BELLUNO – Sabato 2 settembre, sulla Marmolada, verrà posato un cippo a solenne commemorazione dei 15 fanti italiani che morirono nel 1917 per la conquista della Forcella "V", sulla cresta di vetta. I loro corpi, sepolti in una galleria nel ghiaccio esplosa per una mina austriaca, non sono mai più stati recuperati. Una storia intensa e suggestiva.
La guerra bianca in Marmolada – la vetta più alta delle Dolomiti con i suoi 3.342 metri – fu una delle più intense della prima guerra mondiale. La cresta di vetta, costituita da numerose cime sul filo dei tremila metri, tra cui la Punta Ombretta e il Pizzo Serauta, segnava la frontiera italo-austriaca e fu teatro di battaglie statiche ed estenuanti.
Verso la punta Ombretta, gli austriaci avevano scavato una vera e propria base nel ghiacciaio, chiamata “Città di ghiaccio”. Un’incredibile labirinto di oltre 12 chilometri che collegava l’arrivo della teleferica con le postazioni più avanzate, e comprendeva cucine e dormitori. Grazie a quest’invenzione, gli austriaci potevano proteggersi dal freddo, dalle valanghe e dalla vista dei nemici.
Gli italiani avevano presidiato, invece, le creste di roccia sino alla Forcella Seràuta. La loro posizione era critica, e solo nel 1917 – scavando a loro volta una galleria nel ghiaccio – riuscirono ad avanzare impossessandosi di parte della Forcella V.
Nel freddo tunnel italiano, il 26 settembre 1917 c’erano 14 giovani fanti con il loro comandante Flavio Rosso, del 51esimo Reggimento di fanteria “Brigata Alpi”. Gli austriaci, quel giorno, fecero scoppiare l’ennesima mina, che stavolta colpì nel segno. Trravolse i soldati insieme al ghiaccio e alla neve, che li seppellirono per sempre.
Due mesi dopo, le postazioni dovettero essere abbandonate. Il ritiro dei ghiacciai ha restituito, negli anni successivi, molti cimeli della Grande Guerra. Ma i corpi dei fanti sono ancora gelosamente conservati nel cuore bianco della Marmolada.
Ma le ricerche dei loro resti non smettono. Spedizioni di recupero sono state finanziate di recente dalla Regione Veneto. Purtroppo, sinora, ci sono stati solo dei falsi allarmi e avvistamenti rivelatisi, poi, semplicemente ossa di qualche animale selvatico caduto in un crepaccio.
Sara Sottocornola