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83 morti in montagna in un mese. Sono davvero troppi

I numeri presentati dal capo del Soccorso alpino Maurizio Dellantonio sono impressionanti e indicano anche un aumento del 20% degli interventi da parte del CNSAS

83 morti in un mese. Fa male il numero che sabato, in un’intervista al Corriere della Sera, Maurizio Dellantonio ci ha sbattuto in faccia in tutta la sua cruda drammaticità. Il capo del Soccorso alpino si riferiva al periodo 21 giugno-23 luglio, ovvero all’inizio della bella stagione ed è dunque lecito immaginare che questa macabra contabilità possa essere pesantemente aggiornata nelle prossime settimane.
A fare ulteriormente riflettere sono alcune considerazioni di Dellantonio: “un’estate con così tanti decessi non la ricordo”: E, ancora “Il numero degli interventi supera la media del 20 %”. Costa sta succedendo, lassù? Questa è la domanda che è inevitabile porsi. Di tutto, è la risposta.

Secondo Dellantonio il 60% degli interventi riguarda escursionisti. Sono loro l’anello debole dei frequentatori della montagna. Certo, sono anche i più numerosi, ma è tra loro che si trovano i più impreparati, quindi soggetti a rischi e incapaci di una corretta valutazione degli stessi.
Dellantonio punta l’attenzione anche sul deleterio spirito di emulazione scatenato da certe foto sui social: Poco male se si tratta di seguire le orme dell’influencer di turno che ha immortalato le Odle dal Seceda o le Tre Cime di Lavaredo, ma quando l’immagine che fa scattare “il voglio farlo anch’io”, riprende un ghiacciaio, una cima o un passaggio adrenalinico la musica cambia. Così i soccorritori del CNSAS vanno a togliere dai guai persone sulle ferrate senza il necessario kit, gente che si avventura sui ghiacciai calzando i mocassini da città o semplicemente che si è avventurato su un sentiero senza saper leggere la scala delle difficoltà. Poi ci sono quello che vogliono fotografare il tramonto ma non si preoccupano di portarsi una torcia, oppure quelli che semplicemente sbagliano strada e non sanno come cavarsi dagli impicci. “Uno su due mette nello zaino un capo impermeabile”, aggiunge Dellantonio a titolo di esempio dell’inconsapevolezza con la quale si mettono in cammino in molti.
Puntare il dito contro inesperti e “merenderos” sarebbe però ingiusto. E fuorviante. Sono sempre molti anche gli incidenti che si verificano per eccesso di confidenza e che coinvolgono abituali frequentatori della montagna. In ogni caso, la mera fatalità rimane in fondo alla classifica delle cause di incidenti.

Cosa fare per limitare i rischi?

Abbigliamento adeguato, meglio se con quel qualcosa in più che consente di affrontare un evento non previsto (dal “solito” temporale alla eventuale attesa dei soccorsi); attrezzatura tecnica adeguata all’itinerario che si intende intraprendere; borraccia sempre piena, conoscenza delle previsioni meteo. L’elenco base di quanto occorre per limitare il rischio di incidenti (o che dagli stessi possano derivare guai ulteriori), è sempre lo stesso. Non ci stancheremo mai di ripeterlo.
Utile, anche se pochi ci pensano, è una power bank per il telefono per garantirsi il contatto con il resto del mondo qualunque sia il tempo in cui si rimane in montagna. Indispensabile in caso di difficoltà è l’app GeoResQ per dare l’allarme e che permette una precisa localizzazione del luogo dell’incidente, abbreviando in misura spesso decisiva i tempi del soccorso.

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