Ladakh: tre consigli per trekking indimenticabili
Inizia la stagione migliore per visitare lo stato dell’India settentrionale e i suoi indimenticabili sentieri: tra antichi gompa, valichi oltre quota 5.000 e laghi di rara bellezza
Le strade che portano a Leh sono tutte una curva, si inerpicano tra le valli dell’Himalaya e riemergono lungo il corso del fiume Indo. Il Ladakh è un piccolo stato del Nord dell’India, a cui si può accedere in soli due modi: da Sud, via Manali, attraverso un valico a 5300 metri di altezza che rende questa strada impraticabile in inverno, e da Ovest, passando per il Kashmir e attraversando lo Zoji La, la porta d’ingresso al Paese degli alti valichi.
Il Ladakh ha condiviso l’inizio della sua storia con il regno tibetano, di cui era una provincia, e dopo la sostituzione culturale operata dal governo cinese è diventato il luogo che più si avvicina al Tibet com’era, conservando la sua cultura millenaria.
Oggi, il Ladakh è diviso in due province: in quella di Kargil, la più vicina al confinante stato del Kashmir, prevale la religione musulmana, mentre in quella di Leh prevale il buddismo. Qui, il territorio è punteggiato da monasteri (gompa) arroccati sulle aguzze montagne, ancora oggi gestiti da monaci che officiano le preghiere e i mantra giornalieri e indossano le tradizionali tuniche rosse. Questo colore indica infatti, nella dottrina buddista tibetana, la trasformazione dell’attaccamento in saggezza.
Situato nel cuore dell’Himalaya, il Ladakh è un paradiso per il trekking – molti programmi per escursionisti sono proposti dal tour operator Kailas – e l’alpinismo di alta quota. L’ambiente è quello di un deserto freddo, in cui l’Himalaya si mostra spoglia dalla vegetazione, e in tutta la maestosità dei suoi versanti, dei suoi ghiacciai e dei suoi laghi. Dai trekking di più giorni alle escursioni in giornata, a seconda di come si decide di impostare il viaggio, ci sono opzioni per tutti i gusti e per tutte le gambe. Indispensabile qualche giorno acclimatamento, così da potersi concentrare sul trekking e godersi il paesaggio.
Padum-Lamayuru: 10 giorni nel cuore dello Zanskar
177 chilometri in otto o dieci tappe, con un dislivello positivo di più di 4000 metri complessivi, ripercorrendo le antiche rotte carovaniere: il Padum-Lamayuru è un trekking poco conosciuto che attraversa alcune valli tributarie del fiume Zanskar, un affluente dell’Indo. Questo richiede il superamento di otto passi di montagna, di cui uno sopra i 5000 metri di quota. Durante il percorso è possibile visitare diversi monasteri buddisti, come quelli di Karcha, Lingshed, Wanla e Lamayuru. Quest’ultimo è uno dei più grandi e antichi gompa di tradizione tibetana in tutta l’India, e in passato ha ospitato oltre 400 monaci, mentre oggi i residenti ammontano a circa 150. Il monastero si trova in cima a un irto rilievo roccioso, a poche centinaia di metri dal Moonland, una curiosa formazione geologica: si tratta di una distesa di calanchi scavati dall’acqua nei sedimenti bianchi di più di 100 metri di spessore accumulati in fondo a un antico lago. La leggenda narra che sia stato il saggio Arhat Nyimagong a svuotare il lago, perché con una profezia aveva previsto che in quell’area sarebbe sorto un grande monastero. Si dice anche che il monaco seminò del mais lungo i bordi della zona prosciugata, e che questo crebbe in forma di svastica, simbolo buddista a cui è riferito il nome Lamayuru (e che non ha niente a che vedere con il più conosciuto simbolo nazista).
Se non si dispone del tempo per camminare lungo tutto il trekking, è possibile fare una camminata in giornata da Wanla a Lamayuru, superando il passo Prinkiti La, a 3850 metri, per poi scendere nella spettacolare conca del Moonland e raggiungere il monastero di Lamayuru dal basso.
Verso l’Eremo di Gotsang
Quando si parla di gompa arroccati come nidi d’aquila, non si può non pensare all’eremo di Gotsang. Questo si trova nella valle che sovrasta il più famoso monastero di Hemis, ed è ancora più antico di quest’ultimo. Il luogo di culto, con bellissime pitture murali, è oggi costruito attorno alla grotta in cui si dice che meditasse il monaco Gyalwang Gotsang, in grado di resistere alle rigide temperature invernali grazie alle tecniche di meditazione.
È possibile raggiungere l’eremo con un’ora di camminata da Hemis, tenendo conto delle difficoltà relative all’alta quota, dato che si trova a 4000 metri. Da qui, si può continuare verso il passo (senza nome) a 4380 metri, che gode di una vista spettacolare sulla valle dell’Indo e sulle pendici della catena himalayana che si innalzano dalle due parti. Il sentiero dopo l’eremo diventa sensibilmente più piccolo e meno battuto: ci si inoltra in montagne selvagge, in cui le pareti verticali di roccia e le impressionanti formazioni geologiche sono le protagoniste di uno spettacolo assolutamente silenzioso.
Lago Pangong
Il lago Pangong è adagiato tra vette multicolori, che si riflettono nelle acque azzurre dando loro i toni di una tavolozza. Si trova a 4250 metri di quota, al confine con la Cina, a cui appartiene una parte dell’invaso. Uno dei migliori modi per apprezzare le bellezze del Pangong è calzare gli scarponcini e mettersi a camminare, salendo su una delle ‘colline’ che sfiorano i 5000 metri attorno al lago. Qui si può camminare sui sentieri dei pastori di yak, in sentieri del tutto silenziosi e in cui si ha la sensazione di essere tra i pochi visitatori. Sopra i 4500 metri ogni passo costa, ma una volta arrivati in cima lo spettacolo vale la fatica: la vista arriva lontano, anche se non alla fine del grandissimo lago, e si apprezzano tutti i riflessi dei versanti nell’acqua, oltre a godere del panorama sui ghiacciai e sulle cime che stanno alle spalle del Pangong.