
Tra le montagne del Lazio si estende un grande spazio di natura. I Monti Simbruini, che segnano per cinquanta chilometri e più il confine con l’Abruzzo, culminano in vette amate dagli escursionisti come l’Autore, il Tarino e il Viglio, e sono tutelate da un vasto e bellissimo Parco regionale popolato dal lupo e dal cervo, e dove viene spesso segnalata la presenza dell’orso.
Ai piedi delle montagne sono borghi ricchi di storia e suggestioni come Cervara di Roma, Jenne, Camerata Nuova, Vallepietra, Trevi nel Lazio e Filettino, tutti con poche centinaia di residenti. Merita una visita attenta Subiaco, la “piccola capitale” dei Simbruini, sorvegliata dalla Rocca Abbaziale e affacciata sulle limpide acque dell’Aniene.
Il nome dei Monti Simbruini deriva dal latino sub imbribus, “sotto le piogge”, e testimonia dell’onnipresenza dell’acqua. Doline, campi carreggiati e grotte convogliano in profondità le acque piovane, che tornano alla luce nelle sorgenti dell’Aniene, del Simbrivio e dell’Acqua Marcia, imbrigliate da secoli per rifornire d’acqua Roma e decine di altri centri del Lazio.
A caratterizzare il paesaggio, però, sono le foreste che rivestono i tre quarti della superficie del Parco Naturale Regionale dei Monti Simbruini. In basso, tra i 500 e gli 800 metri di quota, prevalgono i querceti, sulle rocce a picco sull’Aniene trova un terreno ideale il leccio. Non mancano i rimboschimenti a pino nero. Gran parte delle foreste dei Simbruini, però, sono formate da faggi, che a ottobre si tingono di giallo, rosso e oro.
Consigliamo tre camminate verso le cime del Monte Autore, del Monte Tarino e del Monte Viglio, che con i suoi 2156 metri è la più alta del Parco. Molto amate dagli escursionisti, nelle limpide giornate d’autunno offrono panorami che vanno dalla Gran Sasso e dal Velino fino alle acque del Tirreno.
Chi cerca itinerari più brevi può seguire i nostri percorsi solo in parte. La segnaletica, curata dal Parco dei Monti Simbruini (0774.827221, www.parcomontisimbruini.it) è ovunque buona. Quando l’autunno lascia il posto all’inverno l’Autore resta accessibile senza problemi, ma per il Tarino e il Viglio diventano necessari i ramponi. Nei boschi ai loro piedi, però, corrono splendidi itinerari da percorrere con le ciaspole.
Dalla Santissima Trinità al Monte Autore
(550 metri di dislivello 3.15 ore a/r, E)
L’itinerario più spettacolare verso il Monte Autore (spesso salito da Livata o Camposecco) inizia dal bellissimo Santuario della SS. Trinità di Vallepietra, dominato da una gigantesca parete. Da Vallepietra o Cappadocia si sale in auto al piazzale di Croce Trinità (1443 m), sul confine Lazio-Abruzzo. La prima strada è asfaltata, la seconda no. Un viottolo scende al Santuario (1350 m), che merita una visita, poi un sentiero (segnavia 685) scende in un canalone roccioso e sale nel bosco al Passo del Procoio (1589 m, alla Fonte degli Scifi e al Monte Autore (1855 m, 1.45 ore), ottimo belvedere. Si torna per la stessa via al Passo del Procoio, e si riprende a salire sul crinale fino al Colle della Tagliata (1662 m), che alla sommità dela parete. Una ripida discesa riporta al piazzale (1.30 ore).
Da Campo Staffi al Monte Tarino
(580 m di dislivello, 4 ore a/r, E)
Un itinerario classico e frequentato, nel bosco e poi su una panoramica cresta. Il rifugio di Campo Ceraso è in pessime condizioni, la risalita finale è faticosa. Da Filettino si sale in auto a Campo Staffi (1770 m), dov’è l’accogliente rifugio Viperella. La strada da Capistrello è spesso interrotta dalle frane. Dalla fine dell’asfalto si scende per una carrareccia (segnavia 651, 694A e 696C) che costeggia una pista da sci e una seggiovia, ed entra nella faggeta. A un bivio si va a sinistra fino ai prati di Monna della Forcina (1580 m). Si rientra nel bosco (segnavia 651 e 693B) e si sale fino a uscire in cresta. Un canalino roccioso e un comodo sentiero portano all’anticima e alla vetta del Tarino (1961 m, 2.15 ore). In discesa si torna a Monna della Forcina, si piega a sinistra verso il vòlubro (laghetto) e il rifugio di Campo Ceraso (1561 m), poi la strada sterrata riporta a Campo Staffi (1.45 ore).
Da Serra Sant’Antonio al Monte Viglio
(550 metri di dislivello, 4 ore a/r, E)
Una delle cime più amate dell’Appennino centrale segna il confine tra i Monti Simbruini e gli Ernici. La via normale del Viglio percorre la lunga cresta che scavalca i Cantari e il torrione del Gendarme. La via del Crestone è a piena immersione nel bosco. Il valico di Serra Sant’Antonio (1601 m) si raggiunge in auto da Filettino. La strada da Capistrello è spesso interrotta da frane. A piedi si segue una strada sterrata (segnavia 651) fino alla Fonte della Moscosa, poi si piega a sinistra in una radura e poi nel bosco fino alla croce di Monte Piano (1770 m), protesa sull’Abruzzo. Il sentiero sale in diagonale, si affaccia su un selvaggio vallone, poi esce sulla larga cresta dei Cantari, che si segue fino alla vetta omonima (2102 m). Si scende su terreno roccioso, si tocca una sella (2045 m), e si sale al Gendarme per un canalino con passi di I grado. Dalla cima (2113 m) si scende a un’ennesima sella, poi si sale alla vetta del Viglio (2156 m, 2.15 ore), dov’è una croce. Si scende per la stessa via, utilizzando un sentiero più basso per evitare il Gendarme e le sue rocce.
Tre meraviglie della fede
Si chiamava Benedetto e veniva da Norcia, ai piedi dei Monti Sibillini. Arrivò in valle dell’Aniene nel 497, trent’anni dopo lasciò i Monti Simbruini per fondare l’abbazia di Montecassino e dar vita a uno dei più importanti ordini monastici della storia della Chiesa.
A Subiaco, Benedetto lasciò alle spalle due straordinarie abbazie. Il monastero di San Benedetto (o Sacro Speco), che ha preso le forme attuali dal Duecento, aderisce a una parete calcarea verticale e ha inglobato la grotta dove il Santo si era ritirato in preghiera. A renderlo affascinante sono gli affreschi dipinti tra i secoli XIII e XV. Molto venerata dai fedeli è l’immagine di San Francesco, dipinta nel 1223 in occasione della visita del “poverello” di Assisi.
Il monastero di Santa Scolastica, che sorge poco più a valle, affianca architetture romaniche, gotiche, rinascimentali e barocche, e ha una straordinaria importanza culturale. Qui, nel 1464, iniziò a lavorare la prima tipografia italiana.
Offre atmosfere diverse il Santuario della Santissima Trinità di Vallepietra, dove un affresco in stile bizantino raffigura il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo come da tre figure maschili uguali e barbute. Il Santuario, sorvegliato da una parete percorsa da difficili vie di arrampicata, viene raggiunto la domenica dopo Pentecoste da una affollata e affascinante processione. Mentre i monasteri di Subiaco sono visitabili tutto l’anno, l’interno del Santuario è aperto solamente da Pasqua alla fine di ottobre.