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L’overtourism non c’entra. La scritta ai piedi delle Tre Cime è un atto di barbarie

La scritta “tourists go home” su una roccia ai piedi della Cima Piccola di Lavaredo dimostra anche che pennarelli indelebili e pennelli, dopo l’Appennino, stanno iniziando a deturpare le Alpi. Impunemente

Gli imbecilli, da sempre, arrivano anche in alta quota. Sarebbe possibile limitarsi a questa frase per commentare l’ennesima brutta notizia che è arrivata qualche giorno fa dalle Dolomiti. E’ stato Moreno Pesce, Fish Moreno sui social, a scoprire nei pressi della chiesetta degli Alpini, ai piedi dello Spigolo Giallo della Cima Piccola, una vistosa la scritta “tourists go home”, tracciata con vernice (o con un largo pennarello) indelebile su un masso. 

L’immagine è stata ripresa dall’ANSA, dalla TGR del Veneto e da decine di siti d’informazione e quotidiani, ed è stata subito stigmatizzata da associazioni ambientaliste e amministratori. Il primo che dovrebbe rimanere a casa è l’autore di un simile gesto, se confonde la libertà di pensiero con quella di vivere la montagna sfregiando le cime più belle del mondo. Ci troviamo di fronte a un atto assolutamente censurabile, ha commentato – e come dargli torto? – Luca Zaia, presidente della Regione Veneto.  

Come scrivevo all’inizio, sarei tentato di liquidare l’evento come l’ennesima idiozia dell’estate. Qualcosa di simile ai turisti che a Roma si tuffano nella Fontana di Trevi, o che rubano “come souvenir” un mattone o un pezzo di intonaco negli scavi di Pompei. 

Ogni anno, la Guardia Costiera denuncia qualche furbacchione sorpreso a rubare la preziosa sabbia colorata sulle spiagge più belle della Sardegna. Una volta chi voleva eternare il suo nome lo intagliava con un temperino sulla corteccia di un faggio. Il tempo cambia, ma la stupidità umana rimane. 

La scritta ai piedi delle Tre Cime, però, merita qualche riflessione in più. La prima è che il vandalo non ha sporcato una roccia qualsiasi, ma è riuscito a sfregiare uno dei massi dove sono state individuate nel 1992 le orme di un dinosauro carnivoro, forse della specie Eubrontes. Se ci fosse un processo per vandalismo (non credo, l’autore non si è firmato e non ha postato nessun selfie) dovrebbero scattare le aggravanti. 

La seconda riflessione – e non vorrei qui fare pubblicità al vandalo! – è che pochi luoghi delle Alpi sono più adatti delle Tre Cime per riflettere sull’“overtourism”, l’eccesso di turismo che colpisce da anni anche le Alpi. 

Manifestazioni per ridare una dimensione più umana a isole, valli e città vengono organizzate da tempo in luoghi bellissimi e affollati come Barcellona o Santorini. Qualcosa si è iniziato a vedere anche a Firenze o a Venezia. Per quel che ne sappiamo (ma saremmo felici di sbagliarci!) finora a Zermatt, a Cortina d’Ampezzo o a Chamonix non si è visto nulla. 

Sulle splendide e affollate Dolomiti, il problema esiste sui quattro Passi intorno al massiccio del Sella, scavalcati d’inverno dalle piste del Sella Ronda, e tormentati a luglio e agosto da micidiali ingorghi stradali. L’altro luogo-simbolo sono proprio le Tre Cime di Lavaredo, dove l’unica strada di accesso è a pagamento, e dove lunghe (o lunghissime) code, ogni mattina estiva di bel tempo, si formano tra Misurina e il casello del pedaggio.   

I tentativi di regolamentare il traffico sui Passi del Sella, avviati qualche anno fa, sono finiti nel nulla. Ai piedi delle Tre Cime, sostituire le auto con un andirivieni di navette eliminerebbe gli enormi posteggi al termine della strada, ma ridurrebbe enormemente gli incassi del Comune di Auronzo, che riscuote i pedaggi. Dato che salire in auto costa caro, sarebbe legittimo attendersi dei servizi adeguati, compresi dei tabelloni luminosi che valutano il tempo di attesa, e permettono a escursionisti e gitanti se mettersi in coda o andare altrove. 

Invece non si è fatto proprio nulla. Nello scorso luglio, a causa di una presunta frana sui posteggi sono rimasto bloccato per più di un’ora in un ingorgo tra Misurina e la rotatoria all’inizio della salita. Nemmeno i vigili urbani sapevano cosa stesse succedendo. Questo non è “overtourism”, è barbarie.

La scritta ai piedi della Cima Piccola, però, chiama in causa anche un’altra questione di cui mi sono occupato qualche settimana fa su questo sito. La sgradevole abitudine di scrivere il nome della montagna sulle vette ha prima di tutto un impatto culturale. Ma se qualcuno, invece che farsi ritrarre o scattare un selfie con un panorama di vette sullo sfondo, preferisce sorridere abbracciato a un sasso deturpato da una scritta in fondo sono fatti suoi. 

Ci sono tanti modi non dannosi per scrivere un messaggio su una montagna. Il più bello, trentacinque anni fa, è stato quello scelto da Mountain Wilderness, di cui all’epoca facevo parte, per chiedere la nascita del Parco internazionale del Monte Bianco. Centinaia di alpinisti, arrivati nella Vallée Blanche legati in cordata, hanno scritto con i loro corpi un gigantesco “Pour le Parc”, che poco dopo si è dissolto senza danno.

Se le “scritte umane” possono essere opere d’arte, quelle fatte con la vernice sulle cime sono esattamente l’opposto. Nate tra Lazio e Abruzzo negli anni in cui si diffondeva la collezione delle cime di 2000 metri e più, si è allargata via via al resto dell’Appennino e alle Alpi. Poi la tolleranza nei confronti delle scritte di vetta ha sdoganato l’uso (che è nel 99,99% dei casi un abuso) di pennarelli e pennelli in montagna. 

Sempre più spesso, capita di vedere dipinti con tinta indelebile accanto ai sentieri nomi di fidanzate o fidanzati, vituperi o incitamenti per questa o quella squadra di calcio, insulti e sconcezze assortiti. 

Invece di prendersela con l’“overtourism” sulle Dolomiti, l’orrenda scritta accanto alla chiesetta degli Alpini ha ricordato che in montagna c’è anche un problema di “overwriting”, di eccesso di scritte. Fermo restando che le sole legittime, di scritte, sono quelle sui cartelli dei sentieri e poche altre. 

Qualche settimana fa, in un articolo dedicato alle scritte di vetta dell’Appennino, abbiamo suggerito ai Parchi nazionali e regionali di vietarle, se possibile di cancellarle, e magari di prevedere qualche sanzione per chi le traccia. 

Nella stessa occasione abbiamo chiesto alle Sezioni e ai coordinamenti regionali del CAI dell’Italia centrale di avviare una battaglia culturale contro le scritte, che imbruttiscono le cime e banalizzano la montagna. Abbiamo fatto la stessa domanda al Club 2000 metri, sulla cui pagina Facebook le scritte compaiono di continuo. Basterebbe bannarne qualcuna per disincentivare i “pennellisti” a tracciarle. 

Stavolta, dopo lo sfregio ai piedi delle Tre Cime, ripetiamo la stessa richiesta al presidente della Regione Veneto, l’attivissimo Luca Zaia. Facciamo lo stesso con il suo collega Arno Kompatscher, presidente della provincia autonoma di Bolzano, che inizia a poche centinaia di metri dal masso che è stato deturpato a settembre. Non a caso: anche in Alto Adige, e per l’esattezza in Val Badia, nelle scorse settimane si era verificato un analogo episodio: epiteti contro i turisti pennellati sulla roccia.

Anche la Fondazione Dolomiti UNESCO potrebbe dire utilmente la sua. Chissà se un po’ di sano decisionismo del Nord-est può riuscire ad allontanare pennarelli e pennelli (e soprattutto il loro sconcio inchiostro indelebile) dalle nostre amate montagne?   

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Un commento

  1. Magari in un futuro lontano, come i graffiti preistorici ritrovati nelle grotte, anche questi dell’articolo avranno un valore inestimabile per i nostri posteri.

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