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Lunga vita al Brunone, il più antico rifugio delle Orobie bergamasche

Aperto nel 1879, si raggiunge dopo almeno tre ore di cammino. Lassù, a 2295 metri di quota, regna Marco Brignoli. Lo abbiamo incontrato

Nel cuore delle Orobie, a 2295 metri di quota, si trova il Rifugio Antonio Baroni al Brunone. Costruito nel 1879, è conosciuto semplicemente come “il Brunone”, sebbene sia ufficialmente intitolato alla guida alpina Antonio Baroni, uno dei pionieri dell’alpinismo orobico. Alla sua guida è Marco Brignoli, cinquantaquattrenne bergamasco che trascorre quattro mesi all’anno in rifugio.

Come nasce l’idea di diventare rifugista?

Tutto è nato nel 2007 quando il gestore che mi ha preceduto ha deciso di lasciare ed io, che stavo attraversando un momento molto particolare della mia vita, ho deciso di provarci. Sono sempre stato affezionato al Brunone, lo frequentavo essendo un appassionato di montagna e l’ambiente in cui si trova mi ha affascinava molto. Essere il rifugista del Brunone è un lavoro molto stimolante, bisogna essere presenti fisicamente e mentalmente, siamo un punto di riferimento, un presidio nella zona. Questa è la grande spinta che mi porta salire tutti gli anni da giugno a settembre. Siamo in una zona molto molto selvaggia a oltre 3 ore da tutto, perciò è molto importante anche sapere indirizzare le persone perché ci si può perdere facilmente.

Quanto tempo trascorre al rifugio?

Dall’inizio di giugno alla fine di settembre anche se per tutto giugno e per la prima metà di luglio potrei salire solo nel fine settimana perché c’è pochissima gente. Ma io adoro essere qui quando la natura si risveglia. I primi anni sono stati un po’ complicati perché si trascorre molto tempo da solo ma poi ho imparato ad attivare tutti i sensi, vista, olfatto, udito e a captare i movimenti della natura, a capire quando passano gli animali ed è uno spettacolo meraviglioso. Quest’anno ho aperto a metà giugno perché c’era tantissima neve, neve che ancora permane ma che credo in un paio di settimane sarà completamente sciolta.

Com’è la vita al rifugio?

Statica e dinamica. Sia per me che per i clienti. Io trascorro molto tempo in rifugio da solo e quando il tempo è brutto faccio qualche lavoretto, sistemo ma non mi muovo da qui. Diventa dinamica quando arriva gente o quando scendo in paese o esco a fare delle passeggiate. Lo stesso vale per chi arriva: se si rimane bloccati in rifugio, di solito per il tempo, la giornata può essere lunga perché i telefoni cellulari non prendono e la televisione non c’è ecco quindi che si riscoprono vecchie abitudini come il gioco delle carte, la lettura e le chiacchiere tra sconosciuti. Diventa dinamica quando arrivano da camminate lunghe e impegnative, si riposano, si rifocillano e poi ripartono.

Ci racconta come funzionano gli approvvigionamenti?

A inizio stagione faccio un carico in elicottero con cui porto al rifugio circa 140 quintali di merce e ogni martedì scendo con lo zaino al mercato di Valbondione per fare rifornimento di cibi freschi, che sono quelli che in rifugio mancano più spesso: frutta, verdura e uova. Sono fortunato perché c’è molta gente che ci da una mano e che quando sale si riempie lo zaino di cibo fresco e me lo porta: quando arrivano con magari una scatola da 90 uova tutte intatte la loro soddisfazione è enorme perché tutti sono affezionati al Brunone. È bellissimo ricevere questo tipo di aiuto, volontario, non richiesto. Per il resto per la corrente abbiamo una turbina ad acqua e il ponte radio per far funzionare il telefono.

Chi sono i suoi clienti?

Iniziamo col dire che noi ci troviamo almeno a tre ore e trenta minuti da tutto e per quanto la salita non sia complessa, il dislivello è senza dubbio notevole, perciò, chi arriva qui è quantomeno allenato. Ci sono moltissimi appassionati delle Orobie, appassionati di montagna che vengono qui perché rispetto alla Dolomiti, anche in alta stagione, non c’è mai troppa gente e questo permette di godere della natura. Ho molte famiglie straniere che arrivano facendo il giro delle Orobie: tedeschi, olandesi, francesi, svizzeri, austriaci mentre famiglie italiane ne vengono poche.

Come si arriva al Brunone?

La via d’accesso principale è da Fiumenero, una piccolissima frazione di Valbondione. Si tratta di un sentiero non difficile ma con un dislivello di 1500 metri, quindi faticoso. Partendo da Fiumenero si entra nel bosco e si inizia a salire: immediatamente ci si trova in un paesaggio estremamente selvaggio, in cui si incontrano cascate, boschi di faggio, poi e quando si esce dal bosco ci si affaccia sulla vallata di Fiumenero. C’è anche un’altra via d’accesso, dalla Valtellina,  nella parte valtellinese ma i nostri ospiti arrivano principalmente dal sentiero delle Orobie. Negli ultimi anni abbiamo aperto anche una nuova via dal Redorta perché il cambiamento climatico con un clima che è diventato violento ha cambiato la montagna modificando gli itinerari di salita: il ghiacciaio sta scomparendo con una progressione di fusione, degli ultimi anni, rapidissima.

Quanti posti letto ci sono al Brunone?

Abbiamo 45 posti letto suddivisi in 4 camerate e una sola doccia. Quando si viene in rifugio è necessario adattarsi, arrivare con lo spirito giusto perché qui si condivide tutto: spazio, tempo momenti e si costruiscono delle preziose relazioni. Anche il cibo è lo stesso per tutti. La condivisione e l’adattamento sono alla base della vita in rifugio.

Nelle Orobie ci sono molti rifugi: secondo lei perché il Brunone è il più conosciuto? Solo perché il più antico?

Sicuramente la storia di questo rifugio è molto bella e interessante, è il più antico rifugio delle Orobie e il secondo per altitudine. Ma ciò che lo rende così amato è la soddisfazione di raggiungerlo. Il primo tratto è un percorso abbastanza semplice ma quando si inizia a vedere la meta la situazione si fa più tosta perché è li che le gambe devono essere ancora più forti per affrontare una salita dal dislivello importante. Tutti possono raggiungerci, c’è chi parte la mattina e arriva per cena, dorme e poi riscende ma c’è anche chi arriva in 3 ore. In ogni caso, quando si varca la soglia la stanchezza lascia

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