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Quasi un milione di euro per i muretti a secco del Bellunese

Il Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi finanzia la manutenzione del sito minerario di Valle Imperina e il recupero dei muretti a secco Patrimonio Unesco

L’arte dei muretti a secco è riconosciuta dall’Unesco che dal 2018 l’ha inserita nella lista del suo Patrimonio Culturale Immateriale. L’iscrizione è comune a otto paesi europei – Cipro, Croazia, Francia, Grecia, Italia, Slovenia, Spagna e Svizzera. Consiste nel costruire muretti sistemando le pietre una sopra l’altra, senza usare altri materiali se non, in alcuni casi, la terra asciutta. Questi muretti rappresentano una relazione armoniosa fra l’uomo e la natura, un patrimonio diffuso in tutto il mondo, le cui tecniche costruttive vengono conservate e tramandate nelle comunità rurali, in cui hanno radici profonde. I muri a secco hanno svolto e svolgono, soprattutto in ambiente montano, un ruolo importante nella salvaguardia del territorio nel combattere l’erosione. E quante strade e carrarecce forestali e militari che si arrampicano sulle nostre montagne resistono tutt’ora grazie a queste opere, che ne sorreggono i tornanti e ne delimitano i tracciati. Ecco quindi che l’incentivo al loro recupero costituisce un approccio rilevante in termini paesaggistici e un contributo alla diffusione di una cultura che privilegi nel costruire i materiali presenti in natura nei luoghi in cui si opera.

Il recupero

In quest’ottica il Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi ha finanziato, con 30.000 euro, interventi di manutenzione del sito di archeologia mineraria di Valle Imperina, che prevedono il rifacimento di diverse staccionate, che sarà curato dal Comune di Rivamonte e dall’Unione Montana Agordina. Questo finanziamento va ad aggiungersi a quello, ben più corposo, che il Parco ha concesso nei mesi scorsi per finanziare il recupero della complessa rete di murature a secco presenti a Valle Imperina. Grazie ai fondi del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, il Parco Nazionale finanzierà infatti un articolato progetto, curato dal Comune di Rivamonte Agordino, per un importo complessivo di 940.000 euro.

L’ex Centro minerario rientra nei confini amministrativi del Comune di Rivamonte Agordino e nel perimetro del Parco. Si estende per circa 1 km nel tratto terminale della Valle Imperina (543m s.l.m.), dove questa si innesta perpendicolarmente nella Val Cordevole.  Un tempo tutto quello spazio disponibile nel piccolo fondovalle era occupato da costruzioni.
Negli anni sono stati recuperati e restituiti a nuova vita gli antichi forni fusori, la vecchia centralina idroelettrica e numerosi edifici a servizio degli impianti minerari (uno dei quali ospita oggi un ostello e un ristorante) mentre, più recentemente, è stata resa visitabile una parte delle antiche gallerie.

Un valore altamente simbolico

Questo nuovo intervento”, spiega il Commissario del Parco Ennio Vigne “rientra in un progetto nazionale di restauro delle antiche murature a secco presenti nei Parchi Nazionali italiani. Quando il Ministero ci ha chiesto di individuare un sito in cui investire i fondi a disposizione abbiamo pensato al complesso di Valle Imperina, perché riteniamo che il restauro dei muri a secco costituisca un tassello importante di ulteriore valorizzazione di un sito di rilevanza internazionale che oggi, dopo anni di investimenti da parte del Parco e delle amministrazioni locali, sta diventando un attrattore turistico di primaria importanza, grazie anche all’efficace azione della società privata alla quale è stata affidata la gestione del sito. Il recupero di muretti a secco”, conclude Vigne, ha quindi anche un valore simbolico particolarmente significativo”.

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