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Angelo Abrate, “il pittore del Monte Bianco”. Guarda i suoi quadri più belli

L’artista e alpinista di origini torinesi raffigurò il Monte Bianco in centinaia di dipinti. Spesso realizzati direttamente in quota.

«Durante la scalata, a volte sostavamo in sicurezza in attesa che risolvesse un passaggio difficoltoso; notando che la corda non si muoveva, esprimevamo la nostra apprensione, ma lui avendo già superato il passaggio e per evitare le nostre rimostranze antipittoriche, stava già velocemente schizzando un bozzetto». Il protagonista di questo ricordo, nelle parole di un suo compagno di scalate, è Angelo Abrate. Pittore alpinista piemontese, Abrate è scomparso nel 1985, ma le sue opere – si stima siano 1800 tele – rimangono a testimoniare il suo amore per la montagna e in particolare per il Monte Bianco. A differenza di altri artisti, che vedono, schizzano e poi dipingono con calma nel loro atelier, Abrate ha sempre adorato la pittura all’aperto, a stretto contatto con il suo soggetto. Nel suo zaino, tele e colori non mancavano mai, anche nelle scalate più complesse.

Nato a Torino nel 1900, Angelo non appartiene a nessuna delle due categorie classiche degli scalatori del secolo precedente, dagli italiani e stranieri benestanti e appassionati d’alpinismo alle guide alpine nate nei villaggi ai piedi delle grandi vette. Abrate è figlio di un calzolaio e di una casalinga. Quando il bambino ha otto anni, la famiglia si trasferisce a Marsiglia in cerca di fortuna. Non ci sono soldi per far studiare Angelo, che viene presto avviato al lavoro come operaio. In Francia il ragazzino si innamora delle Calanques, il che diventano la meta delle sue passeggiate nel tempo libero.

Tra i 14 e i 16 anni il futuro “pittore del Monte Bianco” inizia a sentire il richiamo delle vette e fa pressioni sulla famiglia perché facciano ritorno a Torino. E ci riesce. A Torino, città che gli offre lavoro come operaio meccanico, nelle giornate limpide e terse sembra di poter toccare il Monviso e altre cime. Abrate è catturato dal fascino delle montagne ma nel contempo cerca di farsi una cultura. Legge i classici e studia il tedesco, da autodidatta: lo stesso approccio che avrà nei confronti dell’arte. Gli anni Venti sono un periodo importante per il giovane, che entra nel 1923 nel Club Alpino Accademico Italiano e qualche anno dopo nel francese Groupe de Haute Montagne.
A Sauze d’Oulx si imbatte in Cesare Maggi, pittore divisionista celebre per i suoi paesaggi di montagna, che diventa per lui un maestro e un amico. Altri punti di riferimento nel suo percorso artistico sono Ferdinand Hodler e Giovanni Segantini.

Abrate ha già iniziato a dipingere la montagna dal vivo e a metà degli anni Venti a Torino tiene la sua prima esposizione personale, cui seguiranno Chamonix, Milano, Parigi… Anche la sua vita personale va a gonfie vele: si innamora di Gemma e nel 1927 i due convolano a nozze. I successi artistici gli consentono di lasciare il lavoro e dedicarsi totalmente alla pittura. La coppia va a vivere a Chamonix, poi a Sallanches, in Alta Savoia.

L’alpinismo è una passione costante nella sua vita. Quando viveva a Torino aveva conosciuto i fratelli Francesco, Pietro e Zenone Ravelli, noti come artefici di bivacchi d’alta quota.
Angelo, grazie alla sua esperienza di lavoro, impara a forgiare i suoi chiodi da solo. Il 28 luglio 1923 Abrate insieme a Francesco Ravelli e Guido Alberto Rivetti dal Col des Petites Jorasses raggiunge la vetta dell’Aiguille de Leschaux (3759 m), una cima importante del massiccio del Monte Bianco lungo il confine fra Italia e Francia. È una delle imprese più rilevanti del pittore alpinista. La spatola e i colori sono nello zaino, ma l’ascesa in gruppo non sempre si concilia con le soste per dipingere. Prende così l’abitudine di muoversi anche da solo, per raggiungere anche altitudini rilevanti dove fermarsi a lavorare, circondato dall’aria frizzante, dal silenzio, dal riverbero della neve, dalle sfumature di luce che si trovano in alta quota. È così che dobbiamo immaginarcelo quando guardiamo i suoi quadri, avvolto in una relazione empatica e spirituale con il gigante alpino che ha di fronte a sé, immerso in un paesaggio di cui è al contempo osservatore esterno e parte integrante.

Il tempo scorre e nel 1942 Gemma muore di malattia. Abrate, con l’aiuto della madre, si prende cura del figlio Alberto. Sono anni difficili, che nella pittura si traducono – come osserva Oscar A, che ha curato una mostra dedicata ad Abrate nel 2019 a Sallanches ed è pronipote dell’artista – in un progressivo cambiamento di stile: abbandona la spatola e i colori del periodo giovanile e prende in mano il pennello, esercitandosi su sfumature più sottili. La casa del pittore viene requisita durante la guerra, Angelo riesce a riaverla solo nel 1950. Poi, a dieci anni dalla scomparsa della moglie decide di risposarsi.

Con gli anni Sessanta e Settanta, l’alpinista si avventura sempre meno in scalate rischiose, ma come artista prosegue la sua ricerca dipingendo sempre le sue montagne e il Monte Bianco, che a Sallanches domina il borgo. Ormai è un pittore di montagna rinomato, anche nella capitale. Il suo studio è frequentato da giovani che vogliono imparare da lui e lo accompagnano nei suoi trekking, a caccia di paesaggi. Angelo ormai ha piacere di condividere la sua esperienza: nel 1973 scrive il libro autobiografico L’ultima tela in cui rievoca il suo percorso umano e artistico.

Nella sua Sallanches si fa promotore nel 1978 di una mostra in cui nomi emergenti nella pittura di montagna affiancano i pittori già affermati. Affetto negli ultimi anni di vita dalla cataratta che gli rende sempre più difficoltoso dipingere, senza scoraggiarsi Angelo continuerà a lavorare fino alla fine. Scompare nel settembre 1985, e per sua volontà Sallanches è destinatario di un lascito di alcune opere. Altre sono tuttora vendute da gallerie o fanno parte di collezioni private. Il respiro delle montagne di Angelo Abrate, la poesia del ghiaccio e della neve non hanno ancora smesso di incantare il pubblico appassionato d’arte e di montagna, che nel suo pennello riconosce la grandezza di un grande pittore e cantore dell’elegia alpina.

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