“Greenland. Everything Changes”: a Berna una grande mostra che obbliga a pensare
ALPS, il Museo alpino svizzero ha dedicato alla Groenlandia un’esposizione che intende mostrare come tutto cambia in fretta con allestimenti immersivi, multisensoriali e, talvolta, provocatori
Quando si entra in un museo alpino ci si aspetta tutto tranne che vedersi comparire il faccione paonazzo di Trump che inveisce. E invece è proprio quello che succede varcando la porta di ALPS, il Museo alpino svizzero di Berna.
Questo, forse, è perché l’ALPS non è un museo come tanti: niente esposizione permanente, ma una narrazione che cambia, come cambiano le montagne o il clima. ALPS è più un crocevia che un contenitore: ci si incontra, si discute, ci si mette in discussione. Un museo che è anche un laboratorio del presente.
L’attuale esposizione, visitabile fino al 16 agosto 2026, ci porta lontano dalle Alpi per catapultarci tra i ghiacci (sempre meno ghiacciati) della Groenlandia. Il titolo è già un manifesto: “Greenland. Everything Changes”. Perché cambia tutto, e cambia in fretta.
La Groenlandia è il luogo perfetto per raccontare le contraddizioni del nostro tempo: è una regione remota e al tempo stesso iper-mediatizzata. È simbolo della crisi climatica, ma anche terreno di conquista economica e politica. È immaginata da chi non ci è mai stato e dimenticata da chi dovrebbe preoccuparsene di più.
E proprio questo cortocircuito tra realtà e rappresentazione è al centro della mostra: cosa sta succedendo davvero in Groenlandia? E cosa ci racconta questo enorme pezzo di ghiaccio sul nostro modo di vivere – e di consumare – il pianeta?
Artisti, attivisti, scienziati, ricercatori, fotografi: la coralità dei punti di vista è la forza del progetto. Le installazioni sono immersive, multisensoriali, spesso provocatorie. Non si esce facilmente dalla narrazione, perché è quella dentro cui già stiamo vivendo.
C’è la Groenlandia colonizzata e quella indigena. La Groenlandia della natura e quella dell’estrazione mineraria. C’è lo sguardo del satellite e quello delle popolazioni Inuit. C’è il ghiaccio che scompare, e insieme a esso un intero immaginario, forse anche un futuro.
La mostra non si limita a denunciare: invita al confronto. E lo fa anche con una punta di ironia, come dimostra l’ingresso con Donald Trump in grande formato, riferimento all’episodio in cui il presidente USA disse di voler comprare la Groenlandia. Un’idea tanto assurda quanto sintomatica di un certo approccio predatorio e spettacolare alle questioni ambientali.
“Greenland. Everything Changes” è, alla fine, molto più di una mostra. È un luogo dove le montagne diventano specchi: non solo quelle alpine, ma anche quelle artiche dove i ghiacci raccontano di noi, delle nostre paure, delle nostre scelte. E, magari, anche della possibilità di cambiare.
Ma il vero atout della mostra è un altro: i protagonisti sono i groenlandesi. Non scienziati, non turisti con il drone, non climatologi europei in giacche a vento color salmone. Sono loro, le persone che abitano davvero quei territori estremi, con il ghiaccio davanti alla porta di casa e il medico che passa – se va bene – una volta all’anno.
A ciascuno di loro è dedicato uno schermo attraverso il quale si raccontano in prima persona. C’è chi va a caccia di narvali, chi parla con delicatezza della propria identità, chi si interroga sul futuro del proprio villaggio.
E in un mondo dove troppo spesso le montagne e i luoghi “difficili” vengono raccontati dall’alto di un attico cittadino, questa scelta è tutto fuorché banale. Significa ascoltare davvero. Rendersi conto che vivere in certi posti non è un’epopea romantica né una cartolina da Instagram, ma una faccenda seria, fatta di combustibili da bruciare per scaldarsi, di isolamento, di resilienza quotidiana.
In fondo, che si viva tra i ghiacci della Groenlandia o lungo i sentieri alpini, c’è qualcosa che ci accomuna: il rapporto quotidiano con la montagna, con il freddo, con la natura che detta ancora il ritmo delle giornate.
La sfida, oggi, è far sì che questo legame si traduca in una consapevolezza condivisa: quella che i ghiacciai non sono solo un elemento del paesaggio, ma una parte essenziale del nostro equilibrio, culturale e climatico.
E ascoltare chi vive davvero in questi territori può aiutarci a capirlo meglio. Senza retorica, ma con i piedi ben piantati nella neve. Quando c’è.