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Rifugio Giovanni Pedrotti alla Rosetta, dal 1889 guardiano delle Pale di San Martino

La storica e amatissima struttura del Trentino è gestita da 40 anni da Mariano Lott e Roberta Secco: “Questa è la nostra vita, non una semplice esperienza”

“Di che colore? Si può trovare un aggettivo esatto per definire quella tinta così diversa da tutte le altre montagne, che al sottoscritto, ogni volta che ci fa ritorno e la rivede provoca un trasalimento interno, risollevando ricordi struggenti? No un aggettivo non esiste…Esse rappresentano l’unico spettacolo della natura col quale i pittori, per quanto bravi, non ce l’hanno mai spuntata…”, scrive Dino Buzzati, giornalista, scrittore e alpinista, assiduo frequentatore delle Pale di San Martino.

Ammirare il colore delle guglie delle Pale, che si ergono da quello che è uno degli altopiani più estesi delle Alpi, magari all’alba o al tramonto o di notte con il cielo punteggiato da stelle, è una delle esperienze più belle che si possano fare dormendo al rifugio Giovanni Pedrotti alla Rosetta (2581 m), dove un cartello, con vari punti, scritto e voluto dai gestori, accoglie gli avventori, riassumendo le caratteristiche di un “vero rifugio”, con il seguente titolo: “Benvenuti in montagna, dove il vero lusso è la vita semplice”.

Semplicità è la parola d’ordine

L’idea del cartello è nostra”, racconta Mariano Lott, guida alpina che da 40 anni gestisce il rifugio con la moglie Roberta Secco, “per cercare di trasmettere ai nostri ospiti la vera essenza della montagna. Oggi ci sono molte persone che fanno richieste fuori luogo, cerchiamo di collaborare alla creazione di una cultura montanara, quindi la conoscenza e la vera identità del rifugio”.
Il rifugio è raggiungibile a piedi da parecchi sentieri di ogni difficoltà, ma è anche molto vicino alla funivia della Rosetta che parte da San Martino di Castrozza. I suoi frequentatori sono, quindi, molto eterogenei da escursionisti e alpinisti che pernottano con l’idea di proseguire lunghi trekking oppure di cimentarsi in qualche salita sulle Pale, a semplici turisti: “Sono 40 anni che facciamo questo lavoro. In questi anni abbiamo visto un cambiamento a livello qualitativo e quantitativo; dopo il 2020 il flusso è aumentato di molto, con conseguenze negative sotto molto aspetti dall’educazione alla montagna alla non conoscenza della stessa. Ora la gente va in vacanza in montagna con l’idea di rilassarsi ma porta con sé tutto lo stress della città. Vogliono tutto e subito”, continua Mariano Lott.

Tempi e richieste diverse da quelle degli alpinisti che solevano frequentare il rifugio, come lo stesso Dino Buzzati che si è ispirato alla solitudine e al carattere rude e selvaggio dei 50 chilometri quadrati dell’altipiano di roccia, per scrivere il Deserto dei Tartari: “Lì, guarda in fondo quella macchia, vicino all’orizzonte. E’ la colonna dei Tartari che sembra avanzare”. Non ci sono conferme o documenti ma è probabile che il Rosetta fu frequentato anche dallo studioso e antropologo austriaco Karl Felix Wolff, che riordinò e scrisse di alcune leggende delle Dolomiti, tra le quali quelle delle Comélle, streghe che si muovevano di notte sul Ghiacciaio della Fradusta.

Tutto iniziò nel 1889

La struttura originaria fu una delle prime costruite dalla SAT (Società Alpinisti Tridentini). Nel 1889, era una piccola e semplice costruzione a locale unico. Negli anni venne più volte rimodernata per soddisfare il crescente numero di avventori e, nel 1931, poteva ospitare una quarantina di alpinisti. Precedentemente, non passò indenne il periodo della Grande Guerra e, in seguito, neanche quello della Seconda Guerra mondiale, quando la costruzione fu incendiata dai tedeschi, per rappresaglia.
La realizzazione della funivia della Rosetta, nel 1957, consente un semplice accesso, ma non ha snaturato l’idea di rifugio e la funzione di punto di appoggio per alpinisti e trekker impegnati anche in lunghi percorsi, accogliendo però anche chi non intende allontanarsi troppo dagli impianti: “tanta gente sale con la funivia per il solo pranzo, completamente inesperta… nel pomeriggio, però, concluso il pranzo, spariscono tutti. Ecco allora che arrivano gli alpinisti, la gente che pernotta e che cammina tutto il giorno seguente”.
La ristrutturazione del 1999/2000 ha reso la struttura più moderna, confortevole e sostenibile dal punto di vista ambientale, consentendo l’apertura anche in alcuni periodi della stagione invernale. Senza snaturarne la filosofia, riportata in un altro dei punti del cartello di sui sopra: “Il lusso: 4 pareti ed un tetto che ci riparano dalle intemperie, una stufa accesa che scalda l’ambiente e il cuore”.
La gestione del rifugio richiede varie capacità e molto impegno: “direi che non c’è una maggiore difficoltà, rispetto ad un’altra. Grazie ai nostri 40 anni di esperienza ora riusciamo ad organizzare il lavoro in maniera efficiente. Tutto sta a quanto ti piace il tuo lavoro. Noi siamo una coppia e abbiamo sempre gestito tutto insieme, ritengo quindi che ognuno abbia i propri doveri e compiti, e dove manca uno c’è l’altro. Gestire un rifugio non è un’esperienza…è la nostra vita”.

Come arrivare al rifugio

Il rifugio è dedicato a Giovanni Pedrotti, presidente della SAT, dal 1925 al 1928. Fu alpinista, fotografo e naturalista. La struttura si trova sull’altipiano delle Pale di San Martino, nei pressi del Passo della Rosetta, con una vista ravvicinata sulle Pale, tra le quali spiccano il Cimon della Pala e la Cima Vezzana. Poco oltre, lo sguardo spazia su molti altri gruppi dolomitici, tra i quali, il Monte Pelmo, il Civetta e le Tre Cime di Lavaredo.

E’ raggiungibile con diversi itinerari, i principali:
– 15 minuti con la funivia della Rosetta, da San Martino di Castrozza.
– 3/4 ore da San Martino di Castrozza, con il sentiero 702
– 2.30 / 3 ore da San Martino di Castrozza, con il sentiero 701

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