Assalto al Manaslu. Anche tre italiani già in vetta
Il meteo favorevole ha contribuito al buon esito di numerose spedizioni verso uno degli Ottomila più frequentati. I numeri, però, sono in calo. Alan Arnette ne spiega i motivi
All’alba di sabato 23 settembre, il tricolore ha sventolato sugli 8163 metri del Manaslu. Gli alpinisti bresciani Emiliano Boldi ed Enrico Zappa, con il modenese Raffaele Barbolini, hanno raggiunto la vetta dopo una faticosa salita notturna, solo in parte rischiarata dalla luna. I lombardi hanno usato respiratori e bombole, Barbolini è arrivato sul punto più alto senza ossigeno supplementare.
“Yes, Yes, Oh yes! All’alba on the top, ora al C3. Tutto ok, un po’ dura…” commenta l’alpinista emiliano sulla sua pagina Facebook. I tre italiani sono arrivati in cima con un gruppo di Seven Summit Treks, una delle agenzie più importanti del Nepal. Gli altri membri della squadra erano i danesi Thornbjorn Patscheider e Trine Storfaard, il francese Jean Lucien Stéphane, i polacchi Jaroslaw Zdanowicz e Lukasz Lagorny, i cinesi Liu Yongquan e Wu Zhou e lo statunitense Douglas H. Kendall.
Insieme nove clienti sono saliti gli Sherpa Mingma Dorchi, Tenjing, Dawa, Lhakpa Chhiri, Pemba Thenduk, Chhiring e Lhakpa, e una guida nepalese di etnia diversa, Yan Bahadur Thapa. Seven Summit Treks ha confermato che Barbolini e i due polacchi sono stati gli unici stranieri a non servirsi di ossigeno supplementare, e che l’intero gruppo ha raggiunto la vera cima del Manaslu.
Una precisazione importante dopo che il tedesco Eberhard Jurgalski e il suo sito 8000ers.com, in prima pagina in questi giorni grazie al Guinness dei Primati che ha cancellato Reinhold Messner, Jerzy Kukuczka e molti altri alpinisti dall’elenco dei collezionisti degli “ottomila”, ha indicato il Manaslu come la vetta dove più spesso le spedizioni commerciali si fermano qualche decina di metri più in basso. “More summits to count!”, “Altri arrivi in vetta si aggiungeranno all’elenco!” conclude il comunicato dell’agenzia.
L’augurio si è realizzato. Domenica 24 settembre sono arrivati sulla cima Ahmed e Anum Uzair (la prima coppia pakistana a raggiungere il Manaslu), con gli Sherpa Pasang, Pasang Dukpa e Pastenji. Lo stesso giorno hanno raggiunto la vetta (non sappiamo se autentica o tradizionale) gli statunitensi Robert Schmitz e Benjamin Liebe, i cinesi Guoyong Yang, Hongjun Liu, Le Che, Na Li e Zhengchao Gu, e i russi Victor Volodin, Yana Zharkova, Nikolai Luki e Nikolai Shipilov.
Altri due alpinisti arrivati da Mosca, Ruslan Laukart e Andrey Kazakov, erano saliti nei giorni precedenti. A condurre questi clienti sulla cima, gli Sherpa Sona, Ngima Tashi, Kusang, Pemba Chombi, Ngima Thinduk, Pemba Thinduk, Lakpa Temba, Lakpa, Tashi, Lakpa Tenje, Ong Dorchi e Ngang Temba. Tra i primi ad arrivare in cima, il 20 settembre, è stato lo statunitense Chris Warner, cinquantunesimo alpinista a completare la collezione degli “ottomila”. Con lui Chhiring Sherpa, che tre giorni dopo è tornato a 8163 metri.
L’assalto al Manaslu è condotto principalmente da agenzie nepalesi
Anche nel 2023, come dimostrano le foto dei campi affollati, il Manaslu, l’ottava montagna della Terra, viene preso d’assalto. Al contrario dell’Everest, dove gli operatori americani, europei e neozelandesi mantengono un po’ di spazio, il mercato è controllato al 100% dalle agenzie nepalesi.
Seven Summits Treks ha comunicato di avere ben 90 clienti, ed è affiancata da 8K Expeditions, da Climbing the Seven Summits, 14 Peaks Expeditions, Shangri La Nepal, Imagine Nepal, Pioneer Adventures e dalla Elite Expeditions di Nirmal Purja.
“Quest’anno abbiamo il miglior tempo di sempre! Già il 13 settembre, data beneaugurante del calendario lunare, abbiamo celebrato la puja nel nostro campo-base, celebrata da un importante lama del monastero di Samagaon”, ha scritto Ngima Tenzing Sherpa di Shangri La Nepal sulla sua pagina Facebook. Il 16 le corde fisse erano giù state piazzate fino al quarto e ultimo campo a 7400 metri di quota.
Il 17 settembre Kami Rita Sherpa, per 28 volte sull’Everest, ha postato sui social le foto della puja di 14 Peaks Expedition e di Seven Summit Treks. “Il viaggio verso la vetta è iniziato! Sono pronto a guidare la squadra! Spero che il tempo sia perfetto!” scrive su Facebook. “Ogni passo è un test della nostra resistenza e determinazione. Ora, mentre ci riposiamo al campo-base dopo una buona rotazione al campo II, una finestra di tempo perfetto ci fa sognare la vetta. E’ una metafora di tutti gli obiettivi che possiamo raggiungere nella vita”, conclude l’alpinista nepalese.
Nonostante l’affollamento al campo base i numeri sono inferiori a quelli del 2022
A spiegare il successo del Manaslu, da qualche anno, è la sua posizione a sud del confine tra Nepal e Cina. Fino agli anni del Covid, infatti, le spedizioni che volevano tentare un ottomila “facile” dopo il monsone si rivolgevano al Cho Oyu, poco più alto (8201 metri) e molto più sicuro del Manaslu. La sua via normale, che segue una larga cresta, non è esposta a valanghe come quella del Manaslu, dove negli anni scorsi ci sono state numerose vittime. Per le agenzie degli Sherpa, che ad aprile e maggio si concentrano sull’Everest, le spedizioni di settembre-ottobre sul Manaslu o sul Cho Oyu sono ormai un appuntamento fondamentale.
Alan Arnette, nella puntata del 19 settembre del suo blog, spiega che quest’anno il Manaslu è meno affollato che nel 2022, e tenta una spiegazione. “L’anno scorso il Ministero del Turismo nepalese ha emesso 394 permessi per alpinisti stranieri. Quest’anno sono 301, con un calo di circa il 25%. Gli Sherpa sono più di 700, perché come sull’Everest il rapporto guide/clienti è di poco superiore a 1,5 a 1”.
Secondo il blogger americano, il numero degli alpinisti-clienti è diminuito per diversi motivi. “Nel 2022 le grandi nevicate, le valanghe e i morti hanno dato una cattiva immagine al Manaslu. Questo scoraggia i clienti meno esperti, soprattutto nella prospettiva che il Cho Oyu venga riaperto dai cinesi”. In più, a causa di Eberhard Jurgalski, qualcuno teme che salire la vetta tradizionale del Manaslu possa non essere considerato valido.
I permessi promessi dalla Cina, racconta Arnette, sono arrivati in ritardo, spostando verso il Manaslu dei gruppi destinati al Cho Oyu. E’ possibile che qualche cliente, dopo aver raggiunto la prima cima, possa tentare anche la seconda. “Ci sono già 100 permessi per il Cho Oyu. Le spedizioni passeranno dal Nepal al Tibet dal posto di confine tra Kerung e Rasuwagadhi, circa 175 chilometri a nord di Kathmandu.
In più, racconta Alan Arnette, la tragica morte del portatore pakistano Muhamad Hussain oltre gli 8000 metri sul K2 ha ridotto la voglia di tentare gli “ottomila”. “Pesa” prosegue Arnette la tendenza delle agenzie nepalesi di accettare clienti inesperti, che fanno rallentare gli altri nei passaggi pericolosi. A causa dell’aumento dei clienti non ci sono abbastanza Sherpa qualificati, e questo crea una tempesta perfetta: clienti inesperti con guide inadeguate”.
“Per questi motivi”, conclude il nostro amico Alan, “sono contento nel registrare una diminuzione nel numero dei clienti impegnati quest’autunno sul Manaslu. Questo potrebbe svegliare le agenzie, e spingerle a realizzare dei semplici e non costosi cambiamenti per migliorare la sicurezza e la qualità dell’esperienza dei clienti”.