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Luca Sinigaglia e Natalia Nagovitsyna rimarranno per sempre sul Pik Pobeda

La decisione delle autorità del Kirghizistan di interrompere ogni operazione in quota, mette la parola fine anche al tentativo di riportare a valle i corpi dei due sfortunati alpinisti

Tutti a casa. Così hanno deciso le autorità del Kirghizistan, sottolineando l’impossibilità di effettuare altre operazioni sulla montagna se non a rischio di esporre i soccorritori a gravi pericoli. Una decisione che ha suscitato altre polemiche, ma che mette la parola fine a questa drammatica stagione del Pik Pobeda.
Natalia Nagovitsyna si trovava in una tenda a 7150 metri di quota dal 12 agosto, bloccata da una gamba fratturata. Nonostante il materiale ricevuto dai primissimi soccorritori aveva probabilmente esaurito da tempo le scorte alimentari e di gas  per il fornelletto, inoltre le sue condizioni fisiche erano apparse assolutamente precarie fin dall’inizio. Nonostante ciò il 20 agosto era ancora viva, come hanno mostrato le riprese effettuate da un drone nelle quali si vede l’alpinista russa fare ampi gesti in direzione del velivolo. Anche per questo motivo si era deciso di provare il tutto per tutto, sia via terra che utilizzando un elicottero pilotato da Manuel Munari e Marco Sottile, sul quale avrebbero dovuto prendere posto Michele Cucchi, e dalla guida alpina Michele Cucchi, la guida alpina russa Alexander Semenov, capace di conquistare due volte lo Snow Leopard e il dronista d’alta quota del Kazakhstan Andrey Maglevanyy.

Poi la decisione del Kirghizistan, che ha dichiarato ufficialmente morta Natalia Nagovitsyna e revocato ogni autorizzazione di volo. Di conseguenza sarà anche impossibile recuperare il corpo di Luca Sinigaglia stroncato da un edema cerebrale a 6.900 metri di quota dopo avere raggiunto la vetta e, in fase di discesa, avere ampiamente rallentato il rientro al campo-base per portare i primi soccorsi alla Nagovitsyna. Comprensibile, in questo caso, lo sgomento dei famigliari per il veto posto, di fatto, al recupero della salma.

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