Turismo

Craveggia, il borgo del Tesoro e dei cento camini

Il paese della Val Vigezzo a quasi 900 metri di quota conquista da lontano con i suoi numerosissimi camini. Ma nei suoi edifici sacri è custodito un sorprendente tesoro, che racconta dell’abilità dei gioiellieri locali

Siamo in Val Vigezzo, una delle sette valli laterali della Val d’Ossola. Qui, a quota 889 metri, c’è un borgo di circa 800 residenti, ricco di sorprese: Craveggia. Basta fare due passi nel centro storico, per capire che questo non è il classico paesino di montagna. Maestose case private in pietra, erette fra il Quattrocento e l’Ottocento presentano affreschi sulle facciate, e anche al loro interno. La chiesa parrocchiale barocca dei Santi Giacomo e Cristoforo ha i capitelli delle colonne rivestiti in lamina di oro zecchino. Tanta bellezza richiede denaro. «Craveggia è stata per secoli terra di emigrazione», racconta Marco Dardo, insegnante in pensione ed esperto di cultura locale. «Questa è anche la chiave di lettura per comprendere anche una grande attrazione di Craveggia: il Tesoro della chiesa parrocchiale». Non si tratta della solita collezione di paramenti sacri, che hanno molte chiese. Craveggia possiede oggetti che figurerebbero bene anche in un grande museo.

Molti dei craveggesi sono andati all’estero a lavorare fin dal XVII secolo. La Francia era una destinazione: dal 1515, dopo la battaglia di Marignano, il ducato di Milano che includeva la Val Vigezzo era diventato possedimento francese, almeno per un periodo. In origine, i migranti da Craveggia erano spazzacamini, adulti e bambini. I piccoli servivano infatti per inoltrarsi nei passaggi più stretti. «Si racconta di un garzone spazzacamino che lavorava per Giovanni Pidò di Craveggia», spiega Francesco Gaiardelli, presidente del Distretto turistico dei Laghi, dei Monti e delle Valli dell’Ossola. «Il ragazzino era al lavoro in uno dei palazzi reali di Francia a Parigi quando ebbe modo di origliare di una congiura ai danni del re. Raccontò tutto a Pidò, che riferì alla dama di corte Eleonora Dori, la quale informò la regina e la notizia giunse al sovrano. Per gratitudine, il re di Francia Luigi XIII nel 1613 concesse agli abitanti di Craveggia il diritto di commerciare liberamente su tutto il territorio francese». Che sia verità o leggenda, come si può immaginare il lavoro dello spazzacamino non rendeva tanto. «Per sopravvivere era necessario avere anche un piccolo commercio, in tessuti, pelle, chincaglierie», puntualizza Dardo. «Ovviamente gli ambulanti francesi osteggiavano gli stranieri. La pergamena di Luigi XIII afferma che questo privilegio viene concesso ai “lombardi”: i vigezzini erano considerati tali, per via dei legami con il ducato di Milano. La concessione del 1613 riguarda gli abitanti di tre villaggi: Craveggia, Malesco e Villette».

Spazzacamini e gioiellieri

La possibilità di commerciare su tutto il territorio francese crea nuove prospettive. E chi si dà da fare, ottiene un avanzamento economico e sociale. «Due famiglie di Craveggia hanno l’incarico di manutenere i camini di tutti palazzi reali, inclusa la reggia di Versailles», aggiunge Dardo. «Qualcun altro nel tempo da spazzacamino diventa fumista, cioè costruttore dei sistemi di riscaldamento e dei camini stessi. Come i De Zanna di Zornasco, che si occupano di dimore reali a Torino e a Vienna». Ma c’è una famiglia di Craveggia che emerge in particolare. Sono i Mellerio, anche loro in origine spazzacamini, poi diventati gioiellieri della corte di Francia. A loro è strettamente collegato il Tesoro. «In Val Vigezzo c’erano miniere di smeraldi, granati, quarzo ialino. E in Val Formazza di quarzo ametista», spiega Dardo. «Le pietre preziose andavano sfaccettate e lavorate per essere montate su oggetti e monili. Probabilmente, i Mellerio conoscevano la tecnica». E quando vengono aperte le porte al commercio ai craveggesi, i Mellerio e un’altra famiglia, i Borgnis Gallanty, mostrano a corte le loro creazioni e fanno fortuna. Senza mai recidere i legami con Craveggia: tant’è che gli uomini Mellerio in Francia per un lungo periodo sposano solo donne di Craveggia. I Mellerio, i Borgnis Gallanty e in seguito i Dell’Angelo entrano a far parte della storia della gioielleria, sopravvivendo ai cambiamenti di regime.

