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Reinhold Messner Haus, inaugurata la nuova “casa” del re degli Ottomila

Molto più di un museo, ma un luogo dove poter riflettere sulla fragilità delle terre alte. E dove vivere. La struttura ricavata da una vecchia stazione della funivia sul Monte Elmo, in Val Pusteria

L’ex stazione di una funivia, un viaggio millenario fra le montagne del mondo, Reinhold Messner. Sono questi gli ingredienti principali che fanno della Reinhold Messner Haus sul Monte Elmo – in Val Pusteria, Alto Adige – una ricetta non soltanto ben riuscita ma di fatto unica al mondo.

«La differenza sostanziale fra la frequentazione asiatica delle montagne e quella occidentale riguarda il rapporto con il sacro, il mito e la fantasia. Un rapporto che nel primo caso è centrale mentre in Occidente è stato quasi totalmente ignorato». Esordisce così il re degli Ottomila, mentre ci guida alla scoperta del suo nuovo progetto in una calda mattinata di fine giugno.

Più precisamente, il 27 giugno: data decisamente importante ed evocativa. Il 27 giugno 1970, infatti, Reinhold e il fratello Günther raggiunsero la cima del Nanga Parbat in quella che, tuttavia, passerà poi alla storia come una tragedia. Fu durante la discesa da quella montagna che Günther perse la vita, travolto da una valanga capace di investire anche, in un mare di polemiche, la reputazione del fratello superstite. Lo scarpone di Günther, ritrovato infine nel giugno 2022, mise a tacere ogni nefandezza sul conto di Reinhold ed oggi trova addirittura posto all’interno della struttura, insieme ad altri cimeli preziosi fra i quali è un definitivo piacere perdersi. E ritrovarsi.

Non useremo il termine museo, perché la Reinhold Messner Haus è tutto fuorché questo. «Un museo riflette sul passato – spiega l’alpinista altoatesino – mentre il mio intento è quello di guardare al futuro, restando ben ancorati nel presente e prendendo spunto dal passato solamente per quanto riguarda i valori portanti».

Fra questi, due in particolare: la responsabilità e il cambiamento, che devono giocoforza andare a braccetto quando si tratta di salvare il nostro pianeta dalle derive di una globalizzazione sfrenata.
«Essere responsabile, in alpinismo, ti permette di prenderti dei rischi anche importanti senza sentirti in pericolo», prosegue Messner.  «Cambiare piano, strategia e anche obiettivo ti rende poi umano, duttile e in definitiva può salvarti la vita».

Realizzato da Reinhold e Diane Messner in collaborazione con la 3 Zinnen AG Dolomites, la Reinhold Messner Haus sorge all’interno dell’ex stazione a monte della funivia del Monte Elmo, in seguito a quella che è stata definita dai coniugi Messner come «un’operazione di upcycling, non di recycling». Se quest’ultimo infatti è il mero riutilizzo di un prodotto, un riutilizzo che ne segue spesso le stesse modalità d’uso, l’upcycling si configura invece come un riuso creativo, capace di dare nuova vita ad un qualcosa di inutilizzato. È ciò che è accaduto alla Reinhold Messner Haus, nata da un’infrastruttura vetusta e un tempo funzionale, che è stata abilmente trasformata in uno spazio nuovo, in tutti i sensi.

Così, una scultura dedicata ad Igor Koller – fra i principali apritori d’itinerari d’arrampicata sulla parete sud della Marmolada – dialoga silenziosamente con i ritratti di divinità asiatiche capaci di scalare montagne facendosi aiutare soltanto dai raggi del sole. E allo stesso modo, la ricostruzione di un tempio nepalese conduce in pochi passi ad un corridoio che sarà dedicato ogni anno, a detta di Messner, a una diversa montagna del mondo. Quest’anno, al già citato Nanga Parbat.

«Vorrei “contaminare” anche le montagne occidentali con la visione più fantasiosa, creativa e spirituale che caratterizza le vette himalayane. Rintracciarne i valori universali e utilizzarli come guida per il nostro futuro».
Vorrebbe, e lo fa davvero, attraverso diverse sale che è riduttivo chiamare esposizioni. Si tratta infatti di luoghi veramente abitati, intervallati per esempio da un salotto accogliente, con tanto di biblioteca personale di Messner messa a disposizione dei visitatori, e da una stupenda vetrata spalancata sulle Dolomiti di Sesto, fra le cui vette spiccano la Cima Dodici – o Croda dei Toni – e la Cima Carpentieri – o Punta Tre Scarperi –, la cui fragilità è testimoniata da un blocco di roccia mancante ben visibile ad occhio nudo.

«Questo luogo vuole fungere da spunto per riflettere anche su questa fragilità», conclude Messner. «E vuole essere un posto in cui vivere: è intenzione mia e di Diane abitare infatti qui, per alcuni mesi l’anno. Vorremo utilizzare lo spazio anche per dei momenti di incontro con la popolazione su temi importanti, come quello del lupo nelle nostre vallate. Crediamo sia fondamentale creare rete, dare vita a delle vere e proprie cordate, per reimparare a vivere la montagna come un’autentica casa, in modo intimo e naturale».

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