Montagna.TV

La foresta racconta, il nuovo emozionante libro di Paola Favero

L’occhio della studiosa e il cuore dell’appassionata. Una doppia ispirazione che aiuta a conoscere in modo coinvolgente i boschi più belli della Terra. Che soffrono, anche se i segnali in positivo non mancano

Chiudiamo il libro e la nostalgia ci prende. Sì, la nostalgia delle foreste del mondo in cui Paola Favero ci ha letteralmente immersi con i suoi racconti – dagli antichi boschi della Serenissima nel Cansiglio ai lariceti delle Dolomiti, dai pini loricati del Pollino alle foreste montane della Tanzania, dal Madagascar con i suoi baobab alle criptomerie del Giappone, l’Himalaya del Dolpo e l’Amazzonia. Oltre alla suggestione degli ambienti di natura e dell’interesse per la millenaria storia d’interazione con l’essere umano, dalle pagine di La foresta racconta (Hoepli, 208 pag, 22,90 €) si leva autorevole la voce di chi ha dedicato la vita a studiare le piante, e non solo quelle del suo Veneto curate da Forestale, ma dei tanti luoghi della Terra attraversati come viaggiatrice-esploratrice e alpinista.
I viaggi proposti coprono un lungo arco di tempo, dal 1984 al 2025: «I primi li ho fatti in anni in cui il bosco era solo bellezza, o ecologia» spiega Favero. «Il mondo però è andato peggiorando e i problemi hanno subìto un’accelerazione, in particolare dalla tempesta Vaia del 2018, un vero e proprio spartiacque. In tutto il mondo le foreste stanno morendo, e non solo per il bostrico».
La questione è complessa. Un esempio è la nostra idea di bellezza, che si concentra sull’aspetto esteriore: «Diciamo che un bosco è bello se è in ordine. Ma la pianta che cade e resta lì, che muore, non fa disordine» spiega l’autrice «al contrario, con i suoi resti dà nutrimento alle piante nuove». La foresta, insomma, è un intreccio di relazioni, di cooperazione volta a sviluppare la massima resilienza.

La foresta racconta

Vi è un altro concetto che torna tra le pagine, poiché è ciò che più inquieta gli studiosi della natura: la perdita di biodiversità. Tutto il sistema-Terra, compreso il clima, la salute, le riserve d’acqua, la fertilità dei suoli, la capacità di superare le avversità, nonché il funzionamento di milioni di delicati equilibri, dipende dalla biodiversità presente sul pianeta. «Ciò che dovrebbe sconvolgerci» ci richiama Favero «è la constatazione che forse per la prima volta nella storia della Terra una specie vivente, l’Homo sapiens sapiens, è la causa dell’estinzione di molte altre». Un’evidenza che l’autrice ci mette sotto il naso raccontandoci del suo viaggio in Madagascar, dove alcune specie di fauna stanno scomparendo.

In questo giro del mondo, per fortuna, risuonano anche note positive. In Tanzania, per esempio, negli ultimi trent’anni gli animali non sono diminuiti: è il successo dell’abile gestione del territorio attraverso i parchi, che portano ricchezza, e della politica dei crediti di carbonio che, per quanto controversa, spinge la gente dei villaggi a riforestare le zone di taglio. Anche il Giappone ha compiuto una scelta responsabile: quando si è capito che una certa pianta da cui si ricavavano le tegole dei tetti rischiava di sparire, si è smesso di abbatterla e quei tetti sono diventati un’attrazione per un turismo soft. Così, è bello concludere indugiando sulle atmosfere del viaggio giapponese, perché lì si conserva un tesoro: una pianta sopravvissuta alla bomba di Hiroshima, considerata sacra e dotata di poteri soprannaturali, visitata ogni giorno da centinaia di persone che si siedono in silenzio davanti a lei e l’ascoltano. Mettiamoci in ascolto anche noi.

Exit mobile version