Il Tesoro

Si deve alle donazioni dei Mellerio alla chiesa parrocchiale l’origine di una parte cospicua del Tesoro. Tre elementi importanti sono il piviale e la pianeta (entrambi paramenti liturgici usati in occasioni solenni, ndr) ricavati dall’enorme strascico del manto nuziale di Maria Antonietta, regina di Francia, e il drappo funebre di Luigi XIV, il Re Sole, esposto oggi nella cripta dell’oratorio di Santa Marta a Craveggia. «Il drappo, grande tre metri per tre, reca decorazioni in oro, argento e sei medaglioni ricamati in gobelin con scene dal Vecchio e Nuovo Testamento. È stato conferito da un membro della famiglia Guglielmazzi, il cui fratello aveva sposato Caterina, figlia di Jean François Mellerio. Probabilmente è stato nascosto e in questo modo è sfuggito alle distruzioni della Rivoluzione Francese», commenta Dardo. Un altro oggetto prezioso è un ostensorio in oro vermeil, realizzato in tre esemplari per il matrimonio di un Mellerio: uno si trova a Notre-Dame, uno in Vaticano e l’altro è stato donato nel 1829 alla chiesa parrocchiale di Craveggia. C’è anche una statua lignea di Gesù Bambino, creata da un artigiano locale e vestito con un abito di seta. L’aureola a raggiera sulla testa della statua e la croce sono opera dei Mellerio. Come anche lo stiletto preziosissimo e la corona della statua della Madonna Addolorata, che viene portata in processione a settembre, realizzati e regalati intorno al 1840. I Mellerio non sono gli unici donatori: hanno contribuito al Tesoro altri benefattori locali e anche i Borgnis Gallanty. Fra i doni più recenti, un calice in platino, dato nel 2003 da un Mellerio in occasione delle nozze della figlia. «Un’altra famiglia locale, i Cottini, ha donato 13 quadri a olio su rame, attribuiti al pittore fiammingo Pauwel Frank all’inizio del Seicento, provenienti dalla Cappella Reale di Versailles», conclude Dardo. Per una visita guidata al Tesoro, è obbligatoria la prenotazione il giorno prima entro le ore 12 al numero 350-5250508 o scrivere a tesorodicraveggia@gmail.com.

Dopo aver visto il Tesoro, la domanda è di rito: che fine hanno fatto i Mellerio? La Maison Mellerio ha tutt’ora un prestigioso negozio di gioielleria in rue de la Paix a Parigi e nel 2013 ha festeggiato i 400 anni di attività. Hanno realizzato il Ballon d’Or, dal 1956 dato al miglior calciatore, e il trofeo assegnato al Roland Garros.  Alcuni discendenti della famiglia, ormai numerosi, hanno casa a Craveggia e vengono in vacanza nel borgo. A riprova del legame mai reciso con la loro terra, vari Mellerio hanno scelto di essere sepolti nella cripta dell’oratorio di Santa Marta.

La sfida al camino più alto

A Craveggia i palazzi di pietra dai tetti in piode, i cui camini sembrano fare a gara in altezza, convivono con un importante patrimonio di edifici religiosi: tre chiese, un battistero, sei oratori. Per quanto in passato la popolazione sia stata più numerosa, questa presenza si fa notare. «Abbiamo un debito di riconoscenza con San Carlo Borromeo, che durante la Controriforma arricchì queste terre di edifici religiosi», commenta Francesco Gaiardelli. La ricchezza architettonica del luogo vanta alcune aggiunte novecentesche, firmate dall’architetto milanese Giovanni Greppi, autore di numerosi sacrari negli anni Trenta e coprogettista della sede della Cariplo in via Verdi a Milano. Greppi veniva in vacanza a Craveggia e per sé realizzò nel 1924 Villa Greppi. Altre abitazioni private in paese da lui progettate sono Villa Argentina e Villa Valesi.

L’era delle lunghe migrazioni in Francia dei craveggesi è da tempo finita. Oggi tutt’al più qualcuno fa il frontaliere con la vicina Svizzera. Il turismo rappresenta un’importante voce di entrate. «Tanti milanesi e varesini vengono in Val Vigezzo in residence e seconde case, soprattutto nei weekend e d’estate», dice Gaiardelli. «Un esempio? A Santa Maria Maggiore, che ha 1350 residenti, con i villeggianti si arriva 22 mila persone nel periodo estivo».

A piedi verso Bagni di Craveggia

Per chi è un camminatore ben allenato una passeggiata impegnativa ma di indubbio fascino porta a Bagni di Craveggia, uno storico alpeggio del paese, al confine con la Svizzera. Si parte dall’alpe Blitz (1200 m) dove si può parcheggiare. Si seguono le indicazioni per il Monte Ziccher  (sentiero M37) e poi si prende M43 fino alla bocchetta di Sant’Antonio (1841 m). Si procede poi in direzione Alpe Isornia Sopra, poi in fondovalle, attraversando due torrenti, e si scende fino a Bagni di Craveggia (986 m). Il percorso andata e ritorno è di circa 18 chilometri e bisogna calcolare circa 8 ore. Bagni di Craveggia era una località termale: nel 1823 fu aperto un albergo, nato però sotto una cattiva stella. Dopo un incendio nel 1881, è stato ricostruito e fu nuovamente distrutto nel 1951 da una valanga. Dell’edificio restano le rovine. Il Comune di Craveggia insieme alla Comunità Montana ha realizzato due vasche all’aperto, in cui è possibile immergersi liberamente nelle acque termali. Per chi non se la sentisse di affrontare una camminata così lunga, è possibile raggiungere Bagni di Craveggia dalla Valle Onsernone, in Svizzera, parcheggiando a Spruga e affrontando un breve tratto a piedi.

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