Itinerari

In vetta al Cridola al confine tra Carnia e Cadore

Escursione non per tutti ma di grande soddisfazione in uno degli angoli meno frequentati delle Dolomiti d’Oltrepiave

Con i suoi 2581 metri di altitudine il Monte Cridola è un magnifico castello dolomitico che si eleva in territorio veneto al confine tra Carnia e Cadore, tra le Dolomiti d’Oltrepiave e le Dolomiti Friulane.

La sua cima si raggiunge lungo un percorso articolato, che può essere affrontato da tre versanti, quello settentrionale partendo da Lorenzago di Cadore lungo la Val Cridola, da Ovest partendo dal Rifugio Padova oppure da Est, partendo da Forni di Sopra.

È da quest’ultimo che lo abbiamo ripetuto pochi giorni fa, salendo per il Rifugio Giaf, la Forcella Scodavacca e la Tacca del Cridola, punto da cui passano tutti e tre gli itinerari.

Nella parte finale del percorso ci si muove tra campanili e torri di dolomia che paiono sfidare la forza di gravità, per forma e dimensioni. Il consiglio è, pur rimanendo concentrati su ogni passo che si fa, di fermarsi e voltarsi di tanto in tanto a osservare il magnifico ambiente da cui si è circondati, abitato da straordinarie formazioni rocciose.

La montagna venne “conquistata” nell’agosto del 1884 grazie all’intuito di Julius Kugy, accompagnato dalla guida cadorina Pacifico Orsolina. In occasione di una campagna di salite nel gruppo delle Marmarole, valicando il Passo della Mauria, Kugy notò la magnifica cima: “Mentre dall’alto del valico scendevo verso la vallata del Piave, vidi aprirsi alla mia sinistra una valletta breve, ma grandiosa, con nello sfondo una stupenda forma dolomitica. Sorpreso da tanta bellezza mi domandavo come mai si chiamasse quel monte turrito, “El Crìdola”, mi disse infine un uomo che lavorava in un pascolo. E la via per salirci? “Su la croda del Cridola no se ghe vien” fu la risposta”. Colpito dal fatto che esistesse una cima dolomitica ancora vergine, l’esploratore delle Alpi Giulie si organizza senza perdere tempo e dopo aver cercato invano a Lorenzago qualcuno che lo accompagnasse, manda a chiamare l’Orsolina.

Questi riesce a individuare i punti deboli del versante settentrionale e una volta sulla Tacca del Cridola, punto noto e già molto praticato dai cacciatori di camosci del tempo, si guadagna, metro per metro, la grandiosa salita in un tortuoso percorso che affronta diverse paretine di roccia, che lo stesso Kugy ricorda essere spesso molto friabile.

Oggi i passaggi su roccia sono relativamente sicuri e “puliti” grazie ai numerosi salitori, ma è sempre bene porre estrema attenzione a tutti gli appigli e gli appoggi a cui ci si affida, senza caricarli troppo. È bene inoltre porre molta attenzione lungo tutto il percorso, soprattutto nei tratti più facili, a non smuovere sassi.

In tutto il percorso, ottimamente indicato con segni e frecce rosse, si trovano solamente due chiodi, ma ci sono diversi spuntoni dove eventualmente poter creare ancoraggi con fettucce o cordini per assicurare con uno spezzone di corda da dieci metri chi non se la sente di progredire in libera, soprattutto in discesa.

L’itinerario

Partenza: Loc. Chiandarens (con l’auto salire fino a poco prima del ponte fino al divieto di accesso, a poco più di 1000 metri di quota)
Arrivo: Cima Est del Monte Cridola 2581 m
Dislivello: + 1500
Tempo di percorrenza: 8 ore (a/r) andata e ritorno)
Difficoltà: EE, quattro paretine di I e II grado
Attrezzatura: casco; eventualmente un cordino da dieci metri e qualche moschettone

Dal parcheggio seguire la stradina diretta al Rifugio Giaf e poco oltre imboccare il sentiero diretto. Dal rifugio (40 minuti) seguire il segnavia Cai 346, prima nel bosco poi su terreno aperto, fino a Forcella Scodavacca(1.30 h). Dalla forcella salire ripidamente a destra per una traccia di sentiero e su terreno detritico ripido e faticoso, raggiungendo la Tacca del Cridola (30 min).

Dalla Tacca, seguendo i segni e gli ometti di pietre, ci si inoltra verso la parete abbassandosi per una decina di metri e risalendo poi un canale detritico fino a una paretina di tre metri circa (II grado). Da qui si raggiunge una cengia che, percorsa verso destra aggira uno sperone e immette in uno stretto canale. Salire per una trentina di metri le rocce alla destra del canale (II grado, poi I), raggiungere un’esile crestina, seguirla verso destra, salire un breve canale di roccette ed erba fino a una nuova forcella. Per una cengia in discesa traversare a sinistra su rocce gessose e biancastre, raggiungendo un largo canalone (I, passaggi di II). Salire per un centinaio di metri nel mezzo del canalone fin poco sotto la cima. Superare una paretina verso sinistra (II) al di sopra della quale un canale di rocce marce conduce alla crestina finale e alla stretta cima (1 30 ore).

Da vedere

A Forni di Sopra merita una sosta la chiesetta di San Floriano, monumento nazionale.
Si trova accanto alla chiesa parrocchiale di Forni, che a sua volta contiene tre begli altari lignei seicenteschi.
La chiesa di San Floriano ospita, sulle pareti e tra le volte della copertura, un ciclo di affreschi del pittore rinascimentale Gianfrancesco da Tolmezzo (1450-1511); al centro, nell’abside, campeggia inoltre una preziosa pala del Bellunello, un polittico firmato e datato 1480, con al centro il santo dedicatario e ai lati santi e sante.

Come arrivare

Si esce dalla A27 a Longarone, quindi SS51/51bis fino a Lozzo di Cadore e SS52 fino a Forni di Sopra. Dal paese si procede in direzione di Passo della Mauria fino alla località Chiandarens dove si imbocca la stradina diretta al Rifugio Giaf.

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