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Cortina d’Ampezzo: inaugurato il sentiero naturalistico ai piedi delle Tofane

Un percorso breve ma ricchissimo di motivi di interesse, non solo paesaggistici. Frequenti e posizionati in modo strategico i pannelli illustrativi

Un sentiero breve, ma ricco di significato: tra i versanti delle Tofane, a Cortina d’Ampezzo, è stato inaugurato un nuovo percorso naturalistico che collega il Rifugio Duca d’Aosta al Rifugio Pomedes, lungo i sentieri CAI 420 e 421. Un’iniziativa pensata per offrire agli escursionisti una chiave di lettura più consapevole del paesaggio dolomitico, grazie a una serie di pannelli informativi che accompagnano il cammino.

Il percorso, infatti, si snoda per circa un chilometro, con 200 metri di dislivello. La prima parte è adatta a tutti, mentre il tratto finale è leggermente più impegnativo. Una proposta accessibile, dunque, pensata per famiglie, escursionisti curiosi e appassionati che desiderano approfondire il legame tra natura, storia e geologia.

Lungo il tracciato, diversi pannelli raccontano la formazione delle Dolomiti, l’evoluzione del paesaggio e la sorprendente ricchezza di vita che lo caratterizza: dalle stratificazioni rocciose alle piante alpine che crescono tra i sassi, dalle tracce degli animali agli adattamenti invisibili che permettono loro di sopravvivere in un ambiente estremo.

Questo territorio, infatti, è molto più di uno scenario suggestivo. È una finestra aperta su milioni di anni di trasformazioni geologiche. Proprio qui, nel 1935, il cortinese Rinaldo Zardini trovò nel letto del torrente Boite un corallo fossile. Quella scoperta casuale cambiò la sua vita e aprì un nuovo capitolo nella comprensione dell’origine delle Dolomiti. Negli anni seguenti, Zardini raccolse oltre un milione di fossili nella conca ampezzana, molti dei quali oggi custoditi nel Museo Paleontologico che porta il suo nome.

Ma non fu l’unico contributo eccezionale. Ai piedi delle Tofane, negli anni Settanta, Paolo Fedele scoprì minuscole ambre fossili contenenti invertebrati di 230 milioni di anni fa, tra i più antichi mai rinvenuti al mondo. Ritrovamenti che avrebbero avuto un ruolo chiave nel riconoscimento delle Dolomiti come Patrimonio UNESCO, nel 2009.

Anche la biodiversità odierna racconta una storia straordinaria. La varietà di ambienti — dai boschi di fondovalle alle rupi verticali — ospita una fauna ricca e a tratti sorprendente. Nelle foreste di larice e abete rosso vivono il gallo cedrone, la civetta nana e il picchio tridattilo; tra le praterie alpine si aggirano coturnici, pernici bianche e stambecchi. E sulle cenge più inaccessibili volteggia l’aquila reale, mentre il rarissimo driomio — un piccolo roditore arboricolo — si nasconde tra le fronde più basse.

Il progetto nasce dalla collaborazione tra la società Ista Spa, Marco Turrin, Accompagnatore di Media Montagna del Collegio Guide Alpine Veneto, e Matteo Salvagnin, naturalista con una specializzazione in geologia. Per creare un ponte tra chi cammina e ciò che lo circonda. Un invito a rallentare e ascoltare. Perché, in un luogo come questo, ogni fiore e ogni roccia hanno qualcosa da raccontare.

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