Bucovina: le foreste e gli affreschi di Stefan, il cugino di Dracula
Otto monasteri decorati da meravigliosi affreschi presidiano da cinque secoli lo storico confine tra l’Europa ortodossa e l’Impero ottomano. Intorno sono meravigliose foreste, e le vette rocciose dei Carpazi
Stefan cel Mare, chi era costui? Molti viaggiatori che atterrano a Suceava, in Romania, non conoscono il re cui è dedicato l’aeroporto. Conoscere la sua storia, però, aiuta a preparare un viaggio in un angolo affascinante d’Europa.
Stefan cel Mare, Stefano il Grande, regnò sulla Moldavia nella seconda metà del Quattrocento, combatté contro la Polonia, la Turchia ottomana e la Valacchia, ebbe quattro o cinque mogli e un numero imprecisato di figli. A 18 anni per sfuggire a una congiura, si rifugiò in Transilvania da suo cugino Vlad III Țepeș detto “l’impalatore”, il sanguinario sovrano a cui è legata la leggenda di Dracula.
Stefan cel Mare fu un difensore della fede. Fermò l’avanzata ottomana nei Balcani, poi trattò con il sultano Maometto II e ottenne la libertà per il Monte Athos, luogo-simbolo della fede ortodossa. Per questo, nel Novecento, la Chiesa rumena decise di santificarlo.
Ma l’eredità più importante di Stefan è un’altra. Per sottolineare il ruolo dei suoi territori come baluardo del mondo cristiano, il re fece costruire 44 chiese e monasteri, in gran parte affrescati. Molti sono intorno alla storica capitale Suceava. Otto, dal 1993, sono inseriti nel Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO.
“Queste chiese, costruite tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo e con i muri esterni rivestiti da affreschi, sono dei capolavori di arte bizantina”, spiega l’UNESCO. “Raffigurano cicli di eventi ripresi dalla Bibbia e dalle Sacre Scritture ortodosse. La composizione, l’eleganza delle figure e l’armonia dei colori si uniscono perfettamente con il paesaggio circostante”.
L’odierna regione della Bucovina, nel nord-est della Romania, deve il suo nome ai faggi, “buk” in rumeno. A caratterizzare il paesaggio, però, sono soprattutto le foreste di abeti dei Carpazi, che creano un’atmosfera di montagna anche a quote collinari. Molti monasteri tutelati dall’UNESCO sorgono tra i 500 e gli 800 metri.
Dalla cittadina di Câmpulung Moldovenesc una ripida strada a tornanti sale verso il massiccio del Rarău, e scende sul lato opposto verso la valle del fiume Bistritja. La strada termina a 1400 metri di quota, accanto alla Cabana Rarău, un grande rifugio-albergo. Sorvegliano la zona le calcaree Pietrele Doamnei (“Rocce della Dama”), 1612 metri. Un sentiero segnato con croci rosse su fondo bianco, senza difficoltà ma con qualche tratto ripido, consente di girare intorno al massiccio in due ore.
Il percorso che sale alle Pietrele (croce azzurra in campo bianco) comprende tratti esposti e altri attrezzati con cavi, ed è consigliato solo a chi non ha problemi sui percorsi EE. Altri sentieri iniziano dal Monastero di Rarău, moderno ma di grande suggestione.
Ma torniamo ai monasteri dell’UNESCO. La maggioranza si trova a ovest di Suceava, e la guida Lonely Planet (come alcune agenzie locali) suggerisce di visitarli in un giorno, con un anello di circa 230 chilometri. Una corsa di questo tipo, però, può provocare una indigestione di bellezza. Meglio dividerli su due o tre giorni, spostandosi con un’auto propria, un’auto a noleggio o un tour organizzato.
Suceava, capitale tra il Tre e il Cinquecento del regno di Moldavia è collegata da voli quotidiani (Wizzair) a vari aeroporti italiani. In auto dista 1250 chilometri da Trieste. E’ una città animata e moderna, nella pianura che si distende verso la Repubblica di Moldova e l’Ucraina. Da vedere la Cittadella del Principe (Cetatea de Scaun), che nel 1475 è stata assediata dai Turchi, ed è stata rafforzata da Stefan cel Mare
L’itinerario verso i monasteri inizia sulla scorrevole strada per Gura Humorolui, dove si piega a destra fino a quello di Humor, affrescato nel 1535 dal pittore Toma da Suceava. Ogni monastero ha un colore dominante, e quello di Humor è il rosso mattone. Gli affreschi raccontano l’Assedio di Costantinopoli, e la caduta nel 1453 dell’Impero Bizantino.

Pochi chilometri portano al monastero di Voronet, la “Cappella Sistina dei Balcani”, difeso da un’alta cerchia di mura. E’ stato costruito in quattro mesi, nel 1488, naturalmente su ordine di Stefan cel Mare. La chiesa ospita alcune tombe di santi. Gli affreschi dell’interno sono del 1535-‘43, ma la fama del luogo è dovuta a quelli dell’esterno, dipinti qualche anno dopo. Il meraviglioso Giudizio Universale ha portato gli storici dell’arte a scrivere dell’“azzurro Voronet”, inconfondibile come il “rosso Tiziano”.
Da Varna, una strada affacciata su foreste e montagne, porta al monastero di Moldovița, uno dei più antichi. Costruito fra 1402 e il 1410 sotto il re Alexander il Buono, è stato distrutto da una frana e ricostruito nel 1532. La piccola chiesa è circondata da mura, da torri e da edifici del Cinquecento. Gli affreschi esterni, del 1537, sono di Toma da Suceava. All’esterno, si ammirano L’Assedio di Costantinopoli, L’Albero di Gesù e un gruppo di Filosofi antichi.
Dove i boschi dei Carpazi lasciano il posto alle colline si raggiunge il monastero di Sucevița, fondato dal vescovo Gheoghe Movila fra il 1581 e il 1584, è poi dotato di mura che gli danno l’aspetto di una fortezza. Gli affreschi sono stati realizzati nel 1595-’96, e il colore dominante è il verde scuro. Sulla parete a nord è dipinta la Scala delle Virtù, cioè la lotta fra il bene e il male, verso sud compare l’Albero della Vita. Nel museo sono icone, paramenti sacri e ricami realizzati con fili d’oro, argento e seta. Nella Farmacia del Monastero è possibile acquistare medicine naturali.
Dall’abitato di Marginea, una deviazione verso il confine con l’Ucraina porta al Monastero di Putna, il primo a essere costruito (tra il 1466 e il 1469) da Stefan. Le mura sono state aggiunte qualche anno dopo, la chiesa è stata distrutta e ricostruita fra il 1654 e il 1662. Qui riposano Stefan cel Mare, due delle sue mogli e vari suoi discendenti.
Tra Marginea e Arbore sono vari insediamenti di romeni di etnia Rom (loro si definiscono țigani, nel Paese sono oltre 600.000), che spesso si spostano su carretti trainati da cavalli. Il monastero di Arbore, il più piccolo, è stato costruito in pochi mesi del 1503 e affrescato dopo il 1541 da Dragos Coman. Il colore dominante è il verde, l’edificio è in restauro e chiuso.
La tappa successiva è Pătrăuţi, il primo monastero fatto erigere (nel 1486) da Stefan cel Mare. All’esterno sono pochi resti di affreschi, all’interno campeggia la Cavalcata della Santa Croce. Offre un’atmosfera diversa l’imponente monastero di Dragomirna, cinto da altissime mura. Costruito fra il 1602 e il 1609, più volte assediato dai Turchi, emoziona per le sue architetture in pietra bianca, con archi e finestre gotici.
Nella pianura a sud-est di Suceava, che si raggiunge lungo la statale per Iași, sorge il Monastero di Probota, ricostruito da Stefano il Grande per seppellirvi sua madre Oltea e sua moglie Evdochia di Kiev. La chiesa risale al 1530, nel museo si conserva una importante collezione di icone. Su Târgu Neamț, a ovest di Probota, si affacciano alture boscose che ospitano monasteri femminili e maschili. Quello di Văratec, popolato da centinaia di religiose e animato da un flusso continuo di fedeli, regala uno dei momenti più interessanti del viaggio. I canti degli uomini e delle donne, il fumo delle candele votive, la semioscurità della navata creano un’atmosfera d’altri tempi. E gli anni di Stefan cel Mare non sembrano più così lontani.