
È il 17 novembre 1899. Gli Atti Parlamentari del Regno d’Italia ricordano in questa data un discorso di commemorazione per la scomparsa di un senatore: Federico Rosazza Pistolet, nativo di Rosazza, nell’Alta Valle Cervo, all’epoca in territorio di Vercelli, oggi Biella. Patriota, benefattore, possidente. Se il suo paesino di montagna, a quota 890 metri, con meno di un centinaio di residenti, dal 2022 è entrato a far parte dei Borghi più belli d’Italia, lo deve a questo suo figlio facoltoso e originale. Nella seconda metà dell’Ottocento, non si limitò a portare l’acqua in paese con un sistema di tubature evitando alle donne di andare a prenderla nel torrente Cervo o nel suo affluente Pragnetta. Cambiò il volto di tutto il borgo, che in pochi anni si vide arricchito di tesori architettonici in stile eclettico e neogotico: un castello, un’ampia chiesa parrocchiale, una palazzina comunale fin troppo grande per un paesino così piccolo, un nuovo cimitero sontuoso. Buona parte di queste costruzioni sono disseminate di simbolismi esoterici, tant’è che Rosazza sembra avvolta in un’aura di magia, un’energia che tanti visitatori dicono di percepire non appena varcano la soglia del paese. Come molti di voi, sono troppo razionale per crederci, anche se Rosazza mi ha incantata fin dal primo istante con la sua dicotomia. Un paesino di montagna con alcune architetture degne di una città ricca, che trasmettono comunque qualcosa di inquietante.
L’Alta Valle Cervo prima di Federico Rosazza era terra di boschi di faggi e di castagni, con pochi pascoli per gli animali e un’agricoltura di sussistenza, non diversa da tante zone delle nostre Alpi, affidata per lo più alle donne. Gli uomini lasciavano la bürsch – la patria, la casa nel dialetto della zona – per fare i muratori e gli scalpellini in pianura, trovando lavoro anche in cantieri importanti come quelli del Duomo di Milano o della Certosa di Pavia. Alcuni estraevano la sienite nelle vicine miniere, un’esistenza ugualmente dura. Una leggenda non verificata racconta che questa sienite fu usata in parte per la statua della Libertà di New York. Nei secoli, intanto, i dominatori si alternano: i Challant, gli Aymavilles, poi i Savoia. Ma nel XVIII secolo succede un evento che rappresenta una svolta epocale. Alla battaglia dell’Assiette del 1747, un valligiano si inventa un sistema basato su muretti di sassi per bloccare i francesi al Monginevro. A metterlo in pratica, con successo, sono i rosazzesi. Per riconoscenza, i Savoia li favoriscono come imprenditori all’interno del Regno. È in questo clima che Gian Battista Rosazza Pistolet, nonno di Federico, si butta nell’edilizia. Realizza opere importanti, come strade di valico di passi alpini e lavora in Liguria, anche al porto di Genova.
A lui succede il figlio Vitale, padre di Federico, il quale nasce nel 1813. Doveva diventare prete, il ragazzo. Ma presto lascia il seminario per laurearsi in Giurisprudenza. All’università, a Genova, frequenta i circoli dei patrioti e diventa amico di Giuseppe Mazzini. Amante anche della musica, è un uomo felice fino alla morte della moglie Amalia che gli lascia una bimba, Ida. Anche lei, a 17 anni, nel 1864, soccomberà al vaiolo. Questi eventi luttuosi, così personali, sono all’origine dell’aspetto attuale di Rosazza. Almeno, così si racconta.
In quegli anni Federico Rosazza Pistolet, imprenditore di simpatie massoniche, aveva incontrato il pittore di Graglia Giuseppe Maffei (1821-1901), appassionato di spiritismo. «In una seduta spiritica, pare che la figlia Ida gli abbia chiesto di dedicare parte del suo patrimonio all’abbellimento del paese», racconta Valentina Rosazza Pistolet, una delle discendenti indirette di Federico. Inizia così un’impresa destinata a mutare per sempre un borgo di montagna, fatto di modeste case di pietra, in una meta che finirà per attirare i turisti. «Federico fa realizzare quattro fontane “parlanti”», continua Rosazza Pistolet. «Oltre alla voce suadente dell’acqua si rivolgono a chi si disseta con alcune frasi scolpite nella pietra, contrassegnate da simboli massonici come la stella a cinque punte o la rosa». Fra le opere volute da Federico Rosazza Pistolet, diventato senatore del Regno nel 1892, spicca il Castello, progettato da Maffei, che vi pose anche false rovine secondo il gusto dell’epoca. Poi la Palazzina del Municipio, che sorge ove c’era la vecchia chiesa del paese, poi demolita. Resta in piedi una torre ghibellina, che una volta era il campanile. Ma i due capolavori di Rosazza sono il cimitero e la chiesa parrocchiale dedicata ai Santi Pietro e Giorgio. «La nuova chiesa venne costruita sopra il vecchio cimitero, che fu spostato sulla riva opposta del Cervo, in una posizione assolata e collegata al borgo con un ponte decorato con croci e stelle a cinque punte», racconta Valentina Rosazza Pistolet. La nuova chiesa è un concentrato di simbolismi. A cominciare dal sagrato, dove 12 cippi di pietra evocano una selva oscura. «Furono realizzati da scalpellini locali, che il senatore assoldò. Come molti di noi ancora oggi, voleva sinceramente aiutare chi aveva bisogno, nella nostra valle. Con questo progetto, offrì lavoro a molti. Era un vero filantropo», commenta la pronipote. Varcando la soglia della chiesa, sembra di essere in un planetario: la volta celeste è riprodotta, evocando altri simbolismi massonici. A fianco all’ex casa parrocchiale, sulla pavimentazione vediamo una scala a pioli, che simboleggia i diversi gradi di iniziazione cui si accede facendo un percorso di crescita interiore», aggiunge Rosazza Pistolet. Per un uomo che visse il resto dell’esistenza nella memoria del suo dolore, il cimitero era estremamente importante. Come la nuova chiesa, è sovradimensionato per le esigenze di un paesino. All’inizio del percorso il visitatore è accolto da due panche, con lacrime in pietra racchiuse nell’acciottolato, un simbolo del dolore ricorrente nelle logge massoniche.
Sulla scia del nonno e del padre, il senatore Rosazza Pistolet fece realizzare anche una galleria che collega la Valle Cervo e il suo Santuario di San Giovanni d’Andorno con il Santuario di Oropa. Inaugurata nel luglio 1897, a quota 1488, è lunga 367 metri. L’opera fu tutt’altro che facile: la roccia era molto dura e i minatori dovettero lavorare per quattro anni, anche perché si decise di non usare la perforatrice meccanica. Federico Rosazza affidò la progettazione anche in questo caso all’amico Maffei, pagando i lavori di tasca sua. I salari degli operai erano fra i più alti dell’epoca. L’edificio che fungeva da foresteria per i lavoratori, posto a 100 metri dall’imbocco del tunnel, oggi è la Locanda della Galleria Rosazza.
Un ultimo suggerimento per chi vuole visitare Rosazza: non perdetevi il Circolo del Tennis, uno dei più antichi del Biellese e del Piemonte, che nel 2022 ha festeggiato il suo centenario. Federico Rosazza era già morto quando fu istituito, ma è una testimonianza di un’era in cui Rosazza era diventata meta turistica di gente altolocata da Milano e da Torino. E il Circolo ospitava il celebre Ballo delle Rose. «Anche oggi, d’estate Rosazza accoglie 3000-4000 persone», racconta Valentina Rosazza Pistolet. «Abbiamo anche turisti italiani e stranieri, ma moltissimi sono i rosazzesi che vivono altrove e hanno il desiderio di ritornare qui, dove sono le loro radici». E così, di generazione in generazione, il paesino del senatore – silenzioso d’inverno – torna a popolarsi di bambini e ragazzini.
La gita
Rosazza è un ottimo punto di partenza per trekking ed escursioni. Una gita classica alla portata di camminatori allenati (livello E) è l’anello dei Santuari di San Giovanni e di Oropa.
Dislivello: + 850 m
Quota minima: 1050 m
Durata: 7 ore (18 km l’intero anello)
Si parte lasciando l’auto al parcheggio del Santuario di San Giovanni di Andorno. Da qui si segue la strada asfaltata fino alla località Boale-Case Gamma (1100 m) poi si imbocca a sinistra un sentiero (E1). Alla prima biforcazione, meglio proseguire a destra, fino a una pista in discesa. Il percorso procede verso Oropa a mezzacosta con vari guadi, alternando tratti nel bosco e viste panoramiche verso Biella. Dopo il punto panoramico di Cima Cucco (1287 m) si prosegue sul D15 e si raggiunge il Santuario di Oropa. Per tornare indietro, l’anello continua sul sentiero D17 che consente di raggiungere l’imbocco della Galleria di Rosazza, dove è consigliabile avere una torcia elettrica. All’uscita si supera la Locanda e si ritorna al Santuario di San Giovanni.
Questo itinerario e atri percorsi nella Valle Cervo si trovano nella guida appena pubblicata Ritrovarsi nel verde? Naturalmente Biella, di Regione Piemonte, Terre dell’Alto Piemonte, Fondazione BIellezza, Atl.Biella.it.