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Monte Bertona, le falesie, la nuova ferrata e il Parco

La ferrata del Monte Bertona, breve ma verticale, che verrà inaugurata ai primi di settembre è la bandiera di un progetto di sviluppo che coniuga sport, natura e riscoperta del versante pescarese del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga

Quanti versanti ha il Gran Sasso? Molti frequentatori del massiccio, escursionisti o alpinisti, risponderebbero “due” senza esitare.
Da un lato il versante in provincia dell’Aquila, con l’altopiano di Campo Imperatore, i suoi borghi, le sue creste che ospitano rifugi e sentieri in vista della piramide calcarea del Corno Grande.  

Dall’altra parte, in territorio di Teramo, le grandi pareti rocciose scendono verso i boschi di faggio che circondano Pietracamela e i Prati di Tivo, e poi Fano Adriano, Isola del Gran Sasso e Castelli. Muraglie come il Paretone del Corno Grande e la Nord del Camicia danno a questo settore un’imponenza assoluta. 

Ma il Gran Sasso ha anche un terzo versante, meno noto ma non meno affascinante, che scende a est, in provincia di Pescara. Culmina in vette un po’ meno alte delle altre, ha al centro l’altopiano di pascoli del Voltigno. A renderlo famoso, purtroppo, è stata la valanga di Rigopiano, 39 vittime, caduta nel gennaio del 2017 dai canaloni del Monte Siella. 

“Porta” del versante pescarese del Gran Sasso e del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga è la storica cittadina di Penne, affiancata da un lago artificiale ricchissimo di avifauna. Più in alto, tra Farindola, Montebello di Bertona e Villa Celiera, la montagna diventa aspra e rocciosa, incisa dal canyon del Vallone d’Angri, e ricca di pareti e torrioni calcarei.  

Per decenni, dall’Oasi WWF che tutela il Lago di Penne sono partite le battaglie per la tutela del massiccio. Nel 1992, la prima reintroduzione del camoscio sul Gran Sasso si è svolta nei valloni rocciosi a poca distanza da Farindola.

Come riparte un’area sconosciuta (ai più) del Parco

Oggi il rilancio di questo settore del Parco ha al centro la riattrezzatura delle storiche falesie della zona, e la costruzione di una breve e verticale via ferrata. Se si pensa al resto del massiccio, e all’abbandono degli impianti dei Prati di Tivo e del Sentiero del Centenario, non è un risultato da poco.    

Cuore del progetto è il borgo di Montebello, Mundibbèlle nel dialetto locale, che sorge ai piedi dei 1220 metri del Monte Bertona. Siamo in un territorio di confine tra campagna e montagna, affacciato sul Mare Adriatico, ricco di storia e leggende. 

L’esplorazione del roccioso versante settentrionale del Monte Bertona, e delle vicine pareti della Valle d’Angri e di Rigopiano, è iniziata cinquant’anni fa grazie ai primi alpinisti di Penne e dintorni. Negli anni, i siti di scalata e le vie si sono moltiplicati, le difficoltà superate hanno raggiunto l’8b, e la zona è diventata un autentico laboratorio verticale. 

L’elenco delle falesie esplorate e attrezzate comprende la Grotta del Lupo di Rigopiano, la Ripa, Pietrarotonda di Arsita, Ombra e Sole, la Sportella di Farindola, Pietra Bianca (spesso indicata come Jacovone), e soprattutto il Verdin. Quest’ultimo nome, com’è ovvio, è stato scelto da un gruppo di climber locali che avevano arrampicato in Verdon e nelle Calanques. La natura dei luoghi, con canyon, faggete, tracce del lupo e nidi di rapaci è abruzzese al 100%. 

Negli ultimi anni, hanno attirato i climber nella zona manifestazioni come la Maratona Verticale e il progetto I Colori delle Rocce. Per anni, però, il divieto di scalata sulle rocce del Verdin ha ridotto l’interesse del comprensorio. Da qualche anno, finalmente, il dialogo tra l’amministrazione comunale di Montebello di Bertona e il Parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga ha avviato una spirale positiva. 

Oltre che al sindaco Gianfranco Macrini e a Tommaso Navarra, presidente del Parco, il merito di questa evoluzione è della guida alpina Gino Perini, originario di Penne, e di Fernando Di Fabrizio, fotografo e filmmaker specializzato in montagna e natura, e fondatore della cooperativa Cogecstre, che gestisce la Riserva naturale di Penne e i suoi servizi. 

Tra le novità, accanto all’apertura e alla riattrezzatura delle falesie, spicca la nuova ferrata del Monte Bertona, che verrà inaugurata nei primi giorni di settembre. “La ferrata prende ispirazione dalle vie degli anni Settanta. Non è un’opera invasiva, ma un omaggio alle vie aperte con martello, chiodi e cunei di legno, un gesto di continuità tra l’alpinismo esplorativo e l’escursionismo verticale protetto”, spiega Fernando Di Fabrizio. 

“Sul Bertona non si conquista nulla. Si arrampica su una linea verticale ed esposta, si vedono il bosco dall’alto e in lontananza la linea orizzontale del Mare Adriatico. Il tracciato della ferrata, lungo la cresta Est della montagna, non interferisce con le vie di arrampicata esistenti. Un segno moderno, ma fedele allo spirito originario della montagna”, conclude Di Fabrizio. 

“Per me, l’alta valle del Tavo è stata la porta della montagna e dell’alpinismo, che mi ha portato a diventare guida alpina. Avevo vent’anni, facevo parte di una piccola comunità di pionieri che, con qualche chiodo e molta immaginazione, ha iniziato a disegnare nuove linee sulla roccia”, aggiunge la guida Gino Perini.  “Aver collaborato con Fernando Di Fabrizio a ideare e a realizzare la ferrata di Monte Bertona è stato un modo nuovo per valorizzare la bellezza di questi luoghi. Ho cercato di offrire al territorio un nuovo punto di vista, un modo diverso di leggere la roccia, di viverla, di condividerla. Per farlo, ho messo a disposizione l’esperienza di una vita”, conclude Perini. 

“La ferrata e la riattrezzatura delle vie sono solo una parte del nostro impegno. Montebello di Bertona ha partecipato al bando NextAppennino, delle Regioni colpite dai terremoti del 2009 e del 2016-’17, con tre progetti distinti”, spiega il sindaco Gianfranco Macrini.

“Ci sono anche un centro visite nella ex “casa fungo”ai piedi del Monte Bertona, l’Incubatoio della Biodiversità promosso dall’Ente Parco che è stato inaugurato il 22 luglio, e le Ciclovie della Transumanza che hanno come capofila il Comune di Cugnoli. Anche qui si punta a integrare la mobilità dolce con la valorizzazione del territorio” conclude il primo cittadino.

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