Strani, rari, geniali: ecco i 6 fiori più curiosi della montagna
Alcuni li vediamo spesso senza conoscerli a fondo. Ma ci sono anche quelli che fioriscono ogni 75 anni, oppure che si “travestono"
Alcuni fioriscono una volta sola in 70 anni. Altri imitano api femmine per ingannare i maschi e farsi impollinare. Altri ancora sembrano batuffoli di cotone ma crescono dentro acquitrini fangosi. Ma quali sono i fiori più strani, affascinanti e meno conosciuti delle nostre montagne? Come riconoscerli, dove trovarli e soprattutto… perché non vanno raccolti? Lo abbiamo chiesto ad Anna Flumiani, naturalista, alpinista e guida escursionistica ambientale, che ogni giorno osserva la natura con l’occhio della scienza e la meraviglia di chi non si stanca mai di esplorare.
Anna, quando hai cominciato a guardare i fiori non solo come contorno, ma come possibili protagonisti delle tue gite?
Da piccola ho sempre passato molto tempo nella natura, ma è stato durante gli studi universitari in Scienze Naturali a Torino che ho cominciato a osservare le piante con uno sguardo più scientifico. Poi è arrivata la montagna: l’amore per l’alpinismo, le escursioni, la tesi magistrale nel Parco Nazionale Gran Paradiso. Lì ho capito quanto la flora alpina sia piena di storie straordinarie da raccontare, e quanto fosse bello condividerle anche con chi accompagno come guida escursionistica.
Partiamo dal più sorprendente: davvero ci sono fiori che fioriscono una volta sola nella vita?
Sì, e uno di questi è la Sassifraga dell’Argentera (Saxifraga florulenta Moretti), che cresce unicamente nelle Alpi Marittime. Fiorisce una sola volta, dopo un’attesa che può durare fino a 75 anni, e poi muore. Il suo nome significa “che rompe le rocce” e lo fa davvero: mette radici nelle fessure delle pareti verticali e riesce a spaccarle crescendo. Quando ne ho visti ben due esemplari fioriti sul Corno Stella, non potevo crederci: è un evento rarissimo.
E poi ci sono i fiori che si “travestono”…
Esatto! Penso alle orchidee del genere Ophrys, dette anche ofridi dei fuchi. Una parte del fiore ha la forma della femmina delle specie impollinatrici (api, bombi e altri insetti), infatti ne imita il disegno e la pelosità dell’addome. Inoltre rilascia anche lo stesso feromone (un tipo di molecole che gli animali percepiscono con l’olfatto) usato dalla femmina per attirare il maschio. Il maschio si avvicina, pensa di accoppiarsi, e intanto impollina il fiore. Un esempio incredibile che mostra come il colore del fiore e la presenza di nettare non siano l’unica strategia utilizzata dalle piante per attirare insetti impollinatori: una trappola raffinata, frutto di milioni di anni di evoluzione. In Italia non sono ancora riuscita a trovarla, ma ho avuto la fortuna di osservarla in Francia nel Parc Naturel Régional du Luberon.
Tra i più vistosi c’è il Giglio di San Giovanni (Lilium bulbiferum L.)…
Certo: è bellissimo, arancione acceso, molto appariscente e, proprio per questo, viene spesso raccolto abusivamente. È invece una specie protetta, come molte altre di cui parliamo. Fiorisce intorno al 24 giugno, da qui il nome, e vive in ambienti assolati, sassosi, fino a 1900 metri. Un classico esempio di come la bellezza possa essere anche un rischio per la sopravvivenza.
Mentre esiste un fiore che inganna visivamente gli escursionisti, che sicuramente abbiamo visto almeno una volta in montagna?
Sì, l’erioforo (Eriophorum sp.). Quando fiorisce, sviluppa ciuffi bianchi che sembrano batuffoli di cotone. Da lontano sembra un bel prato morbido, perfetto per un pic-nic. In realtà cresce in paludi e torbiere d’alta quota, dove sotto l’erba c’è il fango. Un invito all’esplorazione… ma con scarpe impermeabili!
C’è un fiore blu, con una forma stranissima: sembra fatto di piccoli uncini o cappucci piegati all’indietro. A cosa serve una struttura del genere?
Quello che hai visto è quasi sicuramente l’Aquilegia maggiore (Aquilegia alpina L.), una delle piante più particolari che si trovano in alta quota. La sua forma insolita non è solo estetica: i cinque petali interni si incurvano all’indietro a formare dei cappucci, dentro i quali si trovano i nettarii, cioè le ghiandole che producono nettare. Solo alcuni insetti, come i bombi, riescono a raggiungerli: è un modo per selezionare impollinatori “di qualità”. Si trova tra i 1800 e i 2500 metri, spesso da sola in mezzo a ghiaioni o pascoli alpini. È rara, ed è una specie protetta, quindi si osserva ma non va assolutamente raccolta.
Altri affascinano già dal nome, come il “giglio martagone”: che fiore è, cosa lo rende speciale?Il nome, Lilium martagon L., potrebbe derivare dallo spagnolo – “riccioli da dama” – o dal turco martagān, “turbante”, proprio per la forma del fiore. È delicato ma resistente, cresce ai margini dei boschi freschi. E sì, tutta la pianta è tossica, ma è anche meravigliosa da osservare. Anche lui è inserito tra le specie protette.
Cosa diresti a chi vuole iniziare a osservare i fiori di montagna in modo più consapevole?
Prima di tutto: guardare con calma. Fermarsi, usare una guida o una lente, e soprattutto rispettare l’ambiente. Molte specie sono rare, endemiche o protette. Fotografare è un modo per portarle a casa senza far danni, mentre grazie a qualche app (come, ad esempio, Plantnet) è possibile riconoscere di che si tratta. E scoprire quanto può essere sorprendente un mondo che troppo spesso calpestiamo senza accorgercene: siamo abituati a non osservare con attenzione le piante perché sono dappertutto e non si muovono, a differenza degli animali, e proprio per questo possiamo scoprire da vicino le loro curiosità!