Turismo

Tra Viles e mulini di Longiarù, magnifico borgo ladino

La piccola comunità del villaggio altoatesino tutela gelosamente le proprie tradizioni e il proprio territorio. Sono otto i mulini da vedere a monte del paese. E per chi ha buone gambe la meta imperdibile è il Sass de Putia

Da San Martino in Badia, una strada di circa sei chilometri sale fino a quota 1400 metri, dove sorge un borgo che sembra uscito da un libro di fiabe. Siamo a Longiarù, un paesino rurale di circa 600 abitanti suddiviso in viles, gli insediamenti di case con varie famiglie e rustici come fienili e stalle che affondano le radici in epoca romana. Il turismo ormai ha raggiunto anche questo luogo isolato contornato da alcune delle vette più note delParco naturale del Puez-Odle come il Sass de Putia (2875 m), l’Anterscasc (2381 m) e il Somamunt (2366 m) limitrofo all’altipiano della Gardenaccia.
Non a caso, Longiarù fa parte dei “villaggi degli alpinisti”, un’iniziativa ideata dai club alpini di Austria, Svizzera, Slovenia e Italia che premia i luoghi di alta qualità paesaggistica che propongono un turismo sostenibile, rispettoso dell’ambiente e della comunità locale. Come spesso succede fra le popolazioni lontane da tutti, abituate a sopravvivere da secoli contando con le proprie forze, i turisti all’inizio non sono stati visti di buon occhio. Poi, si è capito che un turismo slow, che cerca la quiete nella natura, può convivere felicemente con il mondo agricolo. A patto di offrire solo piccole strutture, che non turbano il paesaggio e l’equilibrio fra uomo e natura.

Una passeggiata per famiglie a Longiarù può partire dall’Ostì Vedl (ostivedl.it) della famiglia Costa, un’antica casa del Cinquecento ristrutturata ad arte con poche camere tradizionali, pervase dal profumo del legno. Anche senza fermarsi a dormire, prenotate una colazione casalinga realizzata dalla padrona di casa, con dolci golosi, marmellate e prodotti biologici, incluse le uova del pollaio. A questo punto, si è pronti per affrontare un itinerario facilissimo di 2,3 km che dura 45 minuti, con 100 m di dislivello. Porta alla scoperta della Val di Morins, la Valle dei Mulini attraversata dal rio Seres. Sono otto mulini situati tra Seres e Miscì. Il primo, ben conservato, mostra chiaramente il funzionamento: l’acqua viene portata attraverso un sistema di canalette, che azionano la ruota. Tramite un albero, l’energia muove la ruota dentata con pioli laterali che azionano la macina. «La macinatura avveniva una volta all’anno, in autunno», racconta Sonja Leitner, guida ambientale escursionistica. L’edificio del mulino era su quattro piani: al quarto alloggiava il mugnaio, che doveva sorvegliare le macine. Era importante, infatti, che non girassero mai a vuoto. La farina ottenuta non era solo di grano: si mischiavano anche orzo e segale. L’altitudine non consentiva ricchi raccolti di frumento». Gli archeologi hanno trovato tracce di una prima colonizzazione della valle di Longiarù già nel 7000 a.C.. Di sicuro, non era una vita facile. In valli come questa la gente si addentrava all’inizio per trovare riparo dalle invasioni barbariche, poi per trovare nuovi terreni da coltivare e sfamare la popolazione. I mulini erano parte del sistema di sostentamento. In altri luoghi, oggi più turistici, sono stati abbattuti, mentre il relativo isolamento di Longiarù ha consentito la loro conservazione. «Hanno funzionato fino a 30-40 anni fa», continua Leitner. «La forza dell’acqua era importante anche per battere il fieno e la lana. Il pane di segale veniva fatto due o tre volte all’anno da ogni famiglia, veniva fatto seccare su scaffali in legno e poi tagliato a pezzi con un apposito coltello per essere messo nel latte». Il sentiero dei mulini prosegue in salita fino al Morin de Pice y de Mair, poi si gira verso Seres per non ripercorrere la stessa strada. Scendendo a piedi verso il parcheggio, è interessante notare un edificio dall’ingresso in pietra detto la cialciara. Si trattava di un forno che consentiva di ottenere la calce  che veniva estratta dalle pietre calcaree tramite il calore. Non si trattava di un’attività continuativa: chi aveva bisogno di calce utilizzava la cialciara per il suo fabbisogno, in genere in primavera o in autunno.

Grandi escursioni verso il Sass de Putia

Chi ama camminare a Longiarù non ha che l’imbarazzo della scelta. Dalla Valle dei Mulini si può imboccare il sentiero 4B per effettuare un giro circolare del Sass de Putia, giungendo fino alla Forcella de Putia (2361 m). Da qui si scende e si prende l’8A direzione rifugio Ütia Göma (2030 m) da dove si sale alla Forcella Göma, poi alla baita Ütia Vaciara (2100 m), continuando verso i prati di Putia. All’incrocio con il 4B, lo si imbocca per scendere di nuovo a valle (Durata: 6 ore. Dislivello: +900 m. Lunghezza 14 km circa). Sentiero escursionistico per camminatori ben allenati e che non soffrono di vertigini. Se vi piace l’idea di effettuare un giro ad anello ai piedi del Sass de Putia, c’è un’alternativa per fare meno dislivello. Anziché partire da Longiarù, potete salire in auto da San Martino in Badia al Passo delle Erbe (1987 m). Da qui con l’8A giungete al Munt de Furnela (2080 m) poi imboccate l’anello. La durata è di 5 ore, il dislivello di circa 570 m.

Una curiosità: il Sass de Putia segna un confine linguistico: da una parte, c’è Val Badia di lingua ladina, dall’altra la Val di Funes di lingua tedesca. La bellezza della sagoma di questa montagna ha fatto fiorire leggende. Sarebbe un punto energetico del pianeta, ma anche la dimora di un re gigante che dorme al suo interno. Certa, invece, è l’importanza geologica di questa montagna dolomitica, che come un libro in molte sue stratificazioni ci racconta una storia di circa 260-250 milioni di anni fa, quando questa roccia costituiva il fondale di un mare primordiale.

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