
Considerazioni giuste, certamente, ma che forse è eccessivo utilizzare non a proposito dei grandi itinerari attrezzati alpini (Via delle Bocchette del Brenta, Alleghesi della Civetta, cresta Ovest della Marmolada…) ma contro un itinerario su una piccola parete che non può essere certamente definita “wilderness”.
In alcune situazioni – il Monte Bertona, ma anche il Terminillo, nel Lazio, dove si pensa solo a nuovi impianti di risalita – anche una ferrata può essere un passo nella direzione giusta.
Pinelli, nel suo intervento citato da MW Abruzzo, scrive che le ferrate sono pericolose, perché invitano “gli escursionisti a sottovalutare il terreno e ad assumersi rischi superiori alle proprie capacità”. L’intervento di Daniele Perilli del SASA, citato da Di Fabrizio, sembra dimostrare che il problema non esiste.
Giampiero Di Federico è un amico, è un grande alpinista, è persona più che autorevole quando si parla di montagna e natura. Giorni fa, discutendo di questo problema, mi ha detto che secondo lui in Abruzzo stanno nascendo troppe ferrate. Ma è vero?
Secondo il sito Ferrate365.it in Italia esistono 440 vie attrezzate, che per altre fonti salgono a poco più di 500. Tra queste 76 sono in Lombardia, 43 in Piemonte, 40 nella piccola Valle d’Aosta. Il grosso, ben 243, è in Dolomiti e dintorni, tra Alto Adige, Trentino, Veneto e Friuli.
Ce ne sono 5 nella minuscola Basilicata (dove abbondano ponti “tibetani” e “voli dell’angelo”), 20 tra Emilia, Romagna e Toscana. E in Abruzzo? Ferrate365.it conta solo le cinque storiche del Gran Sasso (Ventricini, Danesi, Ginepri, Ricci, Bafile) più il Sentiero del Centenario, pochissimo attrezzato e in abbandono.
A queste, negli ultimi anni, si sono aggiunti i due brevi sentieri attrezzati del Passo del Cannone (Gran Sasso) e delle Murelle (Maiella), più uno di bassa quota a Pennapiedimonte. Certo, anche una sola ferrata può essere di troppo, ma una decina in tutto l’Abruzzo non dovrebbero far gridare allo scandalo.
La modesta opinione di chi scrive è che per qualche altro progetto simile alla ferrata del Bertona ci sia spazio, soprattutto in zone dell’Abruzzo dove il turismo di montagna e l’escursionismo sono poco presenti. Ai Parchi, al CAI, agli ambientalisti, ai social e a chi scrive per mestiere di montagna il compito di vigilare contro i veri – e sempre possibili! – scempi.
Qualche anno fa, dopo il restauro delle storiche ferrate del Gran Sasso, gestito dal Parco con fondi regionali, si è parlato di prolungare la ferrata del bivacco Bafile verso la Vetta Orientale del Corno Grande. Sarebbe stato uno scempio, negli ambienti più maestosi e selvaggi del Gran Sasso. Perché Mountain Wilderness Abruzzo non lo ha mai denunciato?
“le ferrate tolgono a chi le frequenta “la libertà di decidere il proprio itinerario””
In verità a me sembra invece l’esatto opposto a dirla tutta.. Le ferrate sono l’unico ad oggi possibile trait d’union tra l’escursionismo e l’arrampicata, e concedono la possibilità di raggiungere vette o luoghi altrimenti, in molti casi, non accessibili a chi non pratica arrampicata. Pensiamo ad esempio, restando concentrati sul Gran Sasso, alla Vetta Orientale al Gran Sasso, senza la Ferrata Ricci come potrebbe un escursionista raggiungere questa cima? Se penso poi al Corno Piccolo, certo percorsi per via escursionistica ma non attrezzata ci sono, ma le tre ferrate che vi permettono di arrivare, la Ginepri, la Ventricini e infine la Danesi, passano per itinerari che non danno alcun problema a coloro che arrampicano, ma al contempo permettono, a chi ha capacità superiori all’escursionismo base per poter passare per posti meno agevoli, senza tuttavia avere per tanti motivi possibilità di fare alpinismo in arrampicata, di vivere queste bellissime montagne per percorsi che ne esaltano l’unicità.
La verità è che gli arrampicatori pensano che queste montagne siano di loro esclusiva proprietà, non tengono minimamente in conto che anche chi non arrampica abbia diritto di poter mettere piede su una montagna, e non vogliono in realtà semplicemente gente tra i piedi. Spesso mi viene da pensare che cercano più che altro di evitare che magari si riesca un giorno a rendere tutte queste vette accessibili anche agli escursionisti. Penso sarebbe il loro incubo avere gente tra i piedi una volta arrivati sulla Vetta Centrale o sul Torrione Cambi..
Aggiungo, e chiudo, che chi scrive, tolta la ferrata del Centenario, le ferrate del GS le ha fatte tutte (la Ginepri giusto ieri), tornando ogni volta non solo a casa incolume ma anche con l’enorme piacere dato anche dal fatto di fare sempre cose alla sua portata senza mai mettere anche solo una volta a rischio la propria vita. Posso quindi rassicurare il sig. Pinelli che, almeno per quanto mi riguarda, nessuno qui è mai arrivato a “sottovalutare il terreno e ad assumersi rischi superiori alle proprie capacità”. Forse è il caso di trovare argomenti di critica un po’ più concreti se si vogliono buttar giù le ferrate